Al supermarket tanti libri e poco calore i poveri in vacanza ai Tropici

Quel governo è come un rock AL GIORNALE Al supermarket tanti libri e poco calore; ipoveri in vacanza ai Tropici Nel mio paesetto sogno carta stampata Il servizio su Pennac (Tuttolibri n. 839) e quello su La Stampa del 12 febbraio «Lettore difendi i tuoi diritti» mi hanno fatto riflettere ancora una volta sul delicato argomento «libro». La crisi editoriale e la scomparsa dei probabili lettori non possono essere risolte vendendo libri perfino nelle tabaccherie. Il libro non è una merce, lo sarà nelle scritture contabili delle case editrici, ma per noi lettori e cultori il libro è preziossismo, è rarità, è collezione, è amore. Ho visto anch'io i libri in vendita presso i supermercati: scaffali bassi con molti titoli e pochissimo calore. Provate ad entrare invece in libreria: sarete affascinati anche dall'odore che emana la carta stampata, il bell'odore dei libri. Io ricorderò sempre un vecchio libraio di Palermo, al quale mi rivolgevo fin da ragazzo per delle edizioni introvabili. Non confondiamo, per carità, l'aspetto commerciale con qualcosa che ancora fa sognare (vedi Pennac: «Come un romanzo»). E ve lo dice chi vive in un paesetto privo, purtroppo, di librerie... Sergio Alaìmo, Assoro (Enna) Il meno Amato dagli italiani Tutto mi sarei aspettato dal... meno Amato... dagli italiani tranne che due operai, due statali, due pubblici dipendenti con figlio a carico (fino a ieri giustamente considerati al limite della sopravvivenza nel sistema di vita italiano) fossero promossi «benestanti» (dall'alto del loro reddito familiare lordo, dico lordo, di lire 50.000.001 ) e pertanto impossibilitati, in quanto tali, ad autocertificare la loro estraneità al pagamento del super ticket sanitario e della quota di lire 85.000 prò capite per il medico. In compenso sono costretti... a questa stressante incombenza fatta di code e attese... (delle difficoltà degli operatori addetti neanche una parola!) proprietari terrieri ed immobiliari, commercianti, professionisti, artigiani che continueranno a consolarsi per il loro stato di povertà al sole dei Tropici... Evasio Patrucco Casale Monferrato Il Senatur e la gente «perbene» Vi scrivo in riferimento all'articolo apparso sul vostro giornale del 15 febbraio intitolato: «Bossi: vedo spuntare un nuovo terrorismo». Come al solito, dalle parole del «Senatur» più che concetti di razzismo non si evincono. Un passaggio che esalta tutta la demagogia e il solito razzismo, questa volta di carattere «politico», è quello in cui Bossi risponde alla domanda postagli su chi festeggerà il ricorrere del primo anno dello scandalo di Tangentopoli. La risposta è stata la seguente: «Faranno festa e giustamente i cittadini perbene, quelli che ci hanno votato». Con questa risposta il «Senatur» ha voluto forse insinuare che coloro i quali non hanno votato Lega sono tutti ladri? Comunque generalizzare, e continuare a gettare fango e discredito su tutti, non è un modo di attirarsi le simpatie delle persone «perbene». Io, nonostante non abbia votato Lega, ma liberale, mi ritengo una persona onesta. Eros B russino, Pinerolo Proteste dalla Cattolica I sottoscritti docenti della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze esprimono viva protesta per la mancata nomina presso l'Università Cattolica di Milano, a causa della non concessione del nullaosta ecclesiastico, del collega Saverio Bellomo, vincitore del concorso nazionale ad Associato di Filologia dantesca, chiamato all'unanimità dal consiglio di facoltà della stessa Cattolica. Il provvedimento, ispirato da una valutazione negativa delle convinzioni dell'interessato, ri¬ sulta gravemente lesivo dei diritti di libertà di coscienza e di responsabilità delle scelte che costituiscono un'acquisizione storica e un patrimonio irrinunciabile della nostra società. Questa prassi fa emergere infine la contraddizione tra i finanziamenti pubblici alla Cattolica e i criteri confessionali alla base di tale decisione; essa lede inoltre la condizione di reciprocità che dovrebbe essere assicurata dall'inserimento paritetico della medesima Università nell'ordinamento dello Stato italiano. Giovanbattista Alberti Firenze Seguono 55 firme Milano, la l denuda i sospetti La sera del 25 gennaio 1993 ero a Milano in compagnia di una mia amica, ci siamo incamminate per via Scarlatti, quando abbiamo udito uno scalpiccio. Un paio di poliziotti inseguivano alcune persone e ne hanno raggiunte due. Li le due persone si sono fermate e non hanno opposto resistenza, ma ciononostante i poliziotti le hanno colpite con i manganelli. Istintivamente la mia amica ed io ci siamo rivolte ai poliziotti dicendo loro che non pareva il caso di fare questo, hanno fatto svestile le due persone, una delle quali pareva non capire bene l'italiano (sembrava anglofona). Li hanno fatti svestire uno per volta lasciandoli in mutande e scalzi sul marciapiede. Da quel che abbiamo capito cercavano droga. Dopo averli fatti rivestire, i poliziotti hanno poi portato via le due persone, allineati contro un muro c'erano circa 30 persone. Ho chiesto di parlare con l'ufficiale. Una persona in borghese mi si è presentata senza però identificarsi, mi ha solo detto: «Noi non picchiamo». Il fatto di per sé è banale: un quartiere mi dicono esasperato dallo spaccio, una retata di polizia. Penso che se vendessero droga a mio figlio potrei impazzire e vorrei gli spacciatori in galera. Tuttavia la scena di poliziotti che usano il manganello e fanno denudare delle persone non mi sembra contribuisca né allo stato di diritto né alla giustizia. Se posso capire e condividere l'esasperazione di un quartiere, non credo di voler passare il resto della vita a camminare con gli occhi bassi per non vedere. Mi hanno detto che non serve parlarne, che le denunce finiscono nei cassetti, che tanto si sa che queste cose succedono. Forse è per questo che nessuno si è fermato alla vista di una trentina di persone, quasi tutte africane, contro un muro a Milano di gennaio alle otto di sera. Anche se uno, alcuni o tutti quegli uomini spacciavano (e allora vorrei che fossero processati) non capisco perché la polizia non si debba comportare con la dignità che le compete. Vicky Franzinetti, Torino Basta con le cricche di oligarchi senili Sabato 6 febbraio 1993 è stato cancellato lo Stato unitario belga: senza troppe polemiche, senza trionfalismi. Al suo posto è nato lo Stato federale belga. A Nord le Fiandre, a Sud la Vallonia, al centro la città-Stato Bruxelles, capitale federale e sede della monarchia. Al potere centrale restano la politica estera, l'esercito, la moneta e le comunicazioni. Gli altri poteri, comprese giustizia, sanità ed educazione, sono competenza dei singoli Stati federali. Come si vede la trasformazione da Stato centralizzato a Federazione del Belgio è avvenuta civilmente, e non ha portato a nessun separatismo: insomma lo Stato non è affatto crollato. Ci vuole poi così tanto, come chiede una crescente maggioranza, per decidere di fare anche dell'Italia uno Stato federale? Nello Stato federale sarebbe assai più difficile organizzare colossali «mordidas» a spese della collettività, come è avvenuto in Lombardia, nel Veneto e nel Centro-Sud. Nella minore estensione dei Laender il controllo dei cittadini su come si spende il pubblico denaro sarebbe diretto e i politicanti ladri, con i burocrati-faccendieri, avrebbero vita dura; né si sarebbero creati disgustosi fenomeni di nepotismo e di comitati d'affari, vere e proprie cricche di oligarchi senili, detentori del potere per quasi mezzo secolo, senza controllo e ricambio. I giornali parlino chiaro e forte, altrimenti l'Italia non uscirà dall'attuale maleodorante palude politica. Leonardo Dolte, Torino

Persone citate: Alberti Firenze, Bossi, Evasio Patrucco, Leonardo Dolte, Pennac, Saverio Bellomo, Sergio Alaìmo, Vicky Franzinetti