Preso l'ultimo killer «rosso»

Ex militante di «Potere operaio», deve scontare diciotto anni per il rogo di Primavalle Ex militante di «Potere operaio», deve scontare diciotto anni per il rogo di Primavalle Preso l'ultimo killer «rosso» Lollo era nascosto a Rio deJaneiro La notizia è di quelle che ricacciano indietro dì un paio di ere politiche, lunghe più o meno quanto quelle geologiche, quando «compagni» e «fasci» si incontravano, o meglio, scontravano per le strade. Come oggi, allora il potere si trovava saldamente nelle mani dei «capitalisti», ma c'era chi lo sognava «operaio» e chi sperava finisse al «popolo armato» perché la rivoluzione non pareva un'utopia anche se Giangiacomo Feltrinelli, l'apostolo della lotta armata, era già saltato in aria con le sue idee e la sua bomba che una notte voleva piazzare sotto a un traliccio dell'alta tensione presso Milano. Eppoi, i sussulti golpisti che agitavano le notti dei democratici, e i sogni di restaurazione che puntualmente, e per fortuna, finivano con l'arrivo dell'alba. C'era la «Rosa dei venti», allora, e c'erano altre organizzazioni più o meno clandestine. Un'altra Italia. Forse. E da quell'era in apparenza così lontana balza nella cronaca un nome che richiama un fatto orrendo, avvenuto esattamente vent'anni fa, in una borgata romana: Achille Lollo, che ha oggi 41 anni. Era stato un duro di «Potere operaio». Lo hanno arrestato in questi giorni di fine estate australe a Rio de Janeiro dove viveva non si sa da quanto tempo. Deve scontare diciotto anni. Nella primavera 1973 con Marino Clavo e Manlio Grillo era sta- to considerato responsabile del «rogo di Primavalle», una fosca vicenda a mezzo fra criminalità e politica, una storiaccia che cavalcarono in molti e in modo fin troppo spregiudicato, anche per accreditare la teoria degli «opposti estremismi», che a una destra ribalda e cospiratrice opponeva una sinistra altrettanto feroce. I giovani di «Pot-op» apparivano agguerriti e dal suo canto il Msi-Dn aveva nel quartiere la sezione «Giarabub», assai attiva anch'essa. Era una fatica quotidiana per il segretario Mario Mattei conciliare lo spirito aggressivo di coloro che si sentivano più vicini ad Avanguardia nazionale o Ordine nuovo piuttosto che alla linea politica dei camerati in «doppiopetto». Minacce, scontri e raid punitivi non si contavano e proprio in quei giorni, accanto alla carcassa fumante dell'auto di Marcello Schiaoncin, iscritto alla «Giarabub», fu lasciato un cartello: «Contro i fascisti guerra di classe. Brigate Tanas». E accadde la tragedia, in qualche modo annunciata. Nella notte fra il 15 e il 16 aprile, qualcuno salì al modesto appartamento di Mattei, in via Bernardo da Bibbiena. Nella casa dormivano l'uomo, la moglie e cinque figli. Dall'esterno venne fatta filtrare benzina sotto la porta, poi fu appiccato il fuoco. Mattei con la moglie e i figli Giampaolo, Antonella e Silvia riuscirono a fuggire dall'inferno; Virgilio, 22 anni, e Stefano, 8, furono trovati carbonizzati vicino al davanzale della finestra della loro camera. Non ce l'avevano fatta a fuggire e Virgilio aveva abbracciato il piccolo, per difenderlo, per proteggerlo. Toccò a Domenico Sica, allora sostituto procuratore e non ancora celebre, dirigere le indagini. Due anni più tardi, l'arresto di Lollo, Clavo e Grillo. Erano già anni di piombo, quando si aprì il processo fra manifestazioni, zuffe, scontri. In una di queste battaglie da strada morì Mikis Mantakas, greco, militante della destra. E' facile immaginare in quale clima si svolse il dibattimento, già difficile di per sé. Sentenza il 15 giugno '75: assoluzione per insufficienza di prove. Liberi, i tre accusati se ne andarono all'estero. Lollo scelse l'Angola. Ma, naturalmente, non era finita. La parte civile fece ricorso: uno dei giudici popolari, fu sottolineato, avrebbe sofferto di una malattia neuropsichiatrica. Così, il 30 giugno del 1981, la corte d'assise d'appello dichiarò nullo il verdetto di primo grado. Ma il 28 maggio 1984 la Cassazione capovolse ancora le carte: primo processo valido e appello da celebrare. Era il dicembre dell"86 quando la corte d'assise d'appello emise verdetto di colpevolezza. I tre di «Pot-op», secondo i giudici, avevano voluto «danneggiare e distruggere le cose e in tal modo intimidire, spaventare, terrorizzare e colpire l'avversario politico». Ma non ammazzare. Per questo venne respinta la proposta del pubblico ministero per una condanna all'ergastolo per strage. Sentenza definitiva il 13 ottobre 1987. Lollo dall'Angola sarebbe andato in Brasile. La sua fuga è finita quando gli uomini dell'Interpol hanno bussato alla sua casa nel quartiere carioca di Tijuca. Vincenzo Tessa odori Nell'attentato del 1973 erano morti i due figli di un missino Achille Lollo durante il processo nel febbraio del 75 A destra, Virgilio Mattei carbonizzato alla finestra

Luoghi citati: Angola, Brasile, Italia, Milano, Rio, Rio De Janeiro