Niente rimpasto difficoltà per Amato di Alberto RapisardaRenato Altissimo

Spadolini e Napolitano riuniti al Quirinale con Scalfaro, parola d'ordine «fare in fretta» Spadolini e Napolitano riuniti al Quirinale con Scalfaro, parola d'ordine «fare in fretta» Niente rimpasto, difficoltà per Amato / referendum forse anticipati al 18 aprile ROMA. Scalfaro, Spadolini e Napolitano riuniti al Quirinale come tre medici a consulto al capezzale di un malato che non migliora ma neanche peggiora al punto da farne prevedere un decesso imminente. Il malato è il governo di Giuliano Amato al quale la de (e ora anche il pli) nega la cura ricostituente del «rimpasto» disperatamente chiesta dal presidente del Consiglio, ma nega anche l'estremo gesto di favorirne la caduta per far nascere qualcosa di nuovo e più robusto. «Le incertezze pesano» ha confessato amareggiato il capo del governo. L'ottismo non è «non guardare la realtà» ha fatto eco a distanza Scalfaro, ma guardarla «nel modo più crudo» e sentire che c'è sempre spazio «per rimboccarsi le maniche». E' una situazione di paralisi che preoccupa il modo serio il Capo dello Stato per l'immagine di impotenza che rischia di proiettare all'interno ed anche all'estero, con la conseguente sfiducia che sta nuovamente martellando la nostra moneta. Proprio ieri il settimanale inglese The Economist ha dedicato all'Italia il suo editoriale dal titolo: «Rivoluzione in corso in Italia... nel cuore dell'Europa occidentale». E scriveva che «un intero ordine politico sta crollando. E' solo questione di tempo». D'altra parte, al Quirinale ci si rende conto che una crisi oggi non potrebbe che aggravare questa situazione di sfiducia. Il tempo sta diventando l'ossessione delle massime cariche dello Stato, questa sorta di «trinità» (Presidente della Repubblica e presidenti di Camera e Senato) sulle cui spalle grava il peso di trovare vie di uscita lì dove nessuno le intravede. Dal consulto di ieri sarebbero emerse soluzioni improntate alla fretta. Le votazioni sui referendum potrebbero, così, tenersi al più presto, forse già la prima domenica programmabile, che è il 18 aprile. Data storica che, dopo 45 anni, potrebbe ricadere in una domenica elet¬ torale. Il ragionamento implicito che potrebbe stare dietro l'anticipazione dei referendum sarebbe che il Parlamento potrebbe essere spinto ad approvare più rapidamente la riforma elettorale sotto la pressione del risultato del voto popolare. Nel frattempo, il governo attuale rimarrebbe al suo posto, mentre ricadrebbe sulle spalle delle Camere l'onere di far vedere al Paese in modo chiaro e convincente che si è capita la lezione di «Tangentopoli» e che vi si vuole mettere rimedio, senza sotterfugi. Si intravedono le elezioni anticipate ad ottobre-novembre? I parlamentari cominciano a temerlo e si agitano. Una cinquantina di deputati di de, pds e psi ieri hanno dato l'allarme. No alle elezioni anche da parte del segretario socialista Benvenuto. La segreteria del pds ne ha discusso, rilevando che esiste il rischio che si arrivi alle elezioni anche senza avere approvato prima la riforma elettorale ma che il partito, comunque, non le deve temere. Questo allarme dev'essere stato percepito anche al Quirinale. «Nessuno più di Scalfaro è rispettoso dell'autonomia del Parlamento. Scalfaro a tutto pensa fuorché a porre termini alle decisioni delle Camere» ga¬ rantisce Napolitano. E Spadolini aggiunge che «non si può perdere un minuto (nelle decisioni che deve prendere il Parlamento) senza compromettere il residuo circuito, non diciamo di fiducia, ma semplicemente di scambio fra classe politica e popolo». C'è il senso della tragedia incombente in questa parole. Esiste una «terza via» tra la conservazione del governo Amato come è e una chimerica maggioranza che comprenda anche pds e pri? «Questo dipenderà dal travaglio delle forze politiche e dalle stesse indicazioni parlamentari» risponde il presidente del Senato. Indica¬ zioni che potrebbero arrivare dal dibattito sul governo che si tiene oggi a Palazzo Madama. C'è grande attesa per quel che dirà il segretario della de, Martinazzoli. Di «terza via» parla Occhetto, che ieri ha ripetuto che il pds può andare al governo solo dopo il responso elettorale, ma che si potrebbe anche formare un «governo che gestisca la transizione per poi andare alle elezioni», formato non da tecnici ma da «personalità competenti non espressione diretta dei vertici dei partiti». E' uno spiraglio per il dopo-referendum? Alberto Rapisarda Da sinistra il presidente Scalfaro e il segretario pli Renato Altissimo

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