Scarcerato l'amico dell'ucciso

Il giudice non ritiene sufficienti gli indizi raccolti dalla polizia contro Padovan Il giudice non ritiene sufficienti gli indizi raccolti dalla polizia contro Padovan Scarcerato l'amico dell'ucciso Sentito per 4 ore riesce a convincere il magistrato: «Perché in questura nessuno mi credeva?» Lascia in lacrime le Vallette: «Mi hanno privato della libertà per giorni, una storia terribile» E' tornato libero ieri sera. Erano le 19,40. Flavio Padovan è uscito dalle Vallette con gli occhi pieni di lacrime: «E' stata una esperienza terribile». Lo avevano accusato di aver ucciso l'amico e convivente Mario Giuseppe Giaccone, 63 anni, consulente finanziario. «Non è vero, credo di averlo ripetuto 72 volte, l'ho anche gridato. Ma nessuno mi credeva». Ieri ha ripetuto la sua innocenza davanti al giudice delle indagini preliminari Alberto Oggè. Ancora quattro ore di difficili domande. Le sue parole hanno convinto il magistrato che non ha convalidato il fermo per omicidio emesso dal pm Tamponi. Padovan ha potuto lasciare il carcere. «Mi hanno privato della libertà per quattro giorni». La polizia lo aveva fermato «per collaborare alle indagini, come testimone importante», sabato mattina. Quando nell'ufficio di via San Francesco d'Assisi, quattro passi dal palazzo comunale, era stato trovato il corpo di Mario Giuseppe Giaccone. Ventiquat- tro ore dopo era già fermato per l'omicidio. A dare l'allarme, quel mattino, era stato proprio lui, Padovan. Ora racconta: «Ero uscito dal nostro ufficio al Terminal di corso Inghilterra verso le 21,30, assieme a Benito Arcidiaco». E' l'altro socio. Che conferma: «E' vero, era appena partito l'ultimo pullman». Ancora Flavio Padovan: «Sono andato a casa, in via Foà». Da una quindicina di anni viveva con Giaccone. «L'ho aspettato per cena, sapevo che poteva tardare». Giaccone era andato in via San Francesco d'Assisi, dove c'è un suo studio di consulenza finanziaria e commerciale. «Ho acceso la tv, ho mangiato qualcosa». Alle 23,30 Padovan ha telefonato a Benito Arcidiaco: «Non ho ancora visto Mario, è passato da te?». Risposta negativa: «Tarderà, ciao». A questo punto si inserisce la testimonianza di Arcidiaco: «Flavio mi ha richiamato all'una. Era preoccupato, mi ha detto di andare subito in via San Francesco d'Assisi. Dalla strada aveva visto le luci dell'ufficio accese, aveva suonato al campanello, ma Mario non apriva. Sono corso, siamo saliti. Era steso a terra, la maglietta e la camicia intrise di sangue». Per la polizia tutta una messinscena. Per mascherare il delitto. Padovan aveva ucciso questa era la tesi dell'accusa per motivi di interesse. Una settimana prima aveva litigato con Giaccone per dei chiosci di bibite e panini che dovevano aprire in corso Bolzano e via Bologna. Ma gli elementi raccolti non hanno convinto il giudice. Anche l'alibi ha trovato conferme. I difensori, Gianpaolo Zancan e Claudio Papotti, dicono: «Padovan ha sempre respinto ogni accusa con estrema lucidità». Lui mormora: «Non capisco, mi dicevano di confessare, di dire la verità. E io dicevo il vero, ma nessuno mi voleva credere». Ezio Mascarino Flavio Padovan amico e convivente del consulente finanziario assassinato appena uscito dal carcere «L'ho detto l'ho gridato che non ero io l'assassino ma nessuno mi ha creduto»

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