Le verità e le promesse di Bergkamp di Marco Ansaldo

Dennis e Jonk spiegano perché non hanno timore di fallire il prossimo anno in Italia Dennis e Jonk spiegano perché non hanno timore di fallire il prossimo anno in Italia Le verità e le promesse di Bergkamp «La prima offerta di Pellegrini è arrivata 15 giorni fa Ai gol penso io: da voi, nessun olandese ha mai fallito» AMSTERDAM DAL NOSTRO INVIATO Il primo atto di Bergkamp l'interista è ima smentita ingenua a Pellegrini, l'uomo che per i prossimi tre anni gli arricchirà il conto in banca. «Dice che la trattativa per comprarmi durava da dodici mesi? Questa mi è nuova. Io so che si è proposto a febbraio, ma di quest'anno», sostiene Dennis il biondo, ancora a disagio nella girandola che gli è passata sulla testa. Vabbè, un dettaglio. Nel momento del trionfo al presidente dell'Inter si può concedere questa piccola bugia, oltre a quella sulle cifre dell'operazione che qui dicono molto più onerosa: una cinquantina di miliardi tutto compreso. Tanto la storia vera non la sapremo mai. Da un lato ci sarà sempre la Juve a coprirsi con la storia dei ricatti inaccettabili, dall'altra gli olandesi ad affermare la correttezza di una trattativa tirata troppo in lungo dalla Signora. «Gli chiedevamo sempre che razza di squadra volesse fare con Saggio, Vialli, Casiraghi, Moeller e Dennis - svelano nel clan di Bergkamp -. Temevamo che finisse per snaturare il proprio gioco. Ma l'unica cosa che Boniperti ci continuava a dire era di stare tranquilli e lasciar fare a loro. Troppo poco». L'Inter si è inserita in questa crepa di incomprensione. Dieci giorni fa, parlandogli di Jonk, il procuratore Jansen lanciò a Pellegrini un primo segnale per Bergkamp: «La Juve ci sta stancando, troppe indecisioni». Giovedì scorso il primo contatto serio, venerdì notte la firma con l'impegno a non lasciar trapelare nulla fino alla partita dell'Ajax con l'Eindhoven. «Ormai è acqua passata - glissa Dennis il biondo -. Non voglio parlare negativamente della Juve, ma l'Inter mi ha promesso certe cose anche sul piano tattico. Lo so, potrei incontrare la Juve in Uefa, ma non sarebbe un'avversaria diversa dalle altre. Ormai non me ne importa più nulla». La prima intervista ad uso dell'Italia si consuma nella sala stampa dello stadio dell'Ajax: ad agosto cominceranno a costruire quello nuovo, da 50 mila posti, «anche grazie ai soldi delle cessioni», ci spiegano. Bergkamp è distaccato, svagato, tendenzialmente freddino. Non ha l'aria di uno che ha appena svoltato nella vita. Dà risposte brevi, come pure Jonk, 26 anni, di Volendam, un posto dove la gente gira ancora in costume e parla una lingua tutta sua. «Ci hanno assicurato che l'impostazione tattica dell'Inter, almeno per noi due, sarà la stessa dell'Ajax - dice Bergkamp -. Noi di solito abbiamo tre attaccanti e io sto dietro a quello più centrale: vedo che l'Inter attuale usa due punte, ma non è un problema. Si può cambiare. L'importante è che io giochi da attaccante arretrato». Questa garanzia del posto, anzi addirittura della posizione in campo, non vi sembra eccessiva? Non rischiate di creare subito un conflitto con il resto della squadra, come successe a Matthaeus e ai tedeschi? «Ecco, appunto. Loro erano tedeschi, noi siamo olandesi. Un'altra cosa. E la garanzia del posto non ce la dà il contratto, ma il fatto che non avrebbero speso tanto per mandarci in tribuna». Invece succede a molti stranieri. Trapattoni dice che voi tutti vi accorgerete di cos'è il calcio in Italia. «Primo: siamo due giocatori internazionali - replica Bergkamp -. Secondo: nessun olandese ha fallito da voi e solo Van't Schip è in difficoltà. Quanto ai gol cercherò di segnarne più che posso, però senza farmene un problema». Eppure è sul numero di gol che sarà giudicato. «Non importa, succede anche qui». Con una pressione diversa però. «L'importante è non lasciarsi travolgere dagli avvenimenti: qui ho dieci richieste di interviste a settimana e ne rifiuto otto. In Italia ne avrò trenta e ne rifiuterò ventotto». Cosa sapete dell'Inter? «Le abbiamo giocato contro in torneo a Catanzaro - risponde Jonk - e la seguiamo in tv. L'importante sarà conoscere i suoi giocatori per cosa danno in campo». «S eh iliaci ad esempio lo ricordo per cosa ho visto in televisione - interviene Bergkamp - e può essere diverso dal vivo. Meglio non dare giudizi. Dei nuovi compagni già conosco Jonk e questo per ora mi basta». Bè, almeno Bagnoli l'avete visto l'anno scorso con il Genoa. «La cosa che ci impressionò furono i suoi giudizi positivi sull'Ajax. Segno che questo gioco gli piace. Per farlo però bisogna anche avere gli uomini giusti e il Genoa non li aveva». L'Inter li avrà? «Vedremo. E' una buona squadra e pensiamo di riuscire a lanciarla davanti a tutti. Se non avessimo avuto questa speranza non l'avremmo scelta». E cosa vi ha detto Van Basten quando ha saputo che eravate dell'Inter, lui che aveva garantito Bergkamp alla Juventus? «Nulla, non ci ha chiamati e neppure Rijkaard e Gullit. Del resto non abbiamo mai chiesto un consiglio a loro, per decidere se accettare o no l'Italia. Saremo rivali. Il Milan ha una squadra forte in difesa, quasi tutti sono fuoriclasse e 55 partite senza perdere un incontro sono un traguardo quasi incredibile. Però, anche loro vanno in campo in undici. Come ci andremo noi dell'Inter. Perché non potremmo batterli?». Marco Ansaldo «Perché non potremo battere pure il Milan? L'importante è saper reggere alla pressione e concedere soltanto poche interviste» Bergkamp (fianco) conosce Bagnoli (sotto, a sinistra) mentre ha visto Schillaci (destra) solo in tv

Luoghi citati: Amsterdam, Catanzaro, Italia