Guerra al pretore anti-ceffoni

Capello: «Li ho presi e sono stati utili» Dopo la sentenza contro la madre di Lecce che schiaffeggiò il figlio Guerra al pretore unti-ceffoni E il vip racconta le sue «sberle» LO SCHIAFFO VIETATO PER LEGGE AMME e papà, non alzate le mani sui vostri bambini. Anche se rifilato a scopo educativo, quel ceffone potrebbe costare caro: 45 giorni di carcere. L'ha deciso Angelo Sodo, pretore di Alessano, vicino Lecce. E, il giorno dopo, la condanna in aula è pareggiata da un'altra, ovviamente teorica, dai vip al magistrato. Perché tutti, chi i ceffoni li ha presi e chi li ha scansati, sono d'accordo nel contestare la sentenza. Ecco Rina Sgarbi, la mamma di Vittorio: «Un ceffone a mio figlio? No, non gliel'ho mai dato». Possibile che non l'abbia mai meritato? «Forse sì, ma mi spiaceva darglielo. A lui e all'altra mia figlia. A Vittorio, per la verità, non riuscito a rifilare una sberla anche per un'altra ragione: appena tentavo di alzare la mano per rimproverarlo, mi slogavo il polso». E così, un po' per necessità, un po' per «virtù», il critico emiliano da ragazzino l'ha sempre fatta franca. Come la scrittrice Lidia Ravera, che i ceffoni non li ha presi come figlia e ora non li dà come madre: «Mai picchiati i ragazzi nella nostra famiglia. Eppure siamo cresciuti bene. Anzi, mi hanno sempre insegnato a combattere ogni forma di autoritarismo, e anche adesso non ho cambiato idea. Con i figli bisogna essere autorevoli, mai autoritari. Nella mia infanzia ricordo solo qualche animata discussione con mio padre, che non alzava nemmeno la voce, pur essendo sempre stata io una figlia "controcorrente"». Abitudine, questa, in comune con casa Mussolini: «Mia nonna Rachele e il Duce non picchiavano mai, mettevano tutti attorno ad un tavolo e rimproveravano parlando», spiega il deputato msi Alessandra Mussolini: «Io ho preso solo pochi ceffoni, quando esaspertavo mia madre. E dopo mi calmavo». Niente sberle anche per Gaspare Barbiellini Amidei: «Mio padre è morto quando avevo 6 anni, mia madre al massimo alzava la voce se occorreva. In tempi più recenti, come papà, ho alzato solo una volta le mani con uno dei miei figli, ma mi sono immedia¬ tamente pentito. Il genitore che ricorre al ceffone per farsi ascoltare è un fallito». La pensava allo stesso modo, probabilmente, anche il papà di Lara Cardella: «Sì, ogni tanto mi dava un ceffone. Succedeva perché uscivo senza permesso con un ragazzo e, complice mia madre, rincasavo tardi. Ma io avevo un trucco: mi nascondevo in camera, e dopo un'ora lui non ce la faceva più, e mi veniva a cercare. Allora gli dicevo: "Che vuoi? Non hai già saldato il conto"? Poverino, chiedeva sempre scusa». Non usa questi mezzi, ma non li condanna, Corrado Augias: «Non si possono educare i ragazzi solo difendendoli. Un ceffone ben rifilato, al momento giusto e con un grano di sale, va benissimo. Ma dev'essere un gesto solenne, molto educativo. E tutto va visto nell'ambito dei rapporti che esistono in famiglia. Se ne ho presi? No, però qualcuno l'ho dato come padre. Ma, a differenza mia, papà era un militare, e i suoi modi erano spicci». Sulla stessa lunghezza d'onda Gianfranco Miglio, ideologo della Lega: «Sì, ne ho presi parecchi. Mia madre portava un anello molto pungente, e quando mi rifilava il manrovescio mi restava il segno per tutto il giorno. Avevano grande efficacia. Un sano ceffone credo sia indispensabile per la buona educazione di un figlio. E' un metodo per sottolineare la riprovazione del genitore per una ribellione». E Geno Pampaloni, sul Giornale di ieri: «Sono ancora grato degli schiaffi, pochi ma sacrosanti, ricevuti da mio madre. La famiglia ha in sè il bene e il male, l'affetto e la severità, il sacrificio e la punizione. Per questo resiste nei secoli perché non è del tutto secolarizzata, riconosce i diversi ruoli e trova nuovi equilibri. La sentenza di Lecce, in piccolo, è un'offesa all'istituto della famiglia». E nelle case degli sportivi, gli schiaffi volano? «Io come padre non li ho mai adottati per educare i miei due figli» spiega Fabio Capello, allenatore del Milan che fa furori in Italia e in Europa. «Però ammetto che li darei volentieri quando occorre. Io ne ho presi molto pochi, ma ben assestati, al momento giusto. E, diventando adulto, mi sono convinto di una cosa: uno sbertone è meglio di altri ricatti che noi genitori spesso usiamo, del tipo "se oggi non studi, domenica non vai al cinema"». E a Piombino, in casa Agroppi? Aldo, il tecnico della Fiorentina, prima tenta di difendere il suo silenzio stampa, poi riflette sul passato e dice: «Sì, ogni tanto mio padre mi schiaffeggiava. Ma non è mai stata un'abitudine, e così adesso faccio anch'io con i miei due ragazzi. Uno schiaffo non fa male. Io li prendevo puntualmente in un paio di occasioni: quando ritardavo il rientro per cena, e quando andavo a fare il bagno fuori stagione. E, con il senno di poi, quelli di mio padre erano davvero ceffoni salutari». Flavio Corazza Capello: «Li ho presi e sono stati utili» Augias: importante non abusare E la mamma di Vittorio Sgarbi «Mi slogavo sempre il polso» Lo scrittore Corrado Augias, cauto nel «consigliare» l'uso dei ceffoni per educare i figli: «Anche se questi rapporti non si possono reggere solo sull'amore» Nella foto sotto la scrittrice Lidia Ravera Sopra Fabio Capello, allenatore del Milan. A sinistra un'immagine del film «Il ladro di bambini» Gianfranco Miglio (a sinistra) A destra Lara Cardella

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