Conso troppo carcere

Il ministro della Giustizia: la condanna dei colpevoli non deve travolgere tanti lavoratori Il ministro della Giustizia: la condanna dei colpevoli non deve travolgere tanti lavoratori Conso; troppo carcere «Certe misure accrescono la tensione» ROMA DALLA REDAZIONE Troppo carcere in Tangentopoli e giudici del pubblico ministero miopi per troppi anni. Un dubbio, più che una certezza, che comunque sfiora anche Giovanni Conso, ex presidente della Corte Costituzionale e ministro da pochi giorni di Grazia e Giustizia al posto di Claudio Martelli. E forse per questo l'accenno acquista se non il significato di un vero e proprio atto di accusa, per lo meno quello di un giudizio non del tutto positivo nei confronti della magistratura. Ad un cronista di un'agenzia di stampa che ieri, al termine del suo primo intervento al plenum del Consiglio superiore della magistratura, gli chiedeva come mai i giudici non avessero fatto prima i grandi processi per corruzione, il neo-ministro risponde: «E' una domanda molto importante questa. Si risponde normalmente che c'è stata una svolta nella vita del Paese e che qualcuno ha cominciato a parlare». «Se nessuno parla - spiega - è difficile sapere come stanno le cose. Ma se questa è una risposta che vale sul piano processuale concreto, oggi si crede di scoprire che c'è un sistema di così profondo degrado che riguarda tutti, ma proprio tutti, compresi gli uffici del pubblico ministero». «Perché - aggiunge se questa cosa c'era, chi è preposto all'esercizio dell'azione penale doveva vederla, e se non l'ha vista per tanti anni perlomeno c'è stato un difetto di vista». Per quanto riguarda «la soluzione politica», invocata dagli stessi giudici milanesi di Tangentopoli, Conso'spiega che per l'elaborazione di una legge occorrerà «seguire momento per momento» l'evoluzione della situazione e «verificare l'utilizzo di eventuali corsie preferenziali». La questione però, avverte il ministro, è complicata dal «problema della libertà personale». «La custodia cautelare - osserva1 sta rendendo ancor più drammatica una tematica già di per sé drammatica, che normalmente potrebbe fare a meno di misure limitative della libertà personale molto prolungate nel tempo, che aggravano, accrescono e aumentano le tensioni. Il problema è complessivo, e non è facile da risolvere». «Chi è colpevole deve essere condannato - aveva affermato poco prima parlando ai consiglieri riuniti in plenum - ma la sua condanna non deve travolgere centinaia di lavoratori». Il suo intervento, il primo come ministro della Giustizia a palazzo dei Marescialli, è durato poco meno di un'ora. Quella di Conso con palazzo dei Marescialli, sede del Csm, è la storia anche di un rapporto particolare. Attorno al tavolo tondo del plenum, Giovanni Conso ha preso posto per diversi anni prima come consigliere e poi, per breve tempo, come vicepresidente prima di approdare alla Consulta. E fu proprio nell'aula del Consiglio, intitolata a Vittorio Bachelet - il vicepresidente ucciso dalle Brigate rosse che lui stesso stava commemorando - che pochi giorni fa apprese della sua nomina a ministro della Giustizia. Ed ora, eccolo di nuovo lì, nella sua nuova veste, a cercare di ricucire rapporti in passato non sempre idilliaci tra il Csm ed il suo predecessore. E Conso parla del «concerto» fra ministro e Consiglio per la nomina alle cariche direttive (continuo punto di attrito tra Martelli e palazzo dei Marescialli); parla del giudice di pace, «figura base per una riforma del codice di procedura civile»; accenna al processo del lavoro «travolto dal collasso generale»; assicura che le risorse saranno meglio impiegate evitando inutili sperperi; si impegna a presentare uno schema di legge-delega per il nuovo ordinamento giudiziario ridotto attualmente ad «un'ossatura da preistoria, scandalosa per un Paese civile»; parla infine della direzione nazionale antimafia. Tutta una serie, insomma, di grandi e piccoli problemi da affrontare, dice, «con la forza della ragione, l'unica in cui credo e che può darci lo sprone necessario». «Se la corruzione esiste da tempo e affiora solo ora vuol dire che i i giudici hanno avuto almeno un difetto di vista» immìs -sufi Qui accanto, Calisto Tanzi presidente della «Parmalat» e azionista della «Bonatti costruzioni» Il ministro Giovanni Conso (a sin.) Sopra, Sergio Castellari

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