«Credi al vecchio Ron Devi ancora studiare»

MISSAGGIO «Credi al vecchio Ron Devi ancora studiare» MISSAGGIO AL PRESIDENTE LOS ANGELES ENO di un mese fa, il (nostro Paese ha dimostrato al mondo la forza del proprio sistema democratico grazie al pacifico trasferimento dei poteri presidenziali da un cittadino eletto a un altro e, incidentalmente, da un partito politico a un altro. Mentre non è un segreto che quel giorno avrei preferito uno scenario diverso, ho comunque il massimo rispetto per il nostro sistema costituzionale e mi piacerebbe sostenere il nostro nuovo Presidente. Avevo l'intenzione di evitare ogni commento sulla nuova amministrazione fino a quando avesse preso coscienza dei problemi e le sue linee politiche fossero risultate ben chiare. Sfortunatamente, le linee politiche stanno già diventando preoccupantemente chiare. E con le promesse della campagna elettorale che cadono come foglie d'autunno, non posso più trattenermi. «Innanzi tutto, dovremo aumentare le tasse alle persone che hanno fatto bene negli Anni 80», dice l'amministrazione Clinton. Ho sentito bene? Ho paura di sì. Credono davvero che quelli che hanno lavorato duro e con successo dovrebbero in qualche modo essere puniti per questo? Il successo negli Anni 80, o in qualsiasi altra epoca, è qualcosa per cui noi americani dovremmo provare imbarazzo? Se ripensassero agli Anni 80, scoprirebbero che l'America ha sperimentato il più lungo periodo di espansione economica in tempo di pace della sua storia. Capirebbero che l'America ha guidato il mondo fuori da una recessione economica globale e che la nostra economia è stata invidiata praticamente da tutte le altre nazioni. Vedrebbero che abbiamo creato circa 19 milioni di nuovi posti di lavoro per gli americani di tutte le fasce di reddito. E può scioccare che l'amministrazione Clinton scopra che la maggior parte dei profitti economici degli Anni 80 sia stata fatta da cittadini delle classi medie e basse. All'inizio di questa settimana, il presidente Clinton ha detto: «So che abbiamo imparato la dura lezione degli Anni 80». Non mi ero reso conto che fosse così difficile da imparare. La lezione fondamentale degli Anni 80 è che quando si riducono le tasse a tutti la gente è incentivata a lavorare di più e a investire per migliorare il proprio tenore di vita. Se la nuova amministrazione non vuole tornare indietro con lo sguardo fino agli Anni 80, forse potrà almeno ripensare all'estate del 1992. Il candidato Bill Clinton prometteva che, se fosse stato eletto, avrebbe ridotto le tasse alla classe media. Ora, a circa un mese dal suo insediamento, quella promessa di un taglio alle tasse è stata trasformata in un aumento delle imposte per i lavoratori della classe media. Durante la campagna elettorale Clinton aveva detto che avrebbe tassato solo i veri ricchi. La scorsa settimana ha identificato questa categoria con le persone che guadagnano 200 mila dollari l'anno. Lunedì il limite è sceso a 100 mila dollari e ora il «vero ricco» sembra essere chiunque guadagni 30 mila dollari l'anno. Siccome l'amministrazione aumenta le tasse a tutti, vorrebbe che ci consolassimo sapendo che altri le aumentano ancora di più. Sfortunatamente, questo tipo di «consolazione» non porta cibo sulle tavole dei lavoratori della classe media, non compra scarpe nuove per i loro figli, non rende più facile pagare il mutuo, non consente di mettere da parte dei risparmi. Il fatto è che ogni dollaro che i politici portano a Washington equivale a minor potere d'acquisto per l'americano medio e a un'opportunità in più concessa alla burocrazia per sperperare denaro. Dobbiamo guardare anche a un'altra questione: il programma sanitario di Clinton. Quasi certamente comporterà la proposta di nuove tasse, e c'è da scommettere che non riguarderanno solo i miliardari. Nel Medio Evo si credeva che gli alchimisti potessero trasformare i metalli vili in oro. Ora sembra che gli alchimisti dell'amministrazione Clinton vogliano trasformare uno smisurato aumento delle tasse in una crescita dell'economia. L'alchimia non ci riuscì allora e non ci riuscirà oggi. Le tasse non hanno mai promosso lo sviluppo economico. Anzi, nella maggior parte dei casi hanno portato ai più grandi rovesci economici. Il candidato Clinton si era descritto come un «nuovo democratico», facendo intendere che non ci sarebbe più stato spazio per il dogma «tassa e spendi» e che non ci sarebbero più stati conflitti sociali. Questa settimana, tuttavia, ha cominciato a ricordare un «vecchio democratico». Cioè il tipo che non capisce un fatto molto semplice: il problema non è che la gente è tassata troppo poco, ma che il governo spende troppo. Fino a quando il presidente Clinton e i liberali del Congresso tollereranno questo principio, temo che andremo incontro a una replica degli ultimi Anni 70. Ed è qualcosa di cui possiamo tutti fare a meno. Nessuno mette in discussione che l'enorme deficit di bilancio sia la principale minaccia per la sicurezza economica del Paese. Ma ricordiamoci che i deficit sono causati dalle spese. E la Costituzione concede solo al Congresso la facoltà di spendere. Per oltre 4 decenni il partito democratico ha controllato la Camera dei rappresentanti. La soluzione al deficit non è chiedere ai lavoratori di «sacrificarsi» ancora di più. E' chi controlla il Congresso che deve dimostrare qualche freno e «sacrificare» alcune dema¬ gogiche decisioni di spesa del denaro pubblico. Soltanto quando l'amministrazione Clinton e il Congresso dimostreranno la volontà di mettere un freno alle spese federali riusciranno a riportare il deficit sotto controllo. Sono lusingato che il presidente Clinton ammetta di prendere spunto dal mio sistema di comunicazione, ma vorrei che lo usasse per proporre un programma di sviluppo, e non la fallimentare politica liberale del passato. Dal momento che si stanno manifestando segnali di ripresa economica, signor Presidente, per favore, non li sprechi. Posso offrirle il consiglio di Ibn Khaldun, uno storico arabo del XIV secolo. Disse: «All'inizio dell'impero, il livello delle tasse era basso e i redditi erano alti. Alla fine dell'impero, le tasse erano alte e i redditi bassi». No, non ho conosciuto personalmente Ibn Khaldun, ma possiamo aver avuto alcuni amici in comune. Ronald Reagan Copyright «New York Times» e per l'Italia «La Stampa» L'ex presidente Ronald Reagan

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