Amato vince il duello con Guarino
Sulla vendita delle aziende pubbliche sfiorata la crisi. Inutile il ricorso del «bocciato» a Scalfaro Sulla vendita delle aziende pubbliche sfiorata la crisi. Inutile il ricorso del «bocciato» a Scalfaro Amato vince il duello con Guarino «Non insistere, ora devi mollare» ROMA. Dal presidente del Consiglio e dalla delegazione de nel governo, Giuseppe Guarino, il «ministro professore», si è congedato con una minaccia neanche tanto velata: «Il nuovo ministero che toglie al mio le deleghe sulla "privatizzazione" degli enti pubblici è stato istituito da un decreto legge che deve passare in Parlamento. Vedremo se le Camere lo approveranno...». In privato a qualche esponente de ha paventato, invece, una vendetta ancora più perfida: «Non è detto che dopo quello che è successo non decida di dimettermi tra qualche giorno. E a quel punto che farà il governo?». Forse saranno anatemi e minacce gettati al vento, ma intanto la battaglia di Guarino continua a pesare sul governo. Sì, ieri a Palazzo Chigi c'è stato davvero uno scontro duro. Ci mancava solo che il ministro lasciasse il consiglio sbattendo la porta e la scena sarebbe stata completa. C'è da capirlo il povero Guarino: si è battuto con testardaggine per rimanere al suo posto, ha detto di «no» al suo partito, ad Amato e a Scalfaro, ha tirato in ballo anche la Costituzione, ma alla fine il suo ministero è stato spogliato del compito principale, cioè della «privatizzazione» delle aziende pubbliche, e a lui, in fin dei conti, è rimasto solo il biglietto da visita di ministro dell'Industria o poco più. Già, nello stesso momento in cui è salito sulla Y10 bianca targata Teramo che lo ha portato via da Palazzo Chigi, Guarino è diventato un «ministro fantasma». Eppure ieri mattina quando alle 9 del mattino è entrato nello studio del presidente del Consiglio, il ministro era sicuro di farcela. Certo il giorno prima Amato gli aveva offerto il ministero della Pubblica Istruzione e, al suo rifiuto, per convincerlo, era intervenuto..anche Martinazzo]j. Ma nella notte, facendosi i conti, Guarino si era convinto che avrebbe potuto farcela ancora una .Vòlta ; e per spuntarla.il iministro dell'Industria ha puntato, come in passato, soprattutto sull'aiuto della vecchia de, sul sostegno dei vari Fanfani, Forlani, Andreotti, cioè di quegli stessi uomini che da anni lo hanno fatto assurgere al ruolo di «santone» affidabile e che nel governo Amato gli avevano dato un compito arduo, quello di ultimo paladino dell'industria di Stato. Ieri, però, Guarino si è accorto che i tempi sono cambiati. E il primo dubbio sulle possibilità di uscire .indenne dall'ennesimo scontro il «professore» lo ha avuto quando Amato gli si è rivolto con un tono volutamente freddo e formale. «Nel governo - gli ha spiegato il presidente del Consiglio - c'è una disomogeneità di indirizzo per dissensi creati da te. In sostanza non funzioni nei rapporti con la troika economica». Guarino, abituato ai discorsi felpati dei vecchi de, è stato preso un po' in contropiede da quelle parole, fin troppo dirette. Così, prima ha ribattuto alle argomentazioni di Amato: «Guarda che dal programma di governo non mi sono dissociato io, ma gli altri». Poi, ha adottato lo stesso linguaggio diretto del suo interlocutore: «A luglio - ha spiegato - io sono entrato nel governo solo perché mi avevate proposto o l'Industria o le Finanze, per cui per farmi cambiare ministero mi devi far volare più alto, o mi mandi alle Finanze, o ancora più sopra». A quel punto il dialogo tra i due si è interrotto. Amato per risolvere la situazione ha valutato l'ipotesi di dare le dimissioni per formare un nuovo governo senza condizionamenti. Un'ipotesi boc¬ ciata, però, da Scalfaro. Guarino, invece, ha tentato di trovare solidarietà tra gli altri ministri de, ma gli unici che hanno speso una parola per assicurargli le Finanze sono stati l'andreottiano Cristofori e il forlaniano Fontana. Poca cosa per far cambiare idea ad Amato. Né Guarino ha avuto miglior fortuna quando ha chiamato Scalfaro al Quirinale: la sua richiesta di avere il ministero delle Finanze ha ricevuto un secco «no». Alla fine, dopo tre ore passate in contatti infruttuosi, in Consiglio dei ministri è arrivata la resa dei conti. Amato si è presentato alla riunione con un decreto che istituisce un nuovo ministero per il «coordinamento delle privatizzazioni». E, di conseguenza, ha chiesto a tutti i ministri interesT sati di rendergli le loro deleghe in materia. A quel punto Guarino, stretto d'assedio, è insorto: «Non puoi chiederci questo - ha detto davanti agli altri ministri -, è incostituzionale». Amato gli ha risposto pacato nelle forme, ma duro nella sostanza: «La Costituzione - è stata la sua tesi - non lo prevede ma lo consente agli uomini di buona volontà e in qualche caso l'intelligenza lo consiglia. Tu, caro Guarino, forse non lo sai, ma lo ha già fatto De Gasperi il 3 maggio del '48». Poi, dopo questi schiaffi tra professori in guanti di velluto, Amato ha messo il provvedimento in votazione e quando ha chiesto chi era contrario solo Guarino ha alzato la mano. Rosso in volto, il ministro degradato ha accettato il verdetto del Consiglio dei ministri ma, contemporaneamente, ha cominciato a meditare la vendetta in Parlamento. Augusto Minzolini Il ministro minaccia: «Fra qualche giorno potrei anche dimettermi» Il Presidente del consiglio: «Decisione contro la Costituzione? De Gasperi ha fatto lo stesso» A fianco il ministro dell'Industria Giuseppe Guarino Qui a fianco: il Presidente della Repubblica Scalfaro con Amato Nella foto grande: il giuramento dei ministri ieri al Quirinale
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