Profumo di Gassman «Felici quegli anni» di Simonetta Robiony

L'attore ricorda il film di Risi tratto da Arpino L'attore ricorda il film di Risi tratto da Arpino Profumo di Gassinoli «Felici quegli anni» ROMA. Stasera all'Etoile verrà presentato in anteprima «Scent of woman», versione americana di «Profumo di donna», con Al Pacino nel ruolo che fu di Vittorio Gassman, Chris O'Donnell in quello di Alessandro Momo e, a firmare la regia, Martin Brest invece di Dino Risi. Molto costruito, molto dialogato, con uno di quegli impianti solidi che tanto piacciono ad Hollywood, il film è uguale a quello italiano di vent'anni fa solo nel confronto fra i due caratteri: un vecchio colonnello incattivito dalla sua cecità si misura con un timido ragazzino chiamato a fargli assistenza. Per l'uomo che desidera porre fine alla vita sarà l'occasione per capire che esistono ancora buone ragioni per restare al mondo; per il giovane sarà quella per maturare, diventare adulto. Nel film di Brest il viaggio per l'Italia di Gassman è stato sostituito da un soggiorno di Al Pacino al Waldorf Astoria di New York; il tentativo di doppio suicidio con l'amico cieco è stato cancellato; l'amore disperato della ragazzina per il vecchio militare sostituito dal ballo di un tango con una sconosciuta. Ma soprattutto è cambiata la cornice. Là erano squarci di città popolati da piccola gente, qua è un college con i suoi rituali, le ipocrisie. Il film ha avuto quattro candidature all'Oscar: la più importante, però, è quella ad Al Pacino come migliore attore. Vittorio Gassman lo vedrà stasera, ma alcuni amici gliene hanno già parlato. «Tutti mi hanno assicurato che è perfetto. Il nostro non lo era. Era un filmettino, toccato però dalla grazia». Che ricordo ne ha? «Uno squarcio di una piazza di Torino, un pezzo di golfo di Napoli e poi la complicità con Dino Risi. Erano anni di felicità assoluta: parlavamo molto, bevevamo molto e ci rubavamo le ragazze». E' vero che per «Profumo di donna» lei avrebbe potuto avere l'Oscar? «E' vero. Il film era stato selezionato ma poi i produttori non lo mostrarono in giro e la speranza di vincere svanì». Le è dispiaciuto? «Ma no. Per "Profumo di donna" avevo già vinto a Cannes contro Dustin Hoffrnan di "Lenny". So accontentarmi». Perché gli americani più che i film europei originali amano le loro copie? «Non è giusto dire questo. "Profumo di donna" fu un film che piacque molto negli Stati Uniti. Certo, piacque a chi lo vide, cioè i soliti intellettuali. Tra noi e loro ci sono troppe differenze di mentalità perché si possa avere uno scambio felice. Noi apprezziamo i loro film perché sono di grande professionalità, ma loro fanno fatica a capire i nostri». Non è un problema di doppiaggio? «Guardi, io ho avuto una moglie americana, ho una figlia americana e ho vissuto alcuni anni in America, girando pellicole non certo memorabili. C'è un punto in cui la conversazione tra noi s'arresta. Non conoscono l'ironia europea perché non hanno avuto la civiltà delle piazze, dei salotti, dei caffè. A Los Angeles più di una volta sono stato fermato dalla polizia perché stavo passeggiando. Loro vanno sempre in macchina». Le dispiace che «Profumo di donna» avrà soprattutto la faccia di Al Pacino? «Affatto. Ne sono lusingato. Al Pacino è un interprete eccellente anche se, forse, non ha dato al colonnello del "Buio e il mièle" di Arpino da cui Risi ha tratto il nostro film quella carica sensuale e disperata che gli abbiamo dato noi. Era un anno felice il '75». Felice perché? «Avevo lasciato dopo dieci anni i Cecchi-Gori e subito mi capitarono questo "Profumo di donna" di Risi e "C'èravamo tanto amati" di Scola. E' stato un anno fortunato come il 1992». Crede nella fortuna? «Credo nelle buone combinazioni. L'anno scorso ho potuto finalmente portare sulle scene il "Moby Dick", uno spettacolo che ho chiuso dopo mesi di tournée, lasciando ovunque gente che non è riuscita a vederlo. Grazie a mia moglie Diletta, che ha debuttato con questo lavoro nella produzione, ne abbiamo fatto una straordinaria versione televisiva che andrà in aprile su Ramno in tre puntate. Infine, ho in progetto di girare tre racconti dal mio libro "Mal di parola", in uno dei quali mi pare possa esserci anche un piccolo ruolo adatto a me. Sì, il '92 come il '75 è stato un buon anno». Simonetta Robiony Il remake con Pacino è candidato a 4 Oscar. «Mi dicono che è perfetto. Il nostro eraunfìlmettino: toccato dalla grazia» Foto grande il film di Risi. Poi Al Pacino e Gassman