Che delusione i soloni della scuola

Un po' di rispetto per Chiambretti; è ora di «capitalismo popolare» RISPONDE O.d.B. Che delusione i soloni della scuola GENTILE signor Fabiano, la sua dichiarazione di essere stato, a sua volta, insegnante, e per vent'anni preside di scuola media, di avere, insomma, seguito la scuola italiana in tutte le sue vicissitudini dal 1925 in avanti, conferisce valore alla sua confessione di passare ancora oggi da una delusione all'altra. «L'ultima», lei mi scrive, «consiste nel giudizio a lettere alfabetiche e soprattutto nel fatto che una commissione (con stipendio) ci abbia lavorato intorno due anni. E' possibile che i soloni imperversanti non abbiano ancora capito che i numeri, le lettere o i fagioli servono soltanto a valutare i ragazzi come contenitori e non dicono nulla circa il loro modo di vivere la scuola?». Lei riconosce qualche ragione a chi ha osservato Che dei sodella usione oni cuola che i giudizi in uso in questi ultimi anni non erano graditi agli insegnanti perché troppo faticosi e diffìcili da redigere, e aggiunge: «Quando ero in servizio attivo non ho perso l'occasione di proporre (senza ovviamente essere ascoltato) che l'orario scolastico dell'insegnante di scuola media fosse di trenta ore settimanali per diciotto lezioni in aula e dodici dedicate a tutto il resto; redazione dei giudizi, appunto, preparazione delle lezioni e, soprattutto, lezioni speciali fuori orario a coloro che ne avessero bisogno ad evitare la vergogna di certe lezioni private. Molti insegnanti pensano che la più importante delle loro funzioni sia quella di giudicare (sai che pacchia con le cinque lettere!). Ed è qui il caso di ricordare le scuole elementari, con la buffa invenzione delle tre o quattro maestre per classe. Nessuno dei prefati soloni ha capito che il colossale vantaggio della scuola primaria stava proprio nell'insegnante unico e nel rapporto personale con gli alunni, intenso ed affettuoso quasi quello dei genitori. Fare l'insegnante è un mestiere difficile». Gentile signor Fabiano ho lasciato tutto lo spazio a lei perché se lo meritava. Grazie per la collaborazione... Oreste del Buono Gentile sig. Del Buono, in passato le scrivevo più spesso, non tanto per essere pubblicato quanto per avere un buon punto di riferimento. Mi capisca: sono un pensionato più vecchio di lei, abito in un paesone di provincia. Ultimamente le ragioni di contestazione e protesta sono diventate tanto numerose da rendermi muto. Ma, questa volta, rieccomi a lei. Premetto che io ho passato fisicamente tutta la mia vita nella scuola e, da quando cominciai a parlare, mia madre maestra mi ebbe sempre accanto a sé, qualunque fosse la classe che le era stata assegnata... Fabio Fabiano, Cessato (Ve)

Persone citate: Del Buono, Fabio Fabiano, Oreste Del Buono