«Papi non accusa Mattioli»

«Oggi deciderò se rimettere o no il mandato per uno dei miei assistiti» «Papi non accusa Mattioli» Chiusano: nessuna incompatibilità IL DIFENSORE DEI MANAGER DELLA FIAT tm TORINO l w AVV. Vittorio Chiusano, I difensore del dott. Mattioli e, forse ancora solo per poche ore, del dott. Papi, è amareggiato, quasi offeso. Offeso nella sua professionalità, nel suo rapporto tra difensore e cliente che, ricorda, Calamandrei definiva «un recinto nel quale nessuno può intromettersi». E invece c'è stata una intromissione - sostiene -, quasi una prepotenza nel rapporto tra lui e il suo cliente, anzi, i suoi due clienti (brutta parola, ma gli avvocati li chiamano così), cioè Mattioli e Papi. E' la storia dell'incompatibilità, sollevata dai magistrati milanesi che conducono l'inchiesta. Il legale accetta di parlare «anche per evitare che voci ed interpretazioni distorte possano ostacolare la stessa indagine che i magistrati milanesi stanno conducendo per mettere in luce un inaccettabile sistema di illegalità». L'aw. Chiusano parla come un codice, e il suo discorso è spesso difficile, freddamente tecnico. Vediamo di tradurlo in parole un po' più semplici. Dunque: Chiusano difende Papi e difende Mattioli. Il primo, secondo i giudici milanesi, avrebbe chiamato in causa il secondo, anzi, l'avrebbe accusato, insieme con Mosconi (che è difeso dall'aw. Porzio), di essere stato al corrente della gestione di quelle tangenti pagate dalla Cogefar di cui Papi era l'amministratore delegato. Mattioli nega: è stato arrestato in base alle dichiarazioni di Maurizio Prada, il cassiere de (quelle di Papi sono successive alla cattura), e respinge ogni accusa. Allora: può Chiusano difendere sia l'accusatore Papi sia l'accusato Mattioli? Per i giudici no: l'articolo 106 parla chiaro: incompatibilità. Quindi, ò difende il primo o il secondo. Chiusano è combattivo come sempre. Sotto la sua solita maschera impenetrabile, attacca. «L'incompatibilità non c'è. Le dichiarazioni di Papi non autorizzano a pensare a un coinvolgimento del dott. Mattioli. Papi non accusa e non parla di gestione comune». Breve pausa, poi continua: «Ho ricevuto tuttavia una nobile lettera dal dott. Papi, il quale mi dice di essere molto turbato dalle notizie uscite sui giornali, respinge di aver un ruolo di accusatore del dott. Mattioli tale da dover rinunciare al mio mandato di difensore. Mi rinnova la sua fiducia, mi ringrazia, ma alla fine, rendendosi conto del disagio che si è venuto a creare, si rimette alle mie decisioni, anche se si augura che io possa ancora restare il suo difensore. Su questo problema sto meditando, sarà la mia coscienza a dire l'ultima parola. Ripeto: dal punto di vista giuridico non ritengo ci sia incompatibilità. Ma questo problema che doveva essere affrontato e risolto nel segreto rapporto tra me e il cliente, è stato portato in piazza, è stato strumentalizzato. Non posso non viverlo che come atto di prepotenza, oltre che illegale, inutile e turbativo. Se deciderò di rimettere il mandato, lo farò soltanto per toglier via un argomento di strumentalizzazione» . Nella vicenda Mattioli-Mosconi-Papi c'è un altro aspetto, molto più sottilmente giuridico, di cui Chiusano parla, sempre in termini molto tecnici. I giudici starebbero ipotizzando di contestare ai due alti dirigenti Fiat l'articolo 40 del codice penale: non aver impedito che si commettesse un reato (il pagamento delle tangenti). Chiusano si rilassa per un momento: «Se fosse vero, se questa ipotesi venisse tradotta in contestazione formale, si potrebbe parlare di arretramento della linea accusatrice. Nel mandato di cattura di Mattioli si parla di condotta positiva, cioè attiva, non omissiva. In quest'ultimo caso, il suo comportamento sarebbe stato più sfumato: sapevo, e non ho fatto nulla per impedire, sapevo e non dicevo nulla, non mi occupavo di quelle cose... Ma allora l'accusa deve dimostrare che il dott. Mattioli sapeva, che aveva l'obbligo giuridico di attivarsi per impedire quei pagamenti di tangenti, e che con la sua inattività voleva che si compisse quel reato. Bisogna dimostrarlo, se no...». E pensa già a un bella arringa, tutta da giocare sulle intenzioni di chi sapeva e taceva. Insomma, Chiusano non lo dice ma lo lascia capire: quel reato omissivo, benché tirato un po' per i capelli, potrebbe alleggerire di molto la posizione del suo cliente, gettare una bella pennellata rosa sull'orizzonte grigio di queste ore. Ha fatto istanza di scarcerazione, aspetta che i giudici decidano, il suo assistito non vive nelle condizioni terribili in cui vive Mosconi, ma in condizioni «umilianti» questo sì. «Il carcere - e qui parla di nuovo il grande esperto giuridico - deve essere una eccezione, non la norma. Mattioli è chiamato in causa da una frase di Prada. Un po' poco per finire in galera, no?». Sergio Ronchetti «Oggi deciderò se rimettere o no il mandato per uno dei miei assistiti»

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