« Un condono? Mostruoso » di Roberto Martinelli

« « Un condono? Mostruoso » Gallo: servono leggi su appalti e nomine INTERVISTA IL GIURISTA E L'APPELLO TROMA ANGENTOPOLI costringe alle dimissioni due ministri in carica. E sul governo, che sta studiando la «soluzione politica» chiesta dai giudici di «mani pulite», è bufera. Ettore Gallo, già presidente della Corte Costituzionale, professore di diritto penale, partigiano e prigionierio delle SS durante la guerra di liberazione, riceve la notizia nella sua stupenda casa di Palazzo del Grillo. Le finestre del salotto si affacciano sull'ingresso della Cappella disegnata dal Bernini e nella quale Renato Guttuso aveva il suo studio. «Certo - dice Ettore Gallo - la situazione è grave. Il governo è espressione del vecchio quadripartito ed ha un vizio d'origine di fronte al quale la credibilità nel Paese, pur interessato alle cose buone che ha fatto, si è andata via via affievolendo, a mano a mano che ha preso piede il desiderio di cambiamento. Credo che si dovrebbe avere il coraggio di prendere una decisione, ma mi rendo conto che non è facile». Il colloquio è partito dalla proposta di concedere a corrotti e corruttori una sorta di indulgenza plenaria condizionata al pentimento sincero ed alla restituzione del maltolto. E subito Ettore Gallo si è dichiarato fermamente contrario a colpi di spugna e condoni: «Quando Di Pietro ha sollecitato una soluzione politica alludeva a problemi ben diversi dalle soluzioni processuali. Leggo invece che si vuole sostituire la pena detentiva con la semplice interdizione dai pubblici uffici, la privazione dell'elettorato passivo, il divieto di nomina al vertice di enti pubblici e privati». Non sarebbe una buona cosa? «Queste punizioni sono già definite dal codice come pene accessorie. Se dovessero essere indicate come sanzioni a sé stanti, ci troveremmo di fronte ad una mostruosità giuridica. E poi non potremmo in alcun modo far ricorso al patteggiamento, perché questo istituto prevede che accusa e difesa si accordino sulla misura della pena principale, sia essa detentiva o sostitutiva. Anzi, il codice esclude dal patteggiamento le pene accessorie». Esiste però anche un progetto che prevede la possibilità di irrogare una pena detentiva, molto attenuata, simbolica, destinata ad essere sospesa per cinque anni e poi cancellata. «La sospensione la deve ordinare il giudice. Il legislatore non può prevederne la sospensione nel momento in cui la commina. E poi i limiti di pena previsti dai reati contestati dai giudici di Mani Pulite sono tali da escludere la possibilità di concedere la sospensione della condanna». E' possibile prevedere una deroga temporeanea e limitata solo agli abitanti di Tangentopoli? «No. Sarebbe un gravissimo abuso che oltretutto l'opinione pubblica non tollererebbe». Non può esistere una soluzione garantista al cento per cento. «Si potrebbe superare tutto questo escludendo la sede del patteggiamento e prevedere che la procedura speciale avvenga nella forma del giudizio abbreviato». E cosa cambia? «Intanto si resta nalla fase del giudizio davanti al giudice per le indagini preliminari perché si è capito che questi signori non vogliono la pubblicità del dibattimento. Come se fosse brava gente che deve essere preservata dalla pubblicità!». Che sia questa la preoccupazione maggiore è nei fatti. La Camera ha stretto i freni sul segreto istruttorio... «Penso che dovrebbe essere il giudice a dire quali atti debbono restare segreti per tutelare il buon esito di un'inchiesta. Ma a parte questo, potrebbero avere il coraggio di dire chiaro e tondo che si vuole arrivare ad un condono per i reati previsti dalla legge sul finanziamento pubblico dei partiti». E per gli altri reati, come corruzione, concussione, ricettazione, che sono i più numerosi? «Ritengo e spero che non ci sia una volontà in questo senso. Sarebbe davvero una cosa enorme. Sono reati previsti dal codice penale e non è pensabile che si possano cancellare una tantum. Anche se da qualche tempo siamo diventati il Paese dell'una tantum. E poi chi dovrebbe assumersi la responsabilitàMi rifiuto di credere che un galantuomo come l'attuale ministro della Giustizia, insigne maestro del diritto, voglia costruire delle mostruosità di questo genere. Lo escludo perché lo conosco». Ma allora quale deve essere la «soluzione politica»? «Quando questa avventura volgerà al termine, quando ci sarà un nuovo Parlamento e nuove istituzioni, si potrà rimettere alle nuove Camere la considerazione di un atto di clemenza. Qualche anno sarà passato e si potrà vedere con maggiore serenità la situazione generale. Meglio avere il coraggio di affrontare la cosa in questo modo». Ma intanto cosa si può fare per uscire dalla bufera? «Pensare ad una sorta di depenalizzazione dei reati di violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti introducendo una sanzione amministrativa, l'interdizione dai pubblici uffici, la non eleggibilità nelle assemblee politiche, il divieto a far parte di società ed enti». Sarebbe questa la risposta all'appello del giudice Di Pietro? «Ma Di Pietro ha chiesto ai politici una risposta politica! Al problema giudiziario ci pensa lui. La risposta politica che il magistrato ha chiesto non è certamente questa, visto che si è dichiarato contrario al colpo di spugna. Ben altri sono gli interventi che la gente si aspetta dai politici. Alcune cose le stanno facendo, come ad esempio la legge sugli appalti. Ma anche qui dovranno un po' sbrigarsi... Un altro problema è quello delle nomine: sui criteri politici dovrà prevalere la competenza...». E forse un sistema di controlli più efficiente. «Certo: ma qualunque controllo, qualunque sbarramento che la legge può prevedere, il delinquente trova sempre il modo di superarlo con gherminelle e sotterfugi. La vera questione morale dovrebbe corrispondere ad un imperativo categorico della coscienza, non già dipendere dalla esistenza di una legge che punisce il comportamento illecito. La Repubblica dovrebbe impartire già a scuola quell'educazione morale che dovrebbe portare i giovani ad avere terrore dell'appropriazione del danaro pubblico». Non ritiene che a fronte di quello che sarà la depenalizzazione o il condono, dovrebbero essere previste pene più severe per i reati contro la pubblica amministrazione? «Secondo me, le sanzioni sono già abbastanza pesanti. L'inasprimento della pena non ha mai dato un gran frutto nei confronti della criminalità. Quello che il delinquente teme è la certezza e la celerità della pena. E, soprattutto, il fatto di doverla scontare realmente». Roberto Martinelli «Per la corruzione la giustizia proceda» «A scuola si educhi ad aver terrore di appropriarsi dei soldi pubblici» A destra, Ettore Gallo Qui sopra, Giovanni Conso ministro della Giustizia