A 40 anni dalla morte di Stalin scoperta l'ultima supplica a lui indirizzata dal compagno

A 40 anni dalla morte di Stalin, scoperta l'ultima supplica a lui indirizzata dal compagno A 40 anni dalla morte di Stalin, scoperta l'ultima supplica a lui indirizzata dal compagno MOSCA I OSIF Vissarionovic I Dzhugashvili detto Stali lin morì la notte del 5 _JLJ marzo 1953. Sono passati quarantanni e i suoi ritratti hanno ripreso a sfilare nelle manifestazioni popolari per le vie di Mosca. Nessuno lo celebrerà ufficialmente nella Russia democratica di Boris Eltsin; ma è prevedibile che mai come quest'anno l'anniversario diventerà occasione di nostalgia e di protesta politica-. La Stampa, nell'occasione, pubblica un inedito straordinario, l'ultima lettera che Nikolai Bukharin scrisse privatamente al dittatore prima del processo che avrebbe segnato la sua condanna a morte sulla base di accuse false. Bukharin, che Lenin aveva definito il «beniamino del partito», uno dei bolscevichi più colti, avversario della «collettivizzazione forzata», venne arrestato nel 1937 nel pieno del terrore staliniano. Non si sa con esattezza quando venne giustiziato. Le frasi in neretto contenute nella lettera indicano sottolineature dello stesso Bukharin. Segretissimo Personale Chiedo che, senza il permesso di 1. V. Sudili, nessuno legga. AI. V. Stalin 7 pagine + 7 pagine di supplemento w| OSIF Vissarionovich! Scrivo questa lettera I che è, forse, la mia ultima I prima di morire. Chiedo _MJche mi sia concesso di scriverla senza ufficialità, sebbene io sia un carcerato, tanto più che la scrivo solo per te e che il fatto stesso della sua esistenza o non esistenza è interamente nelle tue mani... In questo momento sta voltandosi l'ultima pagina del mio dramma e, forse, della mia vita fisica. Ho riflettuto con tormento sull'eventualità di prendere in mano la penna oppure di non farlo. Ora sono in preda all'agitazione e a mille emozioni e riesco a fatica a dominarmi. Ma, proprio perché si tratta dell'ultimo traguardo, voglio salutarti in anticipo, finché la mano scrive ancora, finché i miei occhi sono ancora aperti e finché, bene o male, il mio cervello funziona. Perché non ci sia nessun equivoco ti dico subito che, per il mondo (per la società), io 1) non ho intenzione di rimangiarmi nulla di ciò che ho scritto; 2) non ho intenzione, in questo senso (e in connessione a ciò), di chiederti nulla, non voglio supplicarti di nulla che possa deviare la faccenda dai binari sui quali procede. Scrivo invece per tua informazione personale. Non posso lasciare questa vita senza averti scritto, perché sono assillato da tormenti dei quali tu devi sapere. 1) Mentre mi trovo sull'orlo dell'abisso dal quale non c'è ritorno, prima di morire, ti dò la mia parola d'onore: sono innocente di quei crimini che, nell'inchiesta, ho confermato di aver compiuto. 2) Ripercorrendo mentalmente ogni cosa, per quanto ne sono capace, oltre a quello che dissi al plenum (') aggiungo solo che: a) a un certo momento mi accadde di venire a sapere che qualcuno aveva urlato, mi sembra fosse Kuzmin, ma non attribuii mai a ciò alcuna importanza: non mi passò neppure per la testa; b) della conferenza, della quale 10 non sapevo nulla (così come della piattaforma di Riutin), mi parlò al volo, per strada, postfactum, Aikhenvald («i ragazzi si sono radunati e hanno fatto ima relazione») (2), o qualcosa del genere, e io allora tenni nascosto 11 fatto perché provai pietà per i «ragazzi»; c) nel 1932 feci il doppio gioco anche con gli «studenti», poiché ero sinceramente convinto che li avrei portati tutti insieme al partito mentre, se avessi fatto altrimenti, li avrei allontanati. Ecco tutto. Con ciò io purifico la mia coscienza fino alle cose più insignificanti. Tutto il resto, o non c'è mai stato o, se c'è stato, io non ne sapevo assolutamente nulla. Perciò al plenum dissi la pura verità, solo che non mi hanno creduto. E anche qui dico l'assoluta verità: negli ultimi anni ho condotto con onestà la linea del partito e ho imparato ad apprezzarti e amarti con intelligenza. 3) Non avevo nessuna «via d'uscita» se non confermare le accuse e le testimonianze altrui e svilupparle: altrimenti sarebbe sembrato che io «non mi volevo disarmare». 4) Oltre a questioni di carattere esteriore e oltre all'argomento 3) (vedi sopra), riflettendo su quanto sta accadendo, mi sono costruito una concezione che è più o meno la seguente : Esiste una certa quale grande e coraggiosa idea politica di una purga generale à) per via della guerra incombente b) per via del passaggio alla democrazia. Questa purga coinvolge: a) i colpevoli, b) i sospetti, c) i potenziali sospetti. Qui non potevano fare a meno di me. I primi vengono resi innocui in un modo, i secondi in un altro, i terzi in un terzo modo. Rappresenta ima garanzia anche il fatto che i soggetti inevitabilmente parlano gli uni degli altri e seminano un sospetto definitivo e reciproco (lo giudico dalla mia esperienza: come me la presi con Radek ('') quando lui diffuse chiacchiere su di me! E pensare che in seguito io stesso ho seguito la stessa strada...). In questo modo la leadership si trova garantita in modo completo. Per amor del cielo, non interpretare le mie parole come se io ti stessi muovendo accuse velate, perfino nelle riflessioni con me stesso. Mi sono ormai emancipato dai pannolini dell'infanzia, abbastanza da capire che i grandi piani, le grandi idee e i grandi interessi prevalgono su tutto e sarebbe meschino porre la questione della propria persona accanto a compiti storici globali che gravano prima di tutto sulle tue spalle. Ma proprio questa è la mia tortura maggiore e il più grande e tormentoso paradosso. 5) Se io fossi assolutamente convinto che tu la pensi proprio così, sarei molto più tranquillo. E va bene! Se serve, serve. Ma credimi, il mio cuore viene sommerso da una calda ondata di sangue quando penso che tu puoi credere ai miei crimini e, in fondo al cuore, pensi che mi sono macchiato davvero di questi orrori. Cosa vuol dire allora? Che io stesso contribuisco a privarti di una serie di persone (a cominciare da me stesso!), che cioè agisco consapevolmente nel senso del male! Ma allora tutto ciò non può essere in alcun modo giustificato. E tutto si confonde nella mia testa, mi viene voglia di urlare e di battere la testa contro il muro: io sono la causa della morte altrui. Cosa posso fare? 6) Non provo il minimo risentimento e non provo odi crudeli. Io non sono un cristiano. Ma ho le mie stranezze. Ritengo di dover pagare per quegli anni in cui davvero lottai. E, se proprio lo vuoi sapere, mi pesa più di tutti gli altri un fatto che tu, forse, ti sarai già dimenticato: un giorno, >robabilmente nell'estate del 1928, ero da te e tu mi dicesti: sai perché sono tuo amico: perché tu sei incapace di fare intrighi, vero? Io dissi: sì. Ma proprio in quei giorni correvo da Kamenev (il «primo appuntamento»). Puoi credermi o non credermi ma è stato proprio «"esto fatto a rimanermi impresso, come potrebbe essere per un giudeo il peccato originale. Dio mio, quanto fui bambino e sciocco! E adesso pago tutto questo con il mio onore e con tutta la vita. Perdonami per questo, Koba. Scrivo queste righe e piango. Non ho bisogno di nulla ormai, e del resto tu ben capisci che, prendendomi la libertà di scrivere tutto questo, peggioro la mia situazione piuttosto che migliorarla. Ma non posso, semplicemente non riesco a tacere senza averti chiesto prima l'ultimo «perdono». Ecco perché non me la prendo con nessuno, a cominciare dalla dire- zione, per finire con gl'inquirenti, anche se sono già stato punito a tal punto che il buio è calato sui miei occhi. 7) Quando ho avuto le allucinazioni, ho visto alcune volte te e una volta Nadezhda Sergheevna (ndr: la seconda moglie di Stalin). Lei mi si avvicina e dice: «Cosa le hanno fatto, Nikolaj Iva novich? Dirò a Iosif che si prenda cura di lei». Sembrava tutto così reale che per poco non balzai in piedi e non cominciai a scriverti per... chiederti di prenderti cura di me! A tal punto dentro di me la realtà era mescolata con il delirio. So che Nadezhda Sergheevna non avrebbe mai creduto che io potessi attentare contro di te e non a caso inconsciamente il mio povero «io» ha creato questo delirio. E con te parlavo per ore... Dio mio, se ci fosse uno strumento con cui tu potessi vedere tutta intera la mia anima, martoriata e lacerata a sangue! Se solo tu potessi vedere quanto ti sono affezionato, non come questi Stetskij e Tal'! {*) Va bene, questa è «psicologia», perdonami. Non c'è più un angelo che possa fermare la spada di Abramo e i destini fatali si dovranno compiere! 8) Permettimi, infine, di passare alle mie ultime richieste: a) mi sarebbe più facile morire mille volte, piuttosto che vivere il processo che incombe; non so come riuscirò a controllarmi: tu sai come sono fatto; non sono nemico né del partito, né dell'Urss e farò tutto quello che potrò, tutto quello che le mie forze mi permetteranno di fare, sebbene nelle circostanze presenti le forze si riducano al lumicino e sentimenti gravi si levino nella mia anima; dimenticando vergogna e orgoglio vorrei chiederti in ginocchio che tutto questo non accada. Ma questo, probabilmente, è ormai impossibile. Chiederei, se puoi, di darmi l'opportunità di morire prima del processo, anche se so quanto sei severo in questioni di tal genere. b) se (5) mi attende la condanna a morte, ti chiedo in anticipo, ti supplico per tutto ciò che ti è caro, di sostituire la fucilazione con un veleno che io possa bere da solo nella mia cella (datemi della morfina perché io possa addormentarmi per non svegliarmi più). Per me questo è estremamente importante, non so quali parole trovare per supplicarti di questa grazia: politicamente non costituisce un impedimento, perché nessuno verrebbe a saperlo. Ma permettetemi di trascorrere i miei ultimi momenti così come voglio io. Abbiate pietà! Tu, che mi conosci bene, capiNikolai Bukharin SEGUE A PAGINA 21 «Ti scongiuro, Iosif uccidimi col veleno, non farmi fucilare» secigindtrmmnmpdvgsa>19pseroq Un'immagine agiografica di Stalin in una cerimonia ufficiale Sopra, le prime righe della lettera e la busta. Qui accanto, Bukharin

Luoghi citati: Mosca, Russia, Urss