«Paghiamo chi fa figli»

Cronache Proposta dell'Osservatorio del lavoro, ma i sociologi e le femministe bocciano il progetto «Paghiamo chi fa figli» «Un premio per il terzogenito ROMA. Un milione al mese per far tornare le cicogne. Contro la crisi delle nascite, la ricetta di Nino Galloni, direttore dell'Osservatorio sul mercato del lavoro, è un assegno alla donna che fa il terzo figlio: «In questa Italia che fa un bambino virgola tre per donna, i figli non sono un affare privato, ma un bene pubblico auspicabile». L'ultima provocazione di Galloni, lanciata dalle colonne dell'Avvenire di ieri, è di nuovo finita nel mirino delle critiche. Puntano il dito contro di lui sociologi e femministe, soltanto il movimento sociale applaude. Ma con qualche distinguo. Spiega l'onorevole Alessandra Mussolini: «Ho qualche dubbio: perché l'assegno al terzo figlio e non al primo? E poi lo Stato non può, con un semplice sussidio, dire: fate figli e scaricarsi ogni responsabilità. E' vero, anche mio nonno, il duce, offri un incentivo in denaro alle famiglie che facevano figli. Ma erano altri tempi, c'era una situazione diversa. Oggi le donne non fanno più figli per colpa del lavoro, pur di non rinunciare all'indipendenza sacrificano la maternità. Per questo noi donne missine da anni ci battiamo per un assegno alle casalinghe: così si salvaguarda la famiglia». Per Giampaolo Fabris, sociologo, l'idea di Galloni è «follia. Una proposta anacronistica, da Medioevo». E aggiunge: «E' vero che l'Italia, tra i Paesi più industria¬ lizzati, ha il tasso di natalità più basso in assoluto. Ed è altrettanto vero che si impongono correttivi. Ma proporre un assegno per fare figli si scontra contro tutti i trend culturali e sociali. Un modello terzomondista». Per Fabris occorre aiutare la donna offrendole più servizi: «Oggi gli asili nido funzionano male, il doposcuola in molte zone è sconosciuto. In altre parole, mancano le strutture che si facciano carico dei bambini. Qui bisogna intervenire, se si vuole aiutare la donna, non a fare più figli, ma ad avere una sua dignità, un suo ruolo, analogo a quello del compagno». La pensa così anche Galloni che nell'analisi che accompagna la sua ricerca scrive: «In più di vent'anni, a fronte dell'ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro, nulla, dagli orari delle scuole a quelli dei negozi, degli uffici e della stessa organizzazione dei servizi sociali è stato modificato per permettere anche alle donne che vogliono avere figli di lavorare. Oggi una ragazza abbastanza giovane di ceto medio-popolare, che abbia qualità da spendere sul mercato del lavoro, può puntare a una certa mobilità sociale, ma deve rinunciare a fare contemporaneamente la moglie e la madre di famiglia». Alla redazione di «Noi donne» se la sono letta con attenzione la ricerca di Galloni. E il giudizio non è lusinghiero. Dice Franca Foffati, direttrice del mensile che dedicherà all'argomento la copertina di marzo: «Ci è parsa confusa e poco attendibile. Ci sono dati in contraddizione tra loro e l'interpretazione è senza dubbio tendenziosa, molto ideologica». Quei dati dicono che 37 donne su cento sono pronte a fare le casalinghe a tempo pieno se lo Stato garantisce una sorta di retribuzione. E altre 44 su cento sarebbero disposte a lavorare meno o non più se per fare le mamme venissero pagate. «Noi - aggiunge la Foffati abbiamo voluto fare un sondaggio. Niente di scientifico, eppure il quadro che ne esce dal campione di interviste che abbiamo compiuto tra donne del Nord e del Sud impegnate in lavori neanche troppo gratificanti, ci pare molto reale: tutte hanno detto: a casa non ci torno. Perché il lavoro non è solo reddito. E' parte della vita di una donna». Pier Paolo Donati, ordinario di sociologia della famiglia all'Università di Bologna e autore di una ricerca dal titolo «Rapporto sulla famiglia in Italia» edita dal Cisf di Milano, sottolinea come l'Italia sia tra i pochi Paesi della Cee a non avere una politica della famiglia e della popolazione. E ne spiega le ragioni: «Negli ultimi dieci anni è diminuito l'aiuto dello Stato per le famiglie. Un esempio? Gli assegni famigliari che una volta venivano pagati a tutti, indipendemente dal reddito, oggi sono versati soltanto alle fasce più deboli». Occorre dunque cambiare politica. Ma non è quella dell'incentivazione alla fecondità la strada percorrere, secondo Donati: «Mi lascia perplesso dare assegni per uno specifico figlio. Meglio puntare su una maggior equità fiscale per le famiglie: {dunque, maggiori detrazioni fiscali e assegni famigliari proporzionali al numero di figli. E l'ultiy Jma Finanziaria, per la / / verità, ha compiuto un passo in questa direzione, ma soltanto il primo. Siamo ancora molto lontani dalla Francia, che destina il tre per cento del prodotto lordo nazionale alle famiglie e si permette di pagare alla madre un assegno mensile per l'educazione dei figli». Pier Paolo Luciano Giampaolo Fabris: meglio aiutare la donna con servizi più efficienti D'accordo solo il msi i» o Giampaolo meglio aiutcon servizi D'accordo svita di una dPier Paolosociologia dversità di Boricerca dal tfamiglia in IMilano, sotsia tra i ponon avere uglia e dellaspiega le rdieci anni è lo Stato perpio? Gli asuna volta vindipendemsono versapiù deboli».biare politidell'incentila strada penati: «Mi assegni perMeglio punequità fisc{dunque, msgny Jm/ / vpi Sopra Alessandra Mussolini, deputata del msi, a destra il sociologo Giampaolo Fabris

Luoghi citati: Francia, Italia, Medioevo, Milano, Roma