Quei «portaborse» orfani di Bettino di Filippo Ceccarelli
Quei «portaborse» orfani di Bettino RETROSCENA IL DECLINO DELLA CORTE Quei «portaborse» orfani di Bettino Una volta potentissimi, ora si mimetizzano SROMA ERENELLA, una macchia bionda nei congressi. Daniela: elegante, filiforme davanti a video colorati. E l'allegria sboccata di Cornelio Brandini, quel suo stare sempre un passo avanti o indietro rispetto a Bettino. E ancora: le manone di Nicola Mansi, guardia del corpo e più; i clic di Umberto Cicconi, il fotografo personale divenuto parente; gli occhialini gramsciani di Giallombardo, ennesimo segretario, che facevano tanto intellettuale. E invece, quand'era rilassato, faceva, nel senso che imitava il primissimo Alberto Sordi - «Combrendi l'imbortanza?» - quell'altro assistente di Craxi. Che si chiamava, anzi si chiama Beppe Scanni e che si poteva incontrare pure al 34° piano del palazzo dell'Orni... I più vicini a Bettino. E adesso, nei giorni amari della defenestrazione, vien fuori quasi da solo un tono immalinconito, una specie di nostalgico «come erai vate», uno Spoon River dello staff craxiano in senso allargato, eppure presente in una sfera particolarissima della politica, là dove quest'ultima, per forza di cose, si va a mescolare con il privato e il suo aggravio di rapporti, sentimenti, problemi, malanni. Ognuno al suo posto, nei ricordi. Serenella Carloni potentissima negli anni di Palazzo Chigi: «Senti, presidente...». E prima ancora Daniela Scarso, responsabile dell'immagine televisiva, romana eppure così diversa dalle altre segretarie di via del Corso, anche lei alla conquista del partito. Prima ancora del Midas. Figure femminili che scivolavano via, senza permessi, nelle zone proibite ai giornalisti, dietro porte che si aprivano per un attimo, dentro macchine di servizio che non aspettavano nessuno se non lui, Bettino. Brandini, in viaggio, curioso di bancarelle, raccontava episodi trucibaldi e aveva l'aria di chi, con Bettino, si poteva permettere cose che gli altri neanche a pensarle. Se ne è andato ormai da quasi tre anni, Cornelio, e nessuno ha mai capito bene perché. Copriva il versante artistico, cinematografico, collezionistico e milanese del craxismo. Ha raccontato che se ne andava anche perché si era sposato (e la cosa non è che suoni proprio rassicurante). Adesso, senza incarichi ma vicinissimo a Bettino, c'è un attore-regista-architetto a nome Ettore Pasculli. Tempi duri comunque per lo staff, vecchio e nuovo. E brutti giorni per gli accompagnatori fissi. All'assemblea nazionale scenetta ai limiti del nonsense è stato fotografato il fotografo Cicconi. Anche lui, per via di certi acquisti immobiliari a Radicofani, paese del bandito, ha assaggiato articoletti un po' pepati. Mentre nell'ormai abituale sarabanda cronistica davanti al Raphael, per una volta o due l'autista Nicola, che pure è buono, stava davvero per perdere la pazienza. E finisce inevitabilmente per riflettersi anche su questa cerchia di personaggi la grandinata senza fine di Tangentopoli, la terribile crisi politica ed esistenziale del craxismo. Quella confusione tra quattrini di partito e personali e familiari; quella con¬ tabilità estero-estero ed esterointerno: insomma, fino a qualche mese fa il peggio che poteva capitare a Giallombardo, quello con gli occhialini che aveva sostituito Brandini, era che lo presentassero come «portaborse» o, in maniera più originale, come «damo di compagnia». Ecco invece che adesso te lo scoprono, per dire, presidente di banche d'affari in Lussemburgo, la «Merchant Europa Lux», la «Merchant International Lux» (e tra parentesi è un po' strano questo socialista che ha a che fare con tutte queste «Merchant», in Lussemburgo, poi). Il punto è che sono interessanti ed anche istruttive da vedere, a debita distanza, le monarchie che crollano, le fini d'epoca. Ma non sono belle da vivere, soprattutto per chi nel monarca ha investito passione ed energia e magari, per quella sua a volte anche scomoda vicinanza, ha ricevuto in cambio invidia e benefici, responsabilità gravose e piccoli momenti di onnipotenza. E' quel che si capisce leggendo l'intervista di Brandini all'Espresso. Intervista più umana e personale che politica. Parole che confermano il segreto, un segreto custodito straordinariamente bene per i costumi politici italiani, e il mistero di quale sia il saldo finale tra Bettino e Cornelio. Chi dei due, in altre parole, debba qualcosa all'altro; chi abbia lasciato chi. E perfino la memoria ha piallato questa fine di leader. La storia raccontata con semplicità, senza l'enfasi di un tempo: «Intanto, Bettino, io e la Enza Tommaselli ci trasferimmo in piazza Duomo 19...». Filippo Ceccarelli E Giallombardo si ricicla presidente di banche all'estero L'hotel Raphael «quartier generale» di Bettino Craxi Cornelio Brandini «braccio destro» di Craxi fino a tre anni fa
Luoghi citati: Europa, Lussemburgo, Radicofani
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