Bianchi ritorno alla vita tra gli applausi di Maurizio Caravella

Bianchi, ritorno alla vita tra gli applausi DOMANI LA SERIE B MA Il difensore, in coma dopo l'incidente stradale che coinvolse il bus del Verona, ha ripreso a giocare Bianchi, ritorno alla vita tra gli applausi «Il calcio era la mia ancora di salvezza e mi ci sono aggrappato» VERONA. Non ricorda nulla di quel maledetto giorno. Neppure un attimo, un'immagine. Come un buco nero nella sua mente. E non ricorda nulla, è ovvio, neppure dei tre giorni successivi: era all'ospedale, in coma, tra la vita e la morte, sua moglie Anna Lea continuava a sussurrargli: «Walter, sono io, svegliati, ti supplico». Ma poi ha aperto gli occhi, quasi all'improvviso, si è guardato intorno stupito, che cosa ci faccio in un ospedale? Ha detto ciao ad Anna Lea e in quel momento lei, che aveva pregato il Signore di non portarglielo via, ha capito che dalla disperazione si può passare alla gioia in un istante, basta un ciao, basta un niente che è tutto. La vita a volte può essere bella come una favola e questa è la favola di Walter Bianchi, che è stato sfiorato dalla morte e l'altra domenica è tornato in campo nel Verona: «Quando l'allenato¬ re mi ha detto "vai, tocca a te", i miei occhi e quelli di Fauna si sono incrociati, lui ha cominciato ad applaudire, tutto lo stadio mi ha applaudito, dodicimila persone, non lo dimenticherò mai. Ricordo che ho pensato: Walter, dovevi proprio finire in coma, per diventare un eroe». L'incidente avvenne il 28 luglio '92 a Cles, dove il Verona era in ritiro. Una ruspa, per evitare un trattore, invade all'improvviso la corsia di sinistra. In senso opposto sta arrivando il pulmino dei giocatori: Fanna, alla guida, sterza per evitare almeno l'impatto frontale. Ci riesce, ma lo schianto è terribile: il pulmino viene sventrato nella parte posteriore, terrore e urla, Fanna è sotto shock e corre via. Bianchi, si vede subito, è il più grave: trauma cranico, la spalla destra rotta, fratture varie, sangue, i suoi compagni si guardano negli occhi e hanno voglia di piangere. «Partii da Rimini con mia suo¬ cera», racconta la signora Anna Lea, «per il viaggio più lungo e allucinante della mia vita. Mi avevano avvisato che Walter aveva avuto un incidente: niente di grave, sembrava. Poi un'altra telefonata, notizie più vaghe e il consiglio di partire subito. Insomma, ero in macchina e il tempo non passava mai, avevo il cuore in tumulto, non sapevo se avrei trovato mio marito vivo o morto. Lo trovai vivo, anche se in coma. Non irreversibile, per fortuna: mi dissero che la pupilla reagiva alla luce, si poteva sperare. Poi mi disse quel ciao. Bentornato fra noi, Walter». Il peggio era passato, ma non del tutto. «Mi ero salvato - racconta lui -, ma mi sembrava di non avere più voglia di vivere. Ero abulico, in uno stato di totale apatia. Avevo 29 anni, mi sentivo un vecchio. Guardavo il mondo dall'esterno: come se io non ne facessi più parte. Non avevo voglia di combattere. Mia moglie piangeva, diceva ai medici: "Ridatemi il mio Walter, non lo riconosco più". Il calcio? Non me l'ero dimenticato, ma quasi». Ma nella vita capita di risalire proprio quando sembra di essere vicino al fondo. Ti ritrovi a galla e non sai neppure come hai fatto, ma è inutile starci a pensare, sei di nuovo su, questo conta. «Ridatemi il mio Walter». Il suo Walter ora c'è di nuovo. E' tornato giovane. Gli è tornata persino la voglia di scherzare: «Ti investe una Ferrari, o una Porsche, e non ti vergogni a dirlo, è un investimento nobile. Io quasi mi faccio ammazzare da una ruspa, ditemi se si può. Se lo racconto, faccio quasi ridere». E, soprattutto, gli è tornata la voglia di andare in campo, una voglia matta: «Era la mia unica ancora di salvezza, alla fine l'ho capito e mi ci sono aggrappato». Domani riprende il campionato di B e probabilmente Walter giocherà anche domani, a Lucca. Fa parte di nuovo della squadra. Forse l'ha aiutato a vivere, anziché limitarsi a sopravvivere, anche sua madre: cioè il ricordo, dolcissimo, dei sacrifici che lei aveva sopportato per non costringerlo a rinunciare al calcio. Il padre di Walter, muratore, morì per un tumore quando lui aveva tredici anni, mamma Rosetta si trovò sola con tre ragazzini, faceva la bidella e, d'estate, la lavapiatti negli alberghi di Rimini: per permettere a Massimo di diplomarsi odontotecnico, a Ivan di studiare e a Walter (che faceva il barista a Rimini e poi andava a Cesena per allenarsi) di giocare. C'era anche mamma Rosetta, sulla macchina, quando la signora Anna Lea lasciò i bimbi a casa e corse a Verona, senza sapere se avrebbe trovato suo marito vivo o morto. Stava in silenzio, e pregava. Maurizio Caravella Bianchi, difensore del Verona, 29 anni, ha giocato per Cesena, Rimini, Brescia, Parma, Milan, Torino e Cosenza: dopo essere stato in coma per tre giorni, si è ripreso e nell'ultimo turno della B è tornato in campo

Persone citate: Anna Lea, Fanna, Walter Bianchi