«Quel giudice è Perry Mason» «No somiglia a Robin Hood»

«Quel giudice è Perry Moson» «No, somiglia a Robin Hood» «Quel giudice è Perry Moson» «No, somiglia a Robin Hood» ROMA. Eroe. Grande vendicatore. Giudice straordinario e straordinario personaggio. Uomo qualsiasi e proprio per questo efficace. Un consenso corale. L'unico giudizio rancido è del professor Sgarbi: «Non l'ho visto. Mi hanno riferito di un peggioramento del suo lessico, se è possibile. Dovrebbe imparare, visto che ha un futuro televisivo». Otto milioni e mezzo di persone hanno guardato l'altro ieri sera Antonio Di Pietro su Raitre. E per qualcuno di quegli spettatori attenti è stato proprio il linguaggio un punto di forza della trasmissione: il linguaggio del giudice e quello dei «comprimari» che diventa linguaggio televisivo. Per altri, ha contato la «rivoluzione» che la messa in onda e l'ascolto record rappresentano: la televisione utile si fa e piace alla gente, perché la gente vuole capire. «Il potenziale informativo del processo a tangentopoli in tv è incontestabile. Anzi, è informazione pura che fornisce una messe di dati di cronaca, costume, storia, psicologia» dice Enrico Ghezzi, che quel processo ieri lo ha blobbato a più fotogrammi tra un Fede, un Ferrara e un «Orlando» nel labirinto di siepi. Dunque, Ghezzi, viva la televisionerealtà? «Sì, perché diventa magicamente e istantaneamente fiction e ci avvolge, ma la forza e l'intensità di emozione dipendo¬ no dall'ancoraggio nel reale. Nella visione c'è la voglia di saperne di più: ecco l'informazione. E c'è la voglia di spettacolo, con sentimenti forse bassi, di rivalsa, quasi da arena. Soddisfatta anche questa. Credo che le preoccupazioni moralistiche per le persone coinvolte, in questo caso l'assessore Armanini, siano rispettabili ma superabili in nome di quel potenziale informativo». E spettacolare, anche. Dario Fo il processo l'altra sera l'ha guardato «come a teatro»: «Walter Armanini mi sembrava scelto apposta per il ruolo, con la sua gestualità spocchiosa e l'atteggiamento strafottente di chi cerca di fare ironia, per ridursi poi sempre al "non so", "non voglio inguaiare nessuno". Una chiave da commedia perfetta». E Di Pietro? «Perfetto anche lui, di un umorismo teatrale efficace e con una bella grinta che fa saltare i nervi all'imputato e al difensore. Mi è parso che a un certo punto l'avvocato dicesse al cliente: "La pianti di dire stronzate". Credo che Di Pietro sia Perry Mason, con un alone di pulizia e coraggio che sono reali. Ecco il perché del record d'ascolto. In una storia come la nostra, con una magistratura che insabbiava quello che era palese, si stenta a credere che Di Pietro esista davvero». Se fossimo in epoca giacobina oggi si tremerebbe, dice Carlo Frutterò. Lei e Lucentini mettereste un Di Pietro nei vostri romanzi? «Un Balzac potrebbe farlo, una Matilde Serao, uno scrittore naturalista in grado di raccontare come crollò la prima Repubblica italiana. Uno come Di Pietro non funzionerebbe nella storia di un'indagine per omicidio. E pensare che se avesse fatto crollare la giunta di Orbassano sarebbe stato nessuno». Nemmeno Rosetta Loy metterebbe mai Di Pietro nei suoi libri. E' «troppo bello e vero», non oserebbe: «Sono piena di ammirazione per quel giudice, in lui mi colpisce la naturalezza: è una persona straordinaria che si comporta come fosse comune. Credo che molti vedano in lui il vendicatore, un Robin Hood Anni 90. Non ha niente del divo». Chi lo ha attaccato proprio per i processi in tv lo ha fatto in modo «strumentale», dice l'attrice Giuliana De Sio: «L'audience dell'altra sera conferma che gli italiani hanno bisogno di chiarezza. La Rete 3 ha reso un servizio ottimo ai cittadini». Vittorio Sgarbi alla fine conviene: «Sì, Di Pietro piace come Robin Hood». Ma non condivide: «E' un giustiziere che punisce la gente con la galera e la mette alla gogna. Illuministicamente non posso essere d'accordo». Eva Ferrerò Dario Fo: «Era come stare a teatro» Per Carlo Frutterò «un personaggio degno di Balzac o di Matilde Serao» Nella foto grande, Giuliana De Sio A destra: Enrico Ghezzi di «Blob» Sotto lo scrittore Carlo Frutterò

Luoghi citati: Orbassano, Roma