«Crisi o no salviamo i Bot» di Stefano Lepri

«Crisi o no, salviamo i Bot» «Crisi o no, salviamo i Bot» Andreatta chiede l'impegno di tutti ipartiti ROMA. «Ci vuole un accordo bipartiscili, come si dice in America»: Nino Andreatta chiede che tutti i partiti si impegnino a non toccare i titoli di Stato. Non importa che si allarghi o no la maggioranza, che si vada alle elezioni oppure no: questa dovrebbe essere una scelta a priori. Solo così si potrebbe mettere al riparo la lira e i tassi di interesse da nuove possibili crisi di panico. «Stabiliamo tutti insieme che, nelle condizioni gravi in cui ci troviamo, l'economia non può essere usata come arma di lotta politica» è l'invito dell'ex ministro, ora responsabile economico della de. Intanto, questa bandiera viene proposta alla de, in un convegno al «Centro De Gasperi» della Camilluccia dove si tenta di mettere insieme una linea coerente di politica economica. «Ci facciamo garanti dell'escludere qualsiasi ipotesi di finanza straordinaria» raccoglie subito Michele Viscardi, vicepresidente dei deputati de. In qualche maniera l'incubo di tutti i risparmiatori grandi e piccini - il consolidamento dei Bot - è tornato ad aleggiare. In caso di crisi di governo, o di tentativi di allargare la maggioranza, le voci potrebbero tornare a circolare, e spargere un panico incontrollabile. Davvero qualcuno ne ha riparlato? Chi è che pensa a operazioni di questo genere? Andreatta accenna vagamente all'opposizione, alla sinistra: «Ritorna tra certi partiti questa ossessione ottocentesca della lotta alla rendita, forse per trarne consensi». Di lotta alla rendita parla di frequente il responsabile economico del pds Alfredo Reichlin, che pure smentisce di pensare al consolidamento; talvolta discorsi sulla distorta redistribuzione di ricchezza attraverso il debito pubblico sono venuti anche dal pri; spesso li ripetono i sindacati. «Mettiamo da parte questa illusione di sistemare tutto in un fine settimana, con drastici provvedimenti a sorpresa. Sono discorsi sull'impossibile, poiché il consolidamento è impossibile - taglia corto Andreatta -: l'unico risultato che hanno è di esercitare un influsso negativo sui tassi, ovvero di farci pagare di più quello stesso debito di cui si vorrebbe ridurre il peso». L'economista de sembra immaginarsi già una prossima campagna elettorale con il sistema maggioritario, su liste alternative che si candidano a governare, «in cui sarebbe meglio non ricattare gli elettori con slogan del tipo: se vincono le sinistre consolideranno i Bot». L'impegno solenne a rifiutare ogni operazione di finanza straordinaria sul debito pubblico è solo la questione più urgente; il patto di non aggressione interpartitico che Andreatta propone dovrebbe in realtà riguardare anche alcuni altri capisaldi della politica economica. Dovrebbero essere messe al di sopra delle parti: 1) «una politica dei redditi che regoli l'aumento dei salari nominali facendolo andare di pari passo con le regioni-guida dell'Europa»; 2) «un piano di risanamento della finanza pubblica che arresti la crescita del debito a partire dal '95 e la riduca di due punti annui nel '96 e '97». Prendere impegni di questo genere sarebbe l'unica maniera per conquistarsi la fiducia dei mercati e riuscire ad «abbassare i tassi di interesse sotto il 10%» conclude Andreatta. Altrimenti? Tra il verde della collina della Camilluccia, sopra Roma soffocata dai gas di scarico, un altro economista vicino alla de, Mario Baldassarri, fa da Cassandra: «La crisi di settembre che abbiamo superato potrebbe solo annunciarne una peggiore, così come Giovanni Battista era il precursore del Messia». «Questo però sarebbe l'Anticristo» lo ha corretto una voce dalla platea. Tutto questo pessimismo non piace a Piero Barucci, ministro del Tesoro. Proprio lui, che a luglio si era lasciato scappare il profetico «il peggio deve ancora venire» ora assicura che «il clou della crisi è dietro le nostre spalle»; e depreca «il cupio dissolvi che sembra prevalere in Italia». Non sottovaluta che «siamo di fronte a tre crisi interconnesse, quella economica, quella morale e quella politica» e però respinge i tentativi di fare del governo un capro espiatorio: «C'è un gioco collettivo dell'uomo nero, che ora è in mano al governo e nessuno vuole prendere». La gran parte della giornata di dibattito tra democristiani ha riguardato il dilemma della politica economica nella recessione: quanto è possibile fare per ridurre il numero dei disoccupati senza compromettere il risanamento della finanza pubblica. Andreatta, provocatoriamente, sostiene che invece di far nuovi programmi basta accelerare autorizzazioni di spesa e concessioni edilizie bloccate: «Tra l'altro, la lentezza amministrativa è il terreno su cui prosperano le tangenti». Stefano Lepri Beniamino Andreatta responsabile economico della de

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