Gilbert canta Bécaud e la Warwick gli amici
r I DISCHI Gilbert canta Bécaud e la Warwickgli amici OH, chi si rivede. Gilbert e Dionne. Due nomi che solo chi parte dai quarant'anni li collega ai giusti cognomi, Bécaud e Warwick, con la prontezza di un Van Basten in area di rigore. Dionne e Gilbert, 77 anni di carriera musicale in due. Due fuoriclasse che rispuntano nelle vetrine dei negozi di dischi, tra copertine con teste rapate e madonnine spogliate, tra sintetizzatori e canzonette in forma manifesto politico. Ma che piacere risentirli. Dionne e Gilbert, ai due lati dell'Atlantico, parlano lo stesso linguaggio: raccontano l'amore, usano strumenti e voci con elegante teatralità, cercano il dialogo con il cuore della gente. Non urlano, non schiamazzano, non fanno tendenza, non restano però fossilizzati, pateticamente imprigionati fuori dal tempo. Anzi, senza tradire il loro stile, propongono nuove canzoni aggiornandole nei suoni. Non ci sono rotture con il passato, e nemmeno fughe in avanti. Giustamente continuano a seguire la propria strada con sicurezza, umiltà, esperienza, attenzione. Con loro vince la buona musica e la sensibilità, non il look e l'apparenza. Il mercato discografico sta premiando i meriti di carriera più che i fuochi fatui delle discoteche, e sarebbe proprio giusto che non si dimenticasse di Dionne e Gilbert. Oltre alla fedeltà allo stile, i due nuovi dischi di Bécaud e Warwick si assomigliano perché gettano nel futuro uno sguardo al proprio passato. Non è banale revival, anche se in entrambi i casi sono ricordi e amici che ritornano. «Une vie comme un romani) (Bmg, 1 Cd, 1 Me) intitola la sua ultima opera discografica Gilbert Bécaud. Sedici canzoni interpretate con il suo consueto stile teatrale, ricco di morbidezze ed accelerazioni, sottolineature dei toni narrativi. La novità sta nella musica, in cui abbondano il blues e comunque una moderna impronta afroamericana. Tutto l'album è stato registrato a Los Angeles, con un consistente gruppo di musicisti d'esperienza jazz. L'insieme porta alla memoria Paolo Conte. Ovviamente molto più francese, meno carico negli arrangiamenti. I testi, pieni di immagini e tenerezze, sono tutti di Pierre Delanoe, le musiche di Bécaud. D'altronde lui si è sempre considerato «compositore ed attore». Il disco si apre con un romantico brano strumentale. Poi inizia l'autobiografìa. «Quand t'es petit dans le midi» ricorda i tempi giovanili di Nizza, poi arriva «Oh! Que Paris c'est loin» e lo sbarco nella capitale con i primi successi I («Quando una Piaf ti dice: la I tua canzone te la prendo») Quindi la prima composizione «mai finita» per «una vera donna di trent'anni» e il debutto sul palcoscenico dell'Olympia («io ho paura della paura che m'attende a due passi» e «il teatro fantasma non è altro che quattro mura»). I ricordi di carriera riprendono con la commedia musicale nella «Baio de americaine», dove vivono Judy Garland e «Little Stevie non ancora Wonder», e in «Tu marches a Broadway». Una folla di celebrità si assiepa in «Et salut les copains» divertente ed elegantemente rappeggiante: «L'epoca Cocteau, Piaf, Kennedy che non bisogna dimenticare», «Marilyn s'en va, arriva Madonna». Cita gli Stones e Presley e non i Beatles -, prima di delineare una visione meccanicistica della fine del nostro secolo, in cui «si suonerà Bach in play-back» dopo che «i nostri cugini giapponesi hanno inventato il karaoke e CohnBendit balla con 68 scope». Toni e gusto da gospel per «Mea culpa» e un elogio all'avventura. Un attimo di commozione per «La dame de Saint Paul», ovvero la mamma, e via ancora con il blues e una vita sempre più indaffarata fino a «Chanter c'est ma liberté», in cui c'è l'unico cedimento verso l'uso dei vecchi violini. Un disco di grande eleganza. Raffinata lo è sempre stata Dionne Warwick, e «Friends can be lovers» (Arista, 1 Cd, Me) ne accentua la caratteristica. In dieci canzoni la cantante americana rende omaggio agli autori che l'hanno accompagnata in carriera e alle sue passioni musicali. Apertura più che scontata per un brano, «Sunny weather lover», firmato da Bacharach e David, i due autori che le hanno permesso il salto nella celebrità. E Bacharach l'accompagna anche alle tastiere. Ma quasi tutti gli autori delle canzoni qui interpretate sono presenti anche come musicisti, da Terry Steele a Lisa Stansfìeld a Barry Eastmond. «Love will fìnd away» regala un prezioso duetto con la cugina Whitney Houston: una gara di cesello vocale. Molto bella è anche la versione di «Fragile», delicata canzone di Sting. Finalmente due oasi di amore e bel canto. Senza aspettare Sanremo. Alessandro Rosa isa
Luoghi citati: Los Angeles, Nizza, Sanremo
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