Ora basta con Platone il nostro futuro sono i presocratici

Vassilikós alle conferenze Ad Vassilikós alle conferenze Ad Ora basta con Platone il nostro futuro sono i presocratici ~^jn TORINO IL passato si ripresenta, il I presente decade, il ciclo si I rinnova. Come nelle antimi che cosmogonie, il mondo ritorna sui suoi passi, dopo 2500 anni finisce il tempo di Platone e si riaffacciano i presocratici. Banditore della nuova era, più libera e più poetica, è lo scrittore greco vassilis Vassilikós. «Il nostro avvenire: i presocratici» è il tema della conferenza che terrà oggi alle 17 al Teatro Alfieri per l'Associazione culturale italiana (prossimi incontri domani a Firenze, lunedì a Milano, martedì a Roma, mercoledì a Bari). «Esule volontario» a Parigi, dove riparò in seguito al golpe dei colonnelli, Vassilikós deve la sua fama internazionale a Z, il romanzo del '67 da cui è stato tratto il film di Costa Gavras sull'assassinio del deputato Lambrakis. Otto anni fa la rivelazione. Scrive un romanzo intitolato I presocratici e, come ci racconta, «è stata per me una gioia, mi ha fatto bene scoprirli e sognare con loro. Nel loro pensiero si trova tutto quello che viviamo noi adesso e quello che vivranno i nostri figli». Tanti segni fanno pensare a un imminente ritorno, a una baluginante immanenza. Analogie, suggestioni. Segni esteriori, forse, ma non privi di significato: «Dei presocratici abbiamo i frammenti: e la frammentarietà è la forma tipica della nostra cultura, la più vicina alla nostra sensibilità. Pensiamo a Joyce». Ma altre e più profonde sono le ragioni per cui, finito il dominio platonico, la filosofia presocratica è la più idonea per la nostra epoca. Vassilikós pensa alle intuizioni dei pensatori ellenici fioriti fra il VI e il V secolo a. C, cui soltanto lo scorrere dei secoli Vassilis Vassilik s avrebbe reso giustizia: «Alcmeone ha posto nel cervello il principio delle azioni, che Platone collocava nel cuore. Leucippo e Democrito hanno rivelato gli atomi, la realtà ultima della materia. E il principio dell'indeterminazione, fondamentale nella fisica dei quanti, è strettamente legato a quei presocratici, come Eraclito, che hanno proclamato il mobilismo universale, la trasformazione di tutte le cose in tutte le altre». Non sono soltanto straordinarie anticipazioni scientifiche: il loro significato filosofico va al di là, secondo Vassilikós, in direzione di realtà in cui le cose possono essere e non essere, e divenire incessantemente. «Da poco gli scienziati sono giunti alla medesima conclusione di quegli antichi pensatori: che possiamo capire tutto e non capire niente. Il primo astronauta che ha posato il piede sulla Luna, e ha esclamato "com'è bello!", si è espresso da presocratico. Anche Primo Levi ha detto qualche cosa di simile, quando ha scritto, nel Sistema periodico,che la chimica è la più grande poesia. Scienza e poesia insieme: quello che manca da Platone in poi». Prima c'era più libertà creativa, dice Vassilikós. Poi è venuto il terribile discepolo di Socrate con la sua pretesa di cacciare i poeti e gli artisti dalla città ideale. «Allora la filosofìa ha cominciato a occuparsi dell'organizzazione sociale: da Platone a Aristotele, giù giù fino a Marx e ai campi di concentramento. Meglio i presocratici che si occupavano del kósmos, più lontani dalla società ma più vicini all'uomo, a noi, al nuovo spirito che sta entrando nella nostra vita». Maurizio As satto Vassilis Vassilikós

Luoghi citati: Bari, Firenze, Milano, Parigi, Roma, Torino