Anticostituzionale lo schiaffo ai figli

Clamorosa sentenza di un pretore: 45 giorni di cella per un ceffone al bambino Clamorosa sentenza di un pretore: 45 giorni di cella per un ceffone al bambino Anticostituzionale lo schiaffo ai fiali Lecce, mamma condannata ROMA. Dare schiaffi ai figli è contro la Costituzione. Lo sostiene il pretore di Nardo nella sentenza con cui ha condannato Antonella Lucia Miceli, 32 anni, di Alessano, provincia di Lecce, a un mese e quindici giorni di reclusione per aver dato un ceffone al figlio. Una sentenza inedita, destinata a far molto rumore. Ecco il passo decisivo: «Essendo ormai ridotta l'area di legittima applicazione dei cosidetti mezzi di correzione per il variare di situazioni sociali e di considerazioni sociologiche, il trattamento educativo dei figli minorenni deve essere conforme ai principi costituzionali». Di qui un suggerimento, che suona come un invito per tutti i genitori: «Astenetevi dall'usare le mani, sia con violenti schiaffi, sia con i tradizionali scappellotti, espressioni entrambi di violenza più o meno intensa». «Si dovranno allargare le carceri tanti sono i genitori passibili della pena», sostiene Tilde Ciani Gallino, psicologa per l'infanzia. Poi precisa: «Quel che davvero servirebbe è un corso di educazione per i genitori: istruirli ad essere diversi da come sono adesso. Sì, una scuola per genitori. La sentenza del pretore potrebbe essere uno stimolo in questa direzione. Occorre insegnare ai genitori ad educare i figli senza usare gli schiaffi. Di primo acchito la sentenza può apparire anche eccessiva: in tanti ricorro- no ai ceffoni per correggere i figli. Ma è giusto invitare i genitori a crescere i bambini senza toccarli mai. Bisogna insegnare loro a saper educare con le parole. Che non significa dire sempre sì. Anzi, occorre saper spiegare ai bambini che sono molte le cose che non si possono fare». Addio scappellotto. Ma Ernesto Caffo, psicologo e papà del «Telefono azzurro», non se la sente di condannarlo senza appello: «Si resta sempre molto colpiti dalle violenze fisiche, dimenticando gli effetti ben più gravi che possono avere sul bambino altre forme di correzione. Per esempio è sicuramente più traumatico dirgli che lo si manda in collegio, magari accompagnandolo fin sulla porta di un istituto, che dargli una sberla. Lo scappellotto in sé non crea certo traumi nel bambino. Tuttavia, in molti altri Paesi europei, qualsiasi atto di violenza fisica su un minore è considerato reato. E' un processo che sta maturando anche da noi, ma ci vorrà tempo prima che il bambino sia considerato un soggetto e non un og¬ getto da percuotere. Colpa anche della formazione ricevuta: i genitori prima di diventare tali sono stati figli, e spesso hanno dovuto fare i conti con le botte. Ma non dimentichiamo tutte le altre forme di violenza sui più piccoli, a cominciare dagli insulti, dalle minacce». Per Livia Di Cagno, neuropsichiatra infantile di Torino, «il giudice ha fatto il suo dovere, ha applicato la legge». E aggiunge: «Comunque lo scappellotto non risolve niente, non è un mezzo pedagogico. Dato 0 ceffone, i pro- blemi rimangono. Tanto più che, quasi mai, c'è un solo schiaffo. Si ricorre con frequenza alla sberla come metodo di correzione della ribellione, del capricccio del figlio». Gabriele Pescatore, giudice della Consulta, preferisce evitare commenti sull'anticostituzionalità dello schiaffo, si limita a dire che «la carta non stabilisce specificamente i divieti». E lui, il pretore che difende i bambini, che ha da dire? Angelo Sodo, docente di diritto civile all'Università di Bari e magistrato di Cassazione, spiega la sentenza così: «L'articolo 147 del codice civile esclude l'uso delle mani, è un abuso dei mezzi di correzione. Oggi si deve ricorrere alla persuazione. Il codice è chiaro quando impone di tenere conto delle capacità, delle inclinazioni del bambino. Vuol dire che non puoi dare uno schiaffo a tuo figlio semplicemente perché la pensa in modo diverso da te. Io ho due figli, ormai grandi. Ma a loro non ho mai dato un ceffone. Non avrebbero capito il messaggio, che non c'è: è soltanto violenza». Deve aver letto «Uomo e superuomo» di George Bernard Shaw, il pretore Sodo: «Se picchiate un bambino, badate di farlo nell'ira, anche a costo di storpiarlo per tutta la vita. Uno schiaffo dato a sangue freddo non si può, né si deve perdonare». Pier Paolo Luciano Caffo, il papà di Telefono azzurro: è più traumatica una minaccia Tilde Giani Gallino: insegniamo ai genitori a educare con le parole A sinistra Ernesto Caffo, psicologo, fondatore del Telefono azzurro contro le violenze ai bambini A sinistra la psicologa Tilde Giani Gallino. Suggerisce di educare i genitori a mai picchiare i figli

Luoghi citati: Alessano, Lecce, Roma, Torino