I vip divisi sulla «penitenza politica» «Ma guarirà i mali d'Italia?» di Daniela DanieleSergio Quinzio

IL DECALOGO DELLA CHIESA «Ma guarirà i mali d'Italia?» / vip divisi sulla «penitenza politica» IL DECALOGO DELLA CHIESA LM ITALIA a soqquadro, tangentopoli come Sodoma e Gomorra, Di Pietro come l'angelo vendicatore in un Paese che sembra ormai l'emblema «del vizio e del peccato». I vescovi richiamano il popolo di Dio alla penitenza. E' la quaresima la soluzione? «Forse, in questo momento, ha più senso il carnevale», risponde con una battuta lo scrittore Sebastiano Vassalli. Si definisce e si proclama ateo, «anzi, non è neppure giusto dire ateo, sono una persona che, se tutti la imitassero, non esisterebbero religioni di sorta». E sia. Ma non avverte mai il bisogno di un momento di «ripulitura» del proprio mondo interiore? Uno spazio per il silenzio? «Sono un vero fanatico del silenzio, ma dubito che le religioni sappiano offrirlo all'uomo in profondità». C'è qualche altro metodo, escludendo una qualsiasi forma di fede? «Certo, bisognerebbe che l'uomo imparasse a dialogare con se stesso. Però quasi nessuno ci riesce. Ecco, forse sarebbe necessario che ognuno avesse una propria forma di religione privata». Su altre posizioni, diametralmente opposte, lo scrittore Sergio Quinzio. Le «regole» scritte, ammette, non sono più osservate: «Chi digiuna più, di proposito, oggi?». Ma il valore di questo periodo resta, per Quinzio, inalterato: «E' una dimensione di riflessione interiore che non può avvenire al di fuori di una qualsiasi religione: non ha motivo sostenere un tempo di introspezione interiore senza il supporto di qualcosa di assoluto». La fede? «La fede». Ma anche la psicoanalisi ha come mezzo l'introspezione. «E anche la psicoanalisi, in fondo, è una religione o, almeno, ha basi nel misticismo religioso». Non c'è approfondimento di sé, dunque, senza credo? «Farsi il vuoto dentro è importante se però lo si riempie con qualcosa». Ma il mondo è disposto a mettersi in quaresima? ((Altroché - risponde il criminologo Vittorino Andreoli -, ne ha, anzi, un estremo bisogno. Mai come in questo momento, lo vediamo nel nostro Paese con tutto quello che sta accadendo, si respira atmosfera quaresimale, si avverte la necessità di sentirsi colpevoli e di espiare. Si ha la consapevolezza di aver vissuto un lungo periodo di "grande licenza" in cui si è fatto tutto e il contrario di tutto». Insomma, ci rispecchiamo in Tangentopoli? «Sì, c'è una gran voglia inconscia di espiare. E, parlando in chiave terapeutica, non è male che ciò accada: altrimenti le depressioni aumenterebbero a dismisura». Allora dobbiamo rispettare i precetti della quaresima? «Non credo, francamente, che seguire una bella processione di flagellanti possa guarire i mali dell'Italia». Un intervallo di penitenza per la colpa di cedere allo stress quo¬ tidiano; autopunizione per il nostro correre ciecamente qua e là, dimenticandoci del più profondo «noi» e degli altri; proponimento di «non peccare più». Che cosa ha a che vedere, tutto ciò, con la gente del Duemila? Enza Sampò concorda con la necessità di un periodo di riflessione «che, del resto, visti i tempi che corrono, è già cominciato molto prima del mercoledì delle Ceneri». Meno convinta della necessità di mortificare la carne in quelli che definisce «i piccoli piaceri quotidiani». Non ha dubbi: «Una regola che trovo davvero fuori tempo». «La mia potrà forse sembrare una risposta piuttosto presun- tuosa - osserva invece Catherine Spaak -, ma devo ammettere che mi comporto "bene" tutto l'anno: non conduco una vita di eccessi, non fumo, non bevo, sono moderata ed equilibrata nei miei rapporti sessuali, mi occupo anche attivamente degli altri. Quindici anni fa ho fatto una scelta di vita: migliorarmi. Non ho bisogno di aspettare la quaresima per vivere così». Daniela Daniele A fianco, Catherine Spaak e sopra il teologo-scrittore Sergio Quinzio

Persone citate: Catherine Spaak, Di Pietro, Enza Sampò, Quinzio, Sebastiano Vassalli, Sergio Quinzio, Vittorino Andreoli

Luoghi citati: Italia