«Morandi non cantare gli occhi chiari» viva il micio di Clinton

Ex Jugoslavia odia gli altri come te stesso LETTERE AL GIORNALE «Morandi, non cantare gli occhi chiari»; viva il micio di Clinton L'Occidente è schiavo del bianco e del biondo Caro Occidente, basta con la cultura degli occhi chiari. Ultimamente tutti quanti abbiamo assistito a terribili episodi di violenza a sfondo razziale. E con le lacrime agli occhi ho accolto con sollievo la mobilitazione dell'opinione mondiale che diceva no al razzismo. Enormi manifestazioni, decreti leggi, condanne per arginare questo terribile male che è il razzismo. Ma non basteranno mai solo queste iniziative per sconfiggere il razzismo. Questi sono solo provvedimenti temporanei. Per sconfiggere quel male è necessaria una vera iniziativa culturale e sociale che cancelli i pregiudizi ed i luoghi comuni del pensiero occidentale. Quella cultura che da millenni insegna che solo il bianco, il biondo e gli occhi chiari sono sinonimo di perfezione e di bellezza. L'iniziativa di dire basta a questo tipo di cultura mi è venuta dopo aver sentito una canzone di Gianni Morandi che si chiama «Credo» ospite qualche sera fa a Notte Rock su Raidue. Una canzone piena di propositi positivi, una canzone che sembra voglia invogliare a credere. Ma purtroppo, fra i tanti credo della canzone c'è il credere agli occhi chiari. Una frase che ancora una volta vuole inneggiare, privilegiare il bianco e il chiaro. Caro Occidente non sarebbe l'ora di sradicare da questa società questi dannosi luoghi comuni? Alia Sharif, Torino Metti un batterio su spiagge inquinate Secondo un reportage del settimanale «Noi», i batteri marini delle Shetland hanno mangiato (sic!) gran parte delle 80 mila tonnellate di petrolio fuoriuscite dalla petroliera «Brauer». Lo slogan famoso «metti un tigre nel motore» cambierà ad uso e consumo dei gestori delle nostre spiagge inquinate: «c'è il batterio sulla spiaggia!» (cosa che, purtroppo, sappiamo... ma sono altri tipi di batteri!). Maurizio Fusco, Imperia Spesso gli animali sono migliori di noi Vorrei soffermarmi su due punti de La Stampa di oggi (di cui sono vecchia e affezionata lettrice: è il più bel giornale che si pubblichi in Italia!) 13 febbraio: dapprima, il breve, bellissimo articolo di Nico Orengo «Date anche a noi un'anatra da salvare». Nella melma in cui ci dibattiamo, in questo cupo mondo assediato da desolanti notizie guerre, genocidi, delitti, ruberie, stupri - l'anatra ferita e salvata con amore rappresenta realmente una ventata di aria «pura». Per contrappunto, la lettera di un lettore - il sig. Bernardo Sclerandi, di Roma - «sconvolto» per lo spazio dato al micio di Clinton. Perché? Anche il gatto è una creatura di Dio e può significare un bene, un sollievo, una fonte di amicizia e di gioia per il bimbo, per l'anziano solo e trascurato; può persino estremo caso - salvare un'intera famiglia dall'avvelenamento da ossido di carbonio, com'è già accaduto. Non disprezzate gli animali, vi prego, spesso sono molto migliori di noi. Maria Lopiano, Viareggio La Rai, Auschwitz e i libri scomparsi Nel gennaio dell'anno scorso prestai, su sua urgente richiesta, al sig. Sergio Stanghellini, responsabile della trasmissione «Mattina 2» della Rai, materiale documentario importante sul lager di Auschwitz (e cioè tre voluminosi album, venti rare foto e una videocassetta), per un servizio ch'egli voleva realizzare su quel lager nazista, materiale che detto Stanghellini mandò a ritirare a mezzo di un corriere Rai {pony, lo chiamano loro). Sono passati più di dodici mesi da allora e detto prezioso materiale, nonostante le mie insistenti richieste (decine e decine di telefonate), non mi è mai stato restituito. Persa, inevitabilmente, la pazienza, ho segnalato la cosa, con mia lettera raccomandata del 7 luglio, al dr. Pierguido Cavallina «Responsabile della III struttura * di programmazione di Raidue», il quale, in data 18 agosto, mi risponde che ha fatto avere una copia della mia raccomandata a Lionello De Sena, diretto reponsabile di quel programma e che «sarebbe stata comunque sua premura farmi sapere qualcosa al più presto». Sono trascorsi altri cinque mesi da allora e più nessuna notizia ho avuto in proposito. né mi ha risposto il presidente della Rai prof. W. Pedullà, che ho messo al corrente della vicenda con mia del 18 novembre u.s. E' dunque così che la nostra Rai, pubblico servizio per il quale versiamo un sostanzioso canone di abbonamento, contraccambia le cortesie che riceve! Giovanni Melodia Associazione Nazionale Ex Deportati Politici nei Campi Nazisti Sezione di Roma «Pensione, impazzisco nell'attesa» Sono un grande invalido di guerra, cieco totale in seguito ad una ferita provocata da una scheggia di granata scoppiata vicino a me il 26 settembre 1944. Nel corso degli anni si sono aggravate le molte altre infermità connesse alla cecità. Così nel 1982 ho presentato domanda di adeguamento della pensione, ma il comitato di liquidazione delle pensioni di guerra a Roma l'ha respinta. Ho quindi ripetuto la domanda, sempre corredata dai referti dell'Ospedale Militare di Bologna che confermavano i sopraggiunti aggravamenti, ma ho ricevuto ancora una risposta negativa. A questo punto mi è sorto il dubbio che nessuno si sia presa la briga di valutare veramente le mie condizioni e che anche lì ci siano le raccomandazioni, per non dire la corruzione. Ho richiesto una perizia medico legale e nel luglio del 1988 sono stato convocato a Roma dalla Commissione Superiore Medica, che ha accettato il mio ricorso. La mia pratica è tornata quindi per la terza volta al Comitato di Liquidazione e poi non ho saputo più nulla. In questi anni di esasperante attesa ho scritto lettere ai giornali, ho coinvolto l'Unione Ciechi di Guerra, ho scritto a uomi¬ ni politici; insomma ho fatto di tutto, senza tuttavia ottenere risposta. L'unico risultato, se così si può dire, è una lettera dell'Ufficio di Presidenza della Corte dei Conti, datata 28 novembre 1992, indirizzata ad un deputato, nella quale si comunica che la Procura Generale «ha acquisito gli atti e che provvederà all'emissione dell'atto conclusionale». Ma quando verrà fissata questa udienza? Mi chiedo se è umano questo modo di comportarsi. Nel frattempo io sto quasi impazzendo nell'attesa di conoscere se i miei diritti saranno finalmente riconosciuti. Temo che la burocrazia, così disumana, aspetti che io muoia per dichiarare risolto il mio caso. Edgardo Moretti Sarsina (Forlì) Che orrore «Cekia» e «Dominikania» Una supplica alla Stampa: basta con quel grafico raffigurante la neonata Repubblica Cèka, con scritto sopra: «Cekia - che orrore!». Era già capitato, al momento della scissione della Cecoslovacchia. Pazienza, avevo sperato che si trattasse di un errore nato nella confusione del momento. Ma perseverare nello stesso errore fa pensare all'ignoranza: «Cekia» infatti suona come «Dominikania» anziché Repubblica Dominicana. Se il disegnatore ha problemi di spazio, può sempre ricorrere al nome «Boemia» (come nel titolo: «Boemia, coprifuoco per lo smog» - 15/2/93) storicamente corretto. Per me, ex cecoslovacca ed ora boema, è già triste così ciò che hanno fatto alla mia Cecoslovacchia (per quanto non vi era altra soluzione). Quindi vorrei pregare La Stampa di chiamare almeno correttamente ciò che è rimasto della mia patria! Hana Holzelovà, Almese