I maneggi per conquistare un posto al sole della cronaca di Gabriele Ferraris

Illustri sconosciuti, casi umani, aspiranti divi, bolliti in disarmo Illustri sconosciuti, casi umani, aspiranti divi, bolliti in disarmo I maneggi per conquistare un posto al sole della cronaca SANREMO DAL NOSTRO INVIATO Era una tempesta in un bicchier d'acqua, e c'era da aspettarselo. Ma in questo Paese d'ombre accade pure di strologarsi sul nulla. Il nulla del «caso RUggeri»: la bega per la cancellazione del passaggio a «Rock Cafè» non esisteva, afferma Mario «Smile» Maffucci, capostruttura Raiuno. Eppure, l'altra sera i Ruggeri-boys trafelati stragiuravano che i vertici di Raidue erano decisi a bloccare la trasmissione, per non «avvantaggiare» il cantante. Ieri è intervenuto Sodano in persona: in un comunicato, il direttore di Raidue parla di «riflessione all'interno della rete, conclusa con l'assenso alla partecipazione di Ruggeri al programma». E si dice «stupito» che sia bastato così poco per suscitare tanto clamore. Sodano, venga a Sanremo: vedrà l'ambientino. E comunque, il canaio dei ruggeriani avrà avuto il suo peso, in quell'«assenso»: qualcosa (poco, pochissimo, quasi niente) c'era. Pare incredibile: non era uno «scoop costruito», arte assai diffusa a Sanremo Chinatown. E d'altra parte, a chi serviva? «Rouge» è fra i pochi, in quest'inferno dei vivi, a non aver dover pietire titoli sui giornali. Sono altri, i senz'arte né parte, a inventarsi siparietti da avanspettacolo onde suscitare improbabili attenzioni. Eggià, al Festival della canzone le canzoni sono un optional, i cantanti figuranti generici. Eppure tutti ci sperano. Ci sperano i virgulti canori, arruolati per far numero sul palco dell'Ariston. Ci sperano i bolliti in disarmo, persi nelle hall degli alberghi, l'occhio vigile in cerca d'un giornalista pietoso e disposto a intervistarli. Di speranza in speranza, si arriva ai casi umani. Sanremo è l'ultima spiaggia dei signori Nessuno in cerca del quarto d'ora di popolarità profetizzato da Andy Warhol a tutti i figli di Eva. Ieri un tizio s'è imbucato in sala stampa e ha distribuito un volantino che tesseva le lodi del «tenore Sergio De Santis». Poco male, quaggiù di mattocchi ne arrivano a carrettate. Ma, alla notizia dell'ingaggio di Diana Ross, il tizio salta su a sbraitare «e i cantanti italiani li mandate a spasso». La forza pubblica l'accompagna all'uscita con cortese fermezza. E che dire del sedicente Gloria Mundi? Da Thiene s'è preso la briga di spedire telegrammi deliranti a tutti i cronisti del Festival. Gli faranno un monumento al ministero delle Poste. Torniamo all'inferno dei vivi, il Festival delle pubbliche relazioni. C'è il p.r. complice, che ti sussurra all'orecchio le grandi notizie. Peccato che le grandi notizie riguar- Diana Ross dino personaggi come Nek, o Clio, o Grazia Di Michele se vogliamo concederci una botta di grandeur. E' come scoprire che il vostro vicino di casa porta le corna: notizia scema per notizia scema, i guai di Carlo & Diana hanno più appeal. A questi livelli, persino ù silenzio è un tuono. Milva non parla, algida diva scesa con malavoglia nel mondo sudato e volgare del Festival. Né parla Zero: tacendo crea un'attesa mistica per la conferenza stampa nel corso della quale, si presume, il «Re dei sorcini» muterà l'acqua in vino e moltiplicherà i dischi e i compact. Il silenzio è tuttavia privilegio dei pochi che - per fama o per vezzo - se lo possono permettere. Son cavoli amari per gli altri, per quelli che molto bramerebbero parlare, e nessuno ascolta. Son scene imbarazzanti: il povero giornalista, asserragliato in sala stampaThe Bronx, riceve legioni di clientes con intervista da piazzare. Sono i maneggi per sistemare il cantante: al Festival, s'è capito, le canzonette non se le confrica nessuno. E allora scendono in campo le truppe cammellate della discografia in crisi (grido d'allarme: «L'intera industria italiana della musica fattura meno di Armani») e si scatenano in una feroce rincorsa allo spazio sui giornali. Va di moda 1'«occasione conviviale»: un aperitivo con Mietta? Vieni a pranzo con i Camaleonti? Hai tempo per una cena con Cristiano De André? Almeno ci fosse Nicola Arigliano con il digestivo... E che dire dei festaioli? Nel cuore della notte, Angela Barai di presenta il suo album in una discoteca, Francesco Salvi tiene corte in un ristorante. Poi ci sono i teorici della fantasia al potere, arrivati nella ridente città dei fiori con la «provocazione» in tasca. La povera Jo Squillo continua a bruciare in pubblico biglietti da 50 mila, nella speranza che qualche tivù la riprenda, o qualche poliziotto l'arresti. Sarebbe una manna. Ma nel regno dell'apparire (preferibilmente in tv), nel Far West dei duelli per un posto al sole sui giornali, c'è chi preferisce la radio. O meglio, le radio, le mille emittenti d'Italia, vero obiettivo di gente come i Matia Bazar: «Sono tutte qui, vuoi perdere un'occasione del genere?», dice la vocalist del gruppo. Laura Valente. Il pubblico delle radio è giovane e redditizio: «Noi veniamo a Sanremo come a una fiera campionaria. Ne approfittiamo, facciamo le interviste, presentiamo il nostro lavoro», spiega la Valente. E la gara, e i 15 milioni di telespettatori? «Che c'importa, mica sono loro che comprano i nostri dischi». Gabriele Ferraris Diana Ross

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