De Megni jr divorzia da papà di Ferdinando Camon
De Megni jr divorzia da papà Il ragazzo rapito sceglie la madre per «sfuggire ai riflettori» De Megni jr divorzia da papà HA fatto un altro exploit, il piccolo Augusto De Megni, e di nuovo s'impianta nella nostra memoria: avendo i genitori separati, e dovendo scegliere con chi stare, ha scelto il più debole e il più povero, la madre. Finora aveva vissuto col padre, ricchissimo e potente, in una villa con piscina, istruttori sportivi, fuori-serie, il mondo a disposizione; adesso passa con la madre, per una vita tipica della media borghesia, in un appartamento nel centro storico di una piccola città, Perugia. Insomma, da una vita eccezionale a una vita normale. La differenza tra vita eccezionale e vita normale qualcuno l'ha riassunta così: chi vive la seconda, corre dietro la vita e non la raggiunge mai, perché la vita scappa; chi vive la prima, non deve neanche muoversi, perché è la vita che cerca lui. il piccolo De Megni, dodici anni, è dunque stufo di star fermo, vuol mettersi a rincorrere la vita? Certo voglia di vivere ne avrà sempre. E' quel bambino che fu rapito alla fine del '90 e liberato dopo 110 giorni dai carabinieri: lo vedemmo in tv, spavaldo, trionfante, loquace, sembrava, come scrivemmo allora, il padre di sua madre. Si era adattato fulmineamente ai carcerieri, li difendeva. Se la sindrome di Stoccolma è un calco che plasma il cervello, il cervello di questo bambino ne usciva forgiato per sempre. Era, evidentemente, una tecnica per sopravvivere, per salvarsi dal delirio. Istintivamente, il bambino aveva sentito che questa strada (copiare i banditi, stare con loro) gli dava forza: e l'aveva imboccata. La scelta che fa adesso potrebbe essere semplicemente una ripetizione: la vita col padre gli metteva a disposizione denaro, potere, carriera, divertimento, privilegi. Ha quel che vuole. Piccolo com'è, è portiere titolare della squadra giovanile della sua città. Tifoso del Milan, non vive il tifo come una proiezione verso dèi intoccabili: no, lui sale al loro cielo, tocca quegli dèi: visita i giocatori del Milan, pranza con loro: unico tra i coetanei d'Italia, ha l'impressione che i giocatori giochino per lui. Cosi come ha l'impressione che gli amici vivano per lui: sempre la famiglia potente risucchia le famiglie deboli, e il ragazzo straricco richiama i più poveri. La storia di «Un amico ritrovato» comincia da questo richiamo: il debole si lega al potente, fino ad adorarlo. Ma i deboli vanno dal potente per quel che ha, non per quel che è: non è amore ma invidia, non è stima ma adulazione. Il ricchissimo ha, ma non merita, ha perché riceve, non perché conquista. La borghesia dà più orgoglio al piccolo che conquista poco, che non al grande che riceve tutto. Questo bambino lo ha capito e ha deciso di adattarsi immediatamente. D'ora in poi avrà molto meno, ma quel che avrà sarà suo. Vivrà nell'orgoglio, Ma, se ne accorgerà subito, non senza pentimento. Ferdinando Camon IA PAG.13
Persone citate: Augusto De Megni, De Megni
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