Guarino: vendo, ma all'ingrosso di Roberto IppolitoGiuseppe Guarino

Il ministro all'attacco: sono tranquillo, obbedisco al mandato del Parlamento Il ministro all'attacco: sono tranquillo, obbedisco al mandato del Parlamento Guarino: vendo, ma all'ingrosso «Stop alle cessioni singole» ROMA. Mai più. Giuseppe Guarino annuncia lo stop. Perii ministro de dell'Industria, Credito italiano, Nuovo Pignone e Sme, messe in vendita dal governo, sono le ultime società da privatizzare singolarmente. Da ora in poi, secondo lui, vanno cedute soltanto le azioni dei quattro grandi gruppi da creare per riunire le attività pubbliche. Li ha proposti con il suo documento sul «sistema produttivo italiano»: Barn (gruppo bancario assicurativo manifatturiero con Bnl, Imi, Comit, Ina, Stet, Finmeccanica, Alitalia), Eni, Enichem, Enel. Guarino appare lontano anni luce dal ministro del Tesoro, Piero Barucci, area de. Ma non si ritiene un bastian contrario: pur subissato dalle critiche è convinto di essere lui in sintonia con il Parlamento. E mentre circolano voci sul presunto desiderio del segretario de Mino Martinazzoli di vederlo fuori dal governo, Guarino è disteso: «Mi sento tranquillo. Mi sembra strano dirlo in un momento di burrasca per il governo, ma sono proprio sereno». Perché ripropone le superholding bocciate dal Parlamento? «Il 30 dicembre il consiglio dei ministri mi ha incaricato di redigere un programma di strategia industriale da sottoporre entro febbraio al Comitato interministeriale perla politica economica. Per raccogliere suggerimenti e obiezioni ho elaborato il documento preliminare». Ma c'era bisogno di tornare alle superholding? «L'attuale disegno non ha nulla a che fare con le superholding. Solo un'opposizione preconcetta o interessata può far confondere le soluzioni. Le superholding non si fondavano sul collocamento delle azioni in Borsa e sulla collaborazione dei mercati internazionali ma sull'emissione di obbligazioni da convertire e sul coinvolgimento delle banche nazionali». E ora invece? «11 progetto è basato sull'idea del mercato: azioni appetibili e valutazione della validità dell'impresa. Le superholding accoglievano le imprese come erano, mescolando buono e cattivo. Per andare sul mercato è invece indispensabile avere nel gruppo solo imprese di qualità». E le altre? «Vanno escluse le imprese non per- fettamente sane anche se risanabili. Del risanamento non si può far carico agli investitori ai quali si chiede di assumere partecipazioni nei gruppi». Ammetterà almeno che la filosofia non cambia? «E1 vero che le superholding e i quattro gruppi hanno un'idea di fondo comune: realizzare dimensioni e condizioni atte per la concorenza comunitaria. Rivolgendosi al mercato lo Stato deve fare come un buon imprenditore e assicurarsi che le aziende da vendere siano idonee per la competizione». Come può dimostrare che sia la strada migliore? «Bisogna perseguire obiettivi di strategia industriale. Dobbiamo prefigurare l'assetto del sistema produttivo italiano da qui a dieci anni. Non ha importanza che le imprese siano pubbliche o private. Anzi, devono essere tutte private, ma devono essere forti, robuste e capaci di reggere la concorrenza. Dubito che si trovino argomenti contrari a questa impostazione». ... che è opposta al piano del governo approvato dal Parlamento: non vuole vendere singole imprese. «Il Parlamento ha indicato con chiarezza obiettivi di politica industriale. In adempimento a questo vincolo il consiglio dei Ministri mi ha chiesto di elaborare una strate- già. Il mio documento si muove nella linea voluta dal Parlamento, in vista del progetto definitivo da inviare entro marzo alle Camere per le decisioni». Vuole allora bloccare la vendita della Sme? «Ho evitato di prendere posizione in merito alle decisioni di vendita già adottate dal governo e che riguardano Credit, Nuovo Pignone e Sme. Il disegno riguarda solo le partecipazioni per le quali non sono state prese decisioni definitive». Vuole fermare da ora la vendita di singole aziende? «E' un punto essenziale. Credo che vincolandoci alla presentazione di un piano di strategia industriale il Parlamento abbia escluso ogni vendita singola non raccordabile a un disegno che abbia carattere produttivo e non meramente finanziario». Riconosce di volere l'opposto di Barucci? «Non direi. Barucci ha evidenziato che il processo di privatizzazione è complesso. Abbiamo preso decisioni che hanno consentito utili esperienze. Ora abbiamo vincoli da rispettare». Per il ministro dei Lavori pubblici Francesco Merloni lei ripropone con le conglomerate roba vecchia. «Ho letto la sua dichiarazione. Ma quando sarebbe stata espressa Merloni non aveva il documento che doverosamente gli ho inviato. Ho troppa stima della sua serenità per non dubitare che la sua opinione maturerà dopo la lettura». Visto che nessuno tira fuori una lira per una singola azienda, dove troverà chi dovrà investire nei gruppi? «Se si vendono le aziende singole ci si rivolge a compratori singoli e si incontra il doppio ostacolo: in Italia carenza di liquidità, all'estero non troppo interesse. Il disegno proposto si rivolge invece al mercato finanziario nazionale e non. L'affare riguarda il meglio del sistema produttivo italiano: il Barn contiene le migliori imprese, l'Eni, liberato dalla chimica, avrà un'alta redditività. Ho già trovato l'interesse di grossi banchieri internazionali». Ma per la Confindustria così non si privatizza: allo Stato resterebbe il controllo del Barn e degli altri gruppi. «L'obiezione è frutto di un'informazione errata. Io voglio solo tutelare il radicamento nazionale dei quattro gruppi. Le azioni sono collocabili sul mercato anche nella totalità». Ma chi comanderà nei gruppi? Chi nominerà i manager? «I nuclei duri, la pattuglia dei principali azionisti dei gruppi, come in Inghilterra o Francia». Tutti privati? «Bisogna rivolgersi ai gruppi finanziari nazionali perlomeno per la maggioranza dei nuclei duri. Il mio piano non solo non ostacola le privatizzazioni, ma consente di privatizzare tutto, subito e bene». Riconoscerà che finora non si è venduto nulla e il solo discutere allunga i tempi? «Non è così. Tendo ad accelerare i tempi con un documento preciso. Attendo le indicazioni dei colleghi, delle organizzazioni produttive, delle forze sociali. Entro marzo Cipe e consiglio dei Ministri possono redigere il piano chiesto dalle Camere». Roberto Ippolito «Per privatizzare bisogna raggruppare le aziende sane e portarle in Borsa» Nella foto grande il ministro dell'Industria Giuseppe Guarino. Qui accanto Piero Barucci

Persone citate: Barucci, Francesco Merloni, Giuseppe Guarino, Merloni, Mino Martinazzoli, Piero Barucci

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Italia, Roma