Di Pietro-Armanini di Maria Corbi

Pi Pietro-Armcniini Pi Pietro-Armcniini «Un giorno in pretura» arriva Tangentopoli ROMA. Tangentopoli arriva a «Un giorno in pretura». Ieri sera alle 20,30 su Raitre i telespettatori hanno potuto vedere il «match» tra il giudice Di Pietro e l'ex consigliere comunale socialista del Comune di Milano, Walter Armanini, accusato di «concussione» per lo «scandalo dei cimiteri». La messa in onda del processo è stata in forse fino all'ultimo perché l'imputato, d'accordo per le riprese in un primo momento, aveva fatto ricorso al Tribunale civile di Roma per impedire che la trasmissione venisse vista da milioni di italiani. Il giudice, dopo un primo provvedimento con il quale disponeva l'oscuramento dell'immagine di Armanini, ieri ha dato via libera a Raitre respingendo il ricorso dell'ex consigliere. Così Armanini è apparso in televisione senza alcun tipo di copertura che gli celasse il volto. Visibilmente seccato ha respinto tutte le accuse cercando di non guardare mai in faccia il grande accusatore, suo e di tutta Tangentopoli, il giudice Di Pietro, pubblico ministero del processo. Di Pietro, con la toga che nascondeva un vestito scuro e una camicia azzurra appariva con qualche chilo in più del solito (effetto video?). Questa volta, per buona pace di Sgarbi, la sua posizione non sovrastava quella dell'imputato. Abolito il piedistallo, che tanto ha fatto arrabbiare il critico d'arte nell'altro processo di Di Pietro trasmesso da Raitre, il giudice sedeva su un banco regolare. Davanti alle telecamere sono sfilati i testimoni, tutti imprenditori, che hanno parlato delle tangenti versate ad Armanini per poter lavorare con le commesse del Comune di Milano. L'imputato e Di Pietro ascoltando le deposizioni sorridevano, di un sorriso amaro il primo, da vincitore il secondo. Tono sicuro, e atteggiamento disinvolto, Di Pietro ha incalzato con domande a raffica gli imprenditori coinvolti nello «scandalo cimitero». «Perché - ha chiesto al presidente della Ifg Tettamanti che ha ammesso di avere pagato ad Armanini 250 milioni perché un appalto andasse a buon fine - un imprenditore di fronte a una richiesta simile si determina a pagare?». «Per paura di avere poi problemi sul lavoro», ha risposto l'imprenditore a Di Pietro che dimostrata la sua tesi è passato ad altro argomento. Armanini, elegantemente vestito di grigio, interrogato dal suo avvocato ha difeso le sue tesi senza mai un attimo di incertezza. «I versamenti che mi sono stati fatti da questi signori - ha detto sono stati un contributo volontario per la campagna elettorale del '90». L'assessore non è stato creduto e, come è noto, si è preso una condanna a quattro anni e sei mesi. Ma il verdetto e il faccia a faccia tra Di Pietro e Armanini li vedremo lunedì prossimo nella seconda parte del programma. Maria Corbi

Luoghi citati: Comune Di Milano, Raitre, Roma