Rock Hudson, bello in pelliccia

A Berlino i «film privati» dell'attore morto di Aids a sessantanni A Berlino i «film privati» dell'attore morto di Aids a sessantanni Rock Hudson, bello in pelliccia Le bugie del cinema e le verità della vita nel lavoro di montaggio firmato Rappaport BERLINO DAL NOSTRO INVIATO Una sonora ribalda sculacciata di Vittorio De Sica in «Addio alle armi». Baci con Doris Day, Liz Taylor, Dorothy Malone, Jennifer Jones, Angie Dickinson, perennemente interrotti: da una porta aperta o chiusa, da un gruppo di bambini neri ridenti, dall'apparizione di uno scheletro. Rock Hudson in pelliccia di visone, che traversa senza imbarazzo la hall d'un albergo lussuoso; oppure immerso dolcemente nel sonno, con una volpe bianca intorno al collo e una mano femminile che gli posa sul petto una rosa bianca. Scambio di occhiate intense e allusive con Tony Randall, con Kirk Douglas. Rock Hudson morì di Aids, dopo terribili sofferenze, a sessantanni, il 2 ottobre 1985: la sua malattia e la sua morte hanno avuto un'importanza sociale particolare, l'attore fu il primo personaggio celebre a parlare schiettamente del suo male. In ricordo di lui negli Stati Uniti sono nate molte organizzazioni pratiche d'assistenza ai malati di Aids, la sua memoria è onorata oggi come lui non fu mai in vita, quando veniva considerato un patatone poco bravo a recitare e non particolarmente intelligente. In «Rock Hudson's Home Movie» (I film privati di Rock Hudson), un lavoro di montaggio presentato al Forum del FilmFest, Mark Rappaport, regista newyorkese cinquantenne, conduce un'analisi sessual-culturale dei film interpretati da Rock Hudson: rilevando la schizofrenia d'una omosessualità di cui tutti a Hollywood erano al corrente e d'una eterosessualità seducente o eroica attribuitagli dai film; rileggendo, con l'aiuto dell'attore Eric Farr recitante «il vero Rock Hudson», battute, sguardi, gesti, situazioni d'una vita filmica eternamente ambigua, palesemente cripto-omosessuale. Insomma: «Doctor Macho Jekyll, Mister Homo Hyde». Rappaport esplora grazie alla video-tecnologia, al ralenti e a un commento piuttosto tirato, il gap tra le bugie del cinema commerciale e le verità della vita privata di Rock Hudson. Divertente (come si fa a resistere e a non ridere quando la diva consiglia al divo «Find a Nice Gay Boy», trova un bel ragazzo allegro, gay?), commovente nelle immagini della gran bellezza di Hudson giovane: ma fondamentalmente ovvio, futile, anche irrispettoso, piuttosto sciocco. Mark Rappaport si prepara adesso a compiere un'analisi analoga sui ruoli affidati da Hollywood agli asiatici: figuriamoci. Lietta Tomabuoni Baci interrotti, sculacciate, occhiate Divertente e rutile A sinistra l'attore: il suo film si intitola «Rock Hudson's Home Movie». Accanto una scena di «Il Gigante», con Liz Taylor

Luoghi citati: Berlino, Hollywood, Stati Uniti