La mosca il ragno e la trappola
Ogni parola a difesa diventa autoaccusa, il «grande piano» e la «grande idea» prevalgono su tutto Ogni parola a difesa diventa autoaccusa, il «grande piano» e la «grande idea» prevalgono su tutto La mosca, il ragno e la trappola 0MOSCA RWELL, Koestler, Silone. Leggendo questo documento sconvolgente ven Igono in mente subito questi nomi, di coloro che indagarono, scandagliarono negl'infernali meccanismi del terrore per cercare di ritrovarne il motore nascosto, la «logica». Ma Nikolai Bukharin, nell'ora suprema, rivela di aver capito tutto. Mai prima d'ora la descrizione della «trappola» psicologica e politica preparata da Stalin per le sue vittime era stata formulata con tanta disperata chiarezza. Una «logica» che non ammette via d'uscita, che non lascia possibilità di difesa. Poiché ogni parola a difesa diventa inesorabilmente un atto di autoaccusa, conficca un'altra vite nel coperchio della bara. Eppure Bukharin tenta di spezzare il circolo vizioso, la ragnatela di tautologie in cui è precipitato e in cui si dibatte da quasi un .decennio. Otto anni prima Stalin aveva formulato per iscritto, quasi soprappensiero, il suo piano: «Distruggere la scuola di Bukharin». L'ha raccontato Anna Larina, la giovane moglie della vittima: Bukharin aveva trovato per terra un appunto scritto da Stalin durante una riunione del Politburo. E, giorno dopo giorno, per anni, Stalin lo realizzò per ciascuno dei suoi nemici, con una meticolosa, paranoica precisione. Bisogna fuoruscire dalla politica per addentrarci nei meandri della psicologia, della psicoanalisi, se vogliamo capire ciò che accadde in quegli uomini. In Stalin prima di tutto, ma anche in ciascuna delle sue vittime. Perché la politica non può spiegare nulla di quella mostruosità che Bukharin descrive fin nei minimi dettagli. Né possono spiegarlo la paura, la violenza fisica, le torture psicologiche, i ricatti cui quegli uomini furono sottoposti. C'è qualcosa di più profondo, e di più subdolo, che trascina le vittime al patibolo. Bukharin da politico riesce a spingersi fino a intravedere i «grandi piani», le «grandi idee», i «grandi interessi» che «prevalgono su tutto». Da politico, eroicamente, è perfino disposto a sottomettervisi. «Se serve, serve». Ma la sua mente, ormai smarrita, riesce ancora a percorrere il passaggio successivo. E' sulla base di quei «grandi piani» che Stalin vuole - anzi «deve» - ucciderlo? Oppure Stalin «crede» veramente ai crimini di cui Bukharin è accusato? Ma Bukharin sa che questi crimini non sono mai esistiti. E deve logicamente concludere che tacerlo, non dire la verità, equivarrebbe a «fare consapevolmente del male», a privare Stalin dei suoi amici più fidati, a cominciare da lui che si sente ora, nel momento della morte, il suo amico migliore. A questo punto, e solo a questo, c'è il crollo della ragione, c'è la disperazione pura e semplice. Ed è del vuoto irrazionale che gli si spalanca di fronte che Bukharin sembra aver paura, piuttosto che della morte fisica. «Che fare? Che fare?». Non resta che andare alla ricerca di altre «colpe», di confessarsi davanti a un dio crudele anche delle minime manchevolezze private. Di dargli prova della propria «sincerità». «Non sono un cristiano, ma anch'io ho le mie stranezze». Ci dev'essere una spiegazione, da qualche parte della propria esistenza, per il male che si deve subire. Non importa che il dio crudele, che pronuncerà la sentenza, la conosca. Basta che sia impressa nella coscienza, nell'anima. «Perdonami, Koba!». Uno dei più lucidi rivoluzionari dell'Ottobre, un laico per eccellenza, un «cinico» che conosceva l'arte della politica, non può trovare un'altra spiegazione, per misurare la sventura che lo travolge, se non ricordare il «peccato originale, come i giudei». Terrificante paradosso, che egli stesso riesce a intravedere prima di apprestarsi, al processo, a «confessare» tutto formalmente, mentre lo negava sostanzialmente. C'è una discussione infinita sulla continuità e contiguità tra Lenin e Stalin. Ma se c'è una prova che lo stalinismo rovesciò la rivoluzione nel suo contrario, trasformò un progetto razionale in una religione sanguinaria, sta tutta ir questa ultima lettera di Nikok Ivanovic Bukharin. Giuliette Chiesa
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