Spogliato per decreto di Giuseppe Guarino

Spogliato per decreto Spogliato per decreto Ora la palla passa a Baratta e Barocci ROMA. Altolà. C'è voluto un decreto legge per fermare Giuseppe Guarino. Il ministro de dell'Industria è stato privato di tutti i poteri per le imprese pubbliche con un provvedimento urgente del Consiglio dei ministri. E' un caso senza precedenti. Mai era successo che il governo cambiasse alcune norme per punire un suo componente. Ma il presidente del Consiglio Amato l'ha fatto-per realizzare le privatizzazioni di cui considera Guarino un nemico. In una fredda domenica romana Guarino ha così perso l'incarico ad interim per il ministero delle Partecipazioni statali soppresso con il decreto, si è visto sfilare le competenze per le privatizzazioni dirottate al neoministro Paolo Baratta (fmo al 1991 presidente del Crediop), è rimasto senza ruolo per i problemi dell'occupazione affidati sempre a Baratta, ma soprattutto non è più azionista delle imprese pubbliche: non deve occuparsi di Iri, Eni, Enel, Imi, Bnl e Ina. Lo scontro sulle privatizzazioni dilaniava quasi dalla nascita il governo di Amato. In questi giorni più volte Guarino aveva definito «un punto essenziale» bloccare la privatizzazione di singole aziende, dopo l'avvio delle operazioni per cedere Credito Italiano, Nuovo Pignone e Sme. Per il ministro dell'Industria si devono vendere solo le azioni dei quattro grandi gruppi da creare per riunire le attività pubbliche. L'idea è la classica goccia che fa traboccare il vaso: la privatizzazione di una società dopo l'altra è l'obiettivo di Amato e del ministro del Tesoro Barucci, vicino alla de. Di fronte all'ennesimo contrasto, Amato ha sconfessato Guarino: non potendolo rimuovere, gli ha tolto i poteri per le partecipazioni statali. Piano per le privatizzazioni, liquidazione dell'Efim, nomine per Iri, Eni, Enel e Ina: Industria e Tesoro sono stati divisi su tutto. Ma lo stesso Barucci ci rimette: il signore delle privatizzazioni diventa qualcun altro. La situazione però resta confusa. Barucci, insieme al de Nino Andreatta (da ieri ministro del Bilancio) esercita i poteri dell'azionista verso Tiri che controlla la Sme. Ma privatizzare la Sme compete a Baratta. L'altra anomalia è rappresentata dalla stessa nomina di un ministro incaricato delle cessioni. Presentando in Parlamento il piano per le privatizzazioni il governo aveva rimesso a deputati e senatori la scelta dell'organo abilitato a seguire le vendite di aziende pubbliche. A dicembre, il Parlamento ha escluso la nomina di un commissario preferendo il coinvolgimento di tre ministri (Tesoro, Bilancio e Industria). La nomina di Baratta sembra contraddire questa impostazione: il neoministro sembra un commissario. Più in generale per esercitare i «diritti dell'azionista» il Tesoro d'ora in poi, in base al decreto, dovrà acquisire, oltre a quella del ministro del Bilancio, anche l'intesa del ministro «delegato» alle privatizzazioni. In pratica resta la gestione a tre, pur cambiando i protagonisti. Guarino ora è completamente spogliato. Come reagirà? Subirà o si dimetterà? Sconfessato da Amato, abbandonato dal segretario de Mino Martinazzoli, non è però un uomo solo. Oltre che sul forte consenso del sistema delle partecipazioni statali, il ministro dell'Industria può far leva su tanti amici in Parlamento, soprattutto in alcune correnti de (come quella andreottiana e la sinistra). E come ogni decreto anche quello di ieri va convertito in legge in due mesi. Lo scontro sulle privatizzazioni si trasferisce in Parlamento. Il pasticcio continua. Roberto Ippolito

Persone citate: Baratta, Barucci, Mino Martinazzoli, Nino Andreatta, Paolo Baratta, Roberto Ippolito

Luoghi citati: Roma