«Mai più un'altra Enimont»
Porta ristruttura Enichem ed esclude contatti con Montedison Porta ristruttura Enichem ed esclude contatti con Montedison «Mai più un'altra Enimont» 77 ministro dell'Industria: 10 mila miliardi per la chimica Intanto il gruppo pubblico ha ridotto il fatturato del 7% MILANO. Tutti al capezzale della chimica. Ognuno con le proprie idee. Diverse. Da Roma, dal convegno che ripropone l'interrogativo degli ultimi trent'anni «Quale chimica per l'Italia?», il ministro dell'Industria Giuseppe Guarino lancia il suo ultimatum. «Se non si mette mano presto alla disastrosa situazione finanziaria delle aziende del settore - fa sapere - l'Italia diventerà solo un grande mercato per le aziende estere». Insomma, spiega Guarino, se ha un senso che continui a esistere in futuro una chimica tricolore non si può perdere altro tempo: «Bisogna trovare 10 mila miliardi per finanziare le aziende e dovranno essere reperiti all'interno del sistema delle parte- cipazioni statali visto che non si può certo contare sul Tesoro». Vero, è la risposta indiretta di Giorgio Porta, presidente dell'Enichem, baluardo numero uno della chimica pubblica, che a Milano, ottocento chilometri più a Nord, spiega l'ultimo maquillage in casa Enichem: la fusione di dieci società controllate in quella che adesso è una capogruppo industriale e il rimpiazzo di quattro consiglieri. Soldi, soldi, soldi. Batte cassa la chimica. Ma dove, come e quando trovare i 1 Ornila miliardi di cui parla Guarino? Dove trovare i soldi che Porta, anticipando i dati di un anno nero per la chimica mondiale che si è riflesso in tutto e per tutto, anzi peggio, su Enichem (limila miliardi di fatturato '92, il 7% in meno del '91, 700 miliardi di margine operativo lordo), vorrebbe tanto che l'azionista Eni scucisse? «Partiamo ogni anno con mille miliardi di zavorra rispetto ai nostri concorrenti a causa degli ammortamenti che pesano il 2% sul fatturato e degli oneri finanziari che pesano per un 6%», spiega Porta: se l'Eni mettesse i quattrini per tagliare gli ammortamenti e tagliare quei maledetti oneri, per Enichem sarebbe un'altra gara. Già, ma dove batter cassa? Guarino, il ministro che sta preparando il piano industriale di riassetto della chimica che il governo gli ha chiesto entro la fine di marzo, prende tempo. Il suo è un obiettivo da far tremare i polsi, in tanti negli ultimi anni ci hanno provato e riprovato a metter ordine tra le provette e gli esiti sono noti, compresi quelli che ora riempiono le cronache di Tangentopoli capitolo Enimont. Un disastro. Qualcosa si dovrà pur fare, ammette il ministro, cominciando dal razionalizzare i siti produttivi che sono troppi. Ritentando vecchie collaborazioni, vecchi accordi tra pubblico-privato, tra Enichem e Montedison? No, su questo Guarino è deciso, Enimont due non s'ha da fare: «Non si possono aggregare unità produttive come è stato fatto finora». Un riassetto all'interno delle partecipazioni statali: questa la ricetta di Guarino. Sarà la via scelta dal governo? Oppure toccherà alle aziende, ai gruppi, scegliere per¬ corsi e alleanze proprie? Porta, a modo suo, con cautela ed evitando ogni polemica con l'Eni e col Tesoro, una via autonoma alla chimica per Enimont la rivendica. «Il gruppo - spiega - ha avviato un proprio processo di riorganizzazione, con la fusione delle 10 società risparmierà 200 miliardi, le trattative con la Bp vanno avanti e ci siamo posti come scadenza aprile». E quanto a un'alleanza bis con Montedison bocciata da Guarino perché no? Taglia corto Porta: «Non abbiamo preclusioni, si può fare di tutto, trovare nuovi partner in Borsa, nel sistema bancario, tra i gruppi finanziari». Quale via verrà scelta per passare dalle parole ai fatti? Ai posteri l'ardua sentenza. [a. z.] Giorgio Porta
Persone citate: Batte, Giorgio Porta, Giuseppe Guarino, Soldi
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