Se la discriminazione viene dallo Stato di Sergio Romano

Se la discriminazione viene dallo Sialo La conferenza di Sergio Romano ha concluso ieri i «Martedì sera» dell'Unione Industriale Se la discriminazione viene dallo Sialo Antisemitismo, xenofobia, razzismo: nella storia la chiave di lettura Tutto esaurito ieri per l'ultimo appuntamento con i «Martedì sera» organizzati dall'Unione Indugiale in collaborazione con La Stampa e Sai. Il professor Sergio Romano, già ambasciatore italiano a Mosca, editorialista, ha parlato di «Razzismo, antisemitismo e xenofobia in Europa oggi». Platea affollata per un tema che coinvolge anche l'Italia, con circa 700 mila extracomunitari residenti, e Torino che, con la provincia, conta poco meno di 30 mila presenze straniere. Numeri reali? «Sono ufficiali, prendiamoli per buoni», dice il professor Romano, e subito aggiunge che il fenòmeno riguarda il nostro Paese in misura minore rispetto ad altre nazioni europee. Cita la Francia, con 4 milioni e 500 mila extracomunitari residenti, e la Germania con 5 milioni, e racconta che secondo un rapporto di Amnesty International la discriniinazione viene in larga misura dalle pubbliche amministrazioni: sarebbero gli Stati a discriminare. La «classifica» vede la Germania al primo posto, al secondo Francia, Spagna, Inghilterra e Italia. Professore, l'Italia insomma è razzista o no? «Dirla così, come se il razzismo fosse un dato del Dna, mi sembra semplificatorio. L'Italia vive gli stessi problemi di altri Paesi occidentali "minacciati" da comunità "aliene"». Comunità? «Sì. Se prima gli stranieri bussavano alla porta di uno Stato e chiedevano di diventarne cittadini, oggi l'immigrazione è comunitaria e chiede il rispetto culturale. Esempio, la storia di quel padre che s'era rivolto al servizio sanitario francese per l'infibulazione della figlia. Non siamo più di fronte a individui, ma a comunità in aperto dissidio culturale con le comunità "ospitanti"». Il fenomeno della discriminazione in passato ha riguardato gli emigranti italiani. Razzismo, antisemitismo e xenofobia sono «temi diversi», ma riconducibili tutti al problema delle grandi emigrazioni storiche dalla fine dell'800. Il professor Romano ricorda i moti di New Orleans del 1880, quando un gruppo di italiani assolto dai giudici dall'accusa di omicidio fu linciato dalla folla, o il massacro alle saline di Aigues-Mortes, Francia del Sud, in cui 50 lavoratori italiani morirono e 150 rimasero feriti nell'agosto 1893. In «movimento» gli italiani sono stati fino agli Anni 60. Poi, con i Settanta, sono magrebini e africani ad apparire sui mercati del lavoro. E se allora l'emigrazione era collegata al bisogno di manodopera di certi Paesi, con gli Anni 80 l'immigrazione va di pari passo con la disoccupazione. Che c'entra con tutto questo l'antisemitismo, l'intolleranza verso gli ebrei? «Quando si scatena l'ostilità verso le comunità aliene, gli ebrei diventano una metafora. Ma sono pochi gli ebrei, oggi, in Europa occidentale. E allora li vanno a cercare nei cimiteri: le loro tombe diventano luoghi simbolici della caccia a una comunità. Come dicevamo, razzismo, antisemitismo e xenofobia sono fenomeni diversi per i quali si può utilizzare la stessa chiave di lettura». [e. fer.] Sergio Romano ai «Martedì sera»

Persone citate: Esempio, Sergio Romano