«Baratta privatizza? Non ha i poteri» di Giuseppe Guarino

Il «ministro dimezzato» attacca Amato e lancia frecce al veleno sul collega del Tesoro Il «ministro dimezzato» attacca Amato e lancia frecce al veleno sul collega del Tesoro «Buratta privatine? Non ha i poteri» Guarino-show, contro tutti ROMA. Meglio così. Giuseppe Guarino non se la prende. Anzi: il ministro de dell'industria si descrive contento. Sembra quasi che il presidente del Consiglio, il socialista Giuliano Amato, gli abbia fatto un piacere privandolo delle competenze per le privatizzazioni. «Ben venga questa misura» afferma Guarino. E spiega: «Tutte le difficoltà del processo di privatizzazione mi venivano attribuite. Nessuno potrà dire che è colpa di Guarino se c'è un ritardo». Il ministro dimezzato pregusta già la riabilitazione: «Il fatto che io non partecipi alle decisioni dimostrerà che non ho frenato nulla» afferma sarcastico nell'affollata conferenza stampa convocata di fretta al ministero. Uno spettacolo: 150 spettatori, tra giornalisti, superburocrati, impiegati dell'industria, assistono per un'ora e mezzo allo show difensivo del ministro che non perde mai il sorriso. Realizzare le cessioni, finora solo progettate, ora tocca ad altri, a cominciare dal neoministro per le privatizzazioni Paolo Baratta, un economista socialista. Guarino sta a guardare, non molla: «Non ho mai avuto la seria intenzione di dimettermi. E' dovere di tutti essere fermi per dare una sensazione di stabilità». Guarino evita polemiche dirette con Amato o altri colleghi. Gioviale come sempre, li guarda dall'alto in basso. Accusa Amato di aver formulato male il decreto legge che lo ha amputato: «Il provvedimento è incorso in notevoli errori. Non si è consultata l'amministrazione competente; se fossi stato interpellato alcune incongruenze sarebbero state eliminate». Loda Baratta, ma puntualizza: «Viene presentato come il superprivatizzatore, ma gli sono stati dati poteri minimi». Un esempio: «Ha ottenuto le residue attribuzioni del ministero delle Partecipazioni statali, ma quali erano? Quasi nessuna». La frecciata più perfida colpisce il rivale di sempre, il ministro del Tesoro Piero Barucci, un banchiere vicino alla de. A novembre Guarino fu sospettato di essere la talpa per la fuga di notizie sul piano delle privatizzazioni. Ma finalmente svela una clamorosa ingenuità di Barucci. In quei giorni, afferma, Barucci «era a Milano per un piccolo intervento sanitario e ne approfittò per completare il piano». Doveva mandarne una copia al tesoro: «Ma se avesse avuto pratica di governo ironizza Guarino - avrebbe affidato il documento in busta chiusa ai carabinieri o avrebbe chiamato un direttore generale. Invece lo ha trasmesso attraverso un fax del Credito italiano» di cui è stato amministratore delegato e ora è direttore in aspettativa. Quel fax non ufficiale è all'origine del pasticcio: «Qualche privato è venuto a conoscenza del documento ventiquattr'ore prima dei ministri competenti. Il numero del fax e l'ora di trasmissione sono leggibili sulla copia tramessa ai colleghi». Messo in cattiva luce Barucci, Guarino definisce «vergognose le accuse di talpa». Lui si presenta invece come «un membro leale di questo governo». Si dice rammaricato per i titoli dei giornali dai quali affiorano propopositi bellicosi. E li riscrive: «Guarino non minaccia, non annuncia contrattacchi, non è in guerra con nessuno». In fondo, sostiene, non è successo nulla: avrebbe solo perso un incarico ad interim, quello di ministro delle Partecipazioni statali. E le privatizzazioni? Non lo avrebbero mai riguardato, «il ministero dell'Industria è totalmente estraneo». E il fatto di non essere più azionista di Iri, Eni, Enel e Ina? «Era una funzione aggiuntiva». Per ognuna delle mille domande a cui viene sottoposto, Guarino ha una risposta giuridica pronta. Si è portato con sé alcuni suoi vecchi libri (uno introvabile «tranne che su qualche bancarella») per dimostrare che la sa lunga. A cominciare dalle privatizzazioni: «Non chiamatemi superbo, ma credo che il mio progetto sia troppo nuovo per la realtà del Paese». Si tratta dell'idea di non privatizzare le aziende pubbliche una per una, ma di vendere le azioni dei gruppi nei quali andrebbero radunate. Osserva che solo all'estero lo avrebbero capito: Barucci è avvertito. Guarino s'impenna se è accusato di affossare le cessioni: «Le privatizzazioni sono un'invenzione mia». Si riferisce alla trasformazione degli enti in società per azioni. Rivendica di aver proposto prima di Amato la soppressione delle partecipazioni statali. Puntualizza che ha voluto lui la cessione di Credit e Nuovo Pignone, dicendo che altri ministri erano contrari: allude a Barucci. Si elogia a lungo. Tanto che stupisce la piccola folla ammettendo «alcuni gravi difetti». Ma in realtà sono pregi: «Il primo è di essere totalmente libero, il secondo di essere animato da un pensiero, il terzo non saper fare trame». Dice che non cerca il potere. Ma perché non si dimette? «A settant'anni con la mia deontologia professionale da tutti riconosciuta in nessun caso potrei lasciare il ministero senza il pieno apprezzamento della mia dedizione». Ieri le voci di dimissioni hanno spinto giù la lira. Prima della conferenza stampa, Guarino le ha smentite. Lui resta: «Fortunatamente per il Paese, non per me». Roberto Ippolito «Colpa di Barucci la fuga di notizie sui piani-vendita: spedì un fax dalla sua banca» Sopra Piero Barucci. A lato, Paolo Baratta. A sinistra Giuseppe Guarino Giulio Andreotti (a lato) e il socialista Rino Formica (sotto)

Luoghi citati: Milano, Roma