Il giudice ordina arrestate il manager Fiat di Susanna Marzolla

In carcere anche l'amministratore della Toro, Mosconi. Lungo interrogatorio di Papi In carcere anche l'amministratore della Toro, Mosconi. Lungo interrogatorio di Papi Il giudice ordina: arrestate il manager Fiat Accusato per un finanziamento di 1800 milioni alla de MILANO. Da ieri Francesco Paolo Mattioli, direttore finanziario della Fiat, è nel carcere di San Vittore. Accusato di concorso in corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Assieme a lui, e per gli stessi reati, è stato arrestato anche Antonio Mosconi, da tre mesi amministratore delegato della Toro assicurazioni dopo essere stato a lungo presidente della Fiat-Impresit. Un arresto che ha scosso il mondo finanziario e politico italiano, ma che tra gli «addetti» all'inchiesta si dava per scontato da alcuni giorni. E infatti fin da sabato il nome di Mattioli figurava nell'elenco degli «arrestandi», ma il manager Fiat era all'estero. E' tornato domenica pomeriggio e per tutta la notte 1 carabinieri sono rimasti «appostati» sotto casa sua e sotto quella di Mosconi, entrambe a Torino. Ieri mattina gli arresti, accompagnati da lunghe perquisizioni: nelle rispettive abitazioni e nei loro uffici, compreso quello che Mattioli occupa nella sede della Fiat, in corso Marconi. Mentre la notizia dell'arresto di Mattioli metteva in fibrillazione le redazioni e gli operatori economici (il primo lancio di agenzia era delle dieci del mattino) incominciava per i due manager la trafila che li avrebbe portati, nel pomeriggio, a San Vittore. Il trasferimento sotto scorta a Milano e il «passaggio» nella caserma dei carabinieri di via Moscova. Qui Mattioli è apparso piuttosto scosso, mentre Mosconi più tranquillamente ha chiesto di mangiare qualcosa, e gli hanno portato due panini. Di cosa devono rispondere i due manager? Per capirlo bisogna fare un po' di passi indietro. Esattamente alla scorsa primavera quando viene, arrestato Enzo Papi, amministratore delegato di Cogefar-Impresit: dopo una detenzione di 55 giorni, caratterizzata da un «braccio di ferro» con i magistrati (Papi all'inizio si avvale della facoltà di non rispondere) il manager ammette il pagamento di alcune tangenti per appalti affidati all'impresa. Ospedali ma, soprattutto, la linea 3 della Metropolitana milanese per cui Papi pagò una tangente di 1 miliardo e ottocento milioni a Maurizio Prada, ex segretario cittadino della de ed ex presidente dell'Atm. Dopo Papi vennero arrestati anche Giancarlo Cozza, amministratore delegato della Fiat Savigliano e Luigi Caprotti, rappresentante dell'Iveco. Cozza ammise anche lui di aver pagato tangenti, spiegando in particolare di aver effettuato i versamenti su banche estere. Lo stesso fece anche Caprotti che, pur avendo con la Fiat ufficialmente e unicamente un rapporto di natura commerciale, viene considerato dagli inquirenti un tramite per il pagamento di tangenti. Tutto questo era comunque noto fin dalla scorsa estate. La svolta che porta all'arresto di Mattioli e Mosconi avviene lunedì 15 febbraio. E il protagonista è Proda. Altro piccolo flash-back per capire: Enrico Fiorentino, amministratore dell'Azienda energetica municipale di Milano, racconta di una tangente spartita con Proda. Alla procura cadono dalle nuvole: ma come, Proda il «grande pentito», l'accusatore numero uno dell'inchiesta, si è dimenticato un simile «particolare»? Ecco allora che l'ex esponente de viene convocato d'urgenza a Palazzo di giustizia. E' pallido, teso, Maurizio Proda quando quel giorno passa da un ufficio all'altro dei pubblici ministeri. Gli hanno detto infatti: o ci dici tutto, veramente tutto, o torni a San Vittore. E Proda ritrova una memoria straordinaria. Non si ricorda così solo dell'Aera ma anche di altre cose. In particolare di un pranzo, avvenuto alcuni anni fa, in un ristorante di Milano specializzato in incontri d'affari, il Club 44. A tavola, dice Proda, c'erano due importantissimi dirigenti della Fiat, appunto Francesco Paolo Mattioli e Antonio Mosconi. Argomento della conversazione, sempre secondo Proda, gli appalti che le azien¬ de del gruppo avevano a Milano e le «relative» tangenti. Credibile Proda? Secondo la procura e secondo il gip che ha fatto arrestare i due manager evidentemente sì. Dice un sostituto: «Proda è una persona che aveva rotto fino a un certo punto con il giro delle tangenti. Poi ha deciso' di farlo del tutto». E così, sulla base delle sue dichiarazioni, Mattioli e Mosconi sono accusati di aver agito in concorso sia con Enzo Papi che con Cozza e Caprotti. E con l'arresto dei due manager va collegato anche il nuovo lungo interrogatorio di Papi, ieri pomeriggio fino a sera. «Non sono state mosse nuove contestazioni, solo puntualizzazioni su dichiarazioni già rese», spiega il suo avvocato (nonché legale anche di Mattioli) Vittorio Chiusane Papi aveva sempre detto di aver agito decidendo in prima persona in quanto amministratore delegato di Cogefar-Impresit. Innegabile che ai magistrati interessa a questo punto sapere se Papi mantiene ancora intatta questa versione. Per evitare che Papi fosse fotografato, i carabinieri hanno letteralmente rastrellato il quarto piano del palazzo di Giustizia per cacciare giornalisti, fotografi ed operatori televisivi. Susanna Marzolla Il giudice milanese Antonio Di Pietro con un uomo della sua scorta

Luoghi citati: Milano, Torino