«La vera nobiltà è italiana »

Tutto tricolore l'albo d'oro dell'aristocrazia industriale Tutto tricolore l'albo d'oro dell'aristocrazia industriale «La vera nobiltà è italiana » Aminoti sul mercato dal 1385, dal 1526 le armi dei Beretta Solo un monaco giapponese nell'elenco dei primi cinque L'aristocrazia industriale del Vecchio Continente parla italiano. Sono poco più di un paio di dozzine le famiglie che àncora oggi gestiscono società fondate dai loro avi almeno trecento anni fa. E la gran parte ha fatto i primi passi, si è consolidata nei secoli e prospera nella Penisola. Il Gotha mondiale dell'economia contempla undici nomi italiani, otto francesi, due spagnoli, due giapponesi, uno tedesco e uno norvegese. E non basta: dei primi cinque posti, per gradi di nobiltà, al nostro Paese ne spettano quattro. Solo gli albergatori giapponesi della Hoshi Hotel hanno radici più profonde: si sono succedute quarantasei generazioni da quando un monaco buddista fondò, nel 718 dopo Cristo, il primo ostello vicino ad una sorgente di acque calde. Oggi l'impresa nipponica gestisce almeno cento stanze con utili tutt'altro che disprezzabili. Tolto il Sol Levante, comunque, l'albo d'oro è tutto all'insegna del tricolore. Dal 1385 la famiglia Antinori produce il suo vino esportato in tutto il mondo. Ottant'anni dopo nasceva la Borovier & Toso per lavorare vetri a Murano. Del 1480 è l'atto di nascita della Cosulich Armatori, sempre all'ombra della Serenissima. Mentre Pietro Beretta cominciava a modellare archibugi, sotto le Alpi, nel 1526. Per incontrare, nell'elenco, le altre imprese italiane, occorre poi fare un salto di almeno un secolo e mezzo. La Cartiera Mantovana, che produce imballaggi, è stata fondata nel 1680. Le altre sono figlie del secolo dei Lumi. Sono nomi più o meno noti, ma tutti con provati quarti di nobiltà economica. La grappa Nardini è distillata a Bassano del Grappa dal 1779; ,la .Silca fonde chiavi a Vittorio Veneto dal 1770; la Confetti Mario Pelino sforna dolci a Sulmona con lo stesso metodo artigianale dal 1783: ancora oggi i cuochi impiegano quattro giorni per ottenere la glassa «brevettata» dal fondatore. Del 1733 è poi l'atto di nascita della F.Ili Piacenza (Biella), del 1757 quello del Lanificio Conte. Sicuramente altre società di mezzo mondo vantano tradizioni altrettanto se non più antiche, ma per accedere a «The Henokians», il club esilisi vissimo fondato a Parigi nel 1981 dai discendenti della Marie Brizard & Roger International che garantisce sul pedigree degli iscritti, le regole sono severissime. Le imprese, infatti, devono essere ancora controllate dagli eredi del fondatore. E non basta: è necessa- rio che, tra gli amministratori della società, i membri della famiglia abbiano un ruolo determinante. Ultima condizione - non certo di poca importanza, anzi probabilmente il filtro più severo - è che i bilanci dell'impresa e la situazione finanziaria siano più che floridi. Insomma, nobili sì ma anche ricchi. Solo gli inglesi non fanno parte del gioco, preferiscono gestirsi un albo in proprio, il «Tercentenarians' Club», i cui criteri di accesso non sono però altrettanto severi. E così, con qualche macchia, accettano, come capostipite della loro migliore nobiltà societaria, un'impresa fondata nel 1136, la Aberdeen Harbour Board che cominciò a varare navi per concessione del re Davide I di Scozia. Nel Gotha inglese si incontra poi un buco di quattrocento anni, fino a quando fanno capolino la casa editrice dell'Università di Cambridge, che cominciò a stampare testi scientifici e filosofici nel 1534, e quella di Oxford, i cui torchi hanno cominciato a lavorare nel 1586. Ma, ovviamente, non trattandosi di dinastie, nessun filtro è più rispettato. Sarà forse per questo complesso di inferiorità nobiliare del Regno Unito nei confronti delle due Repubbliche del continente, l'Italia e la Francia, che il «Financial Times» ha liquidato il responso di «The Henokians» come un sintomo di arretratezza economica: «Questo predominio riflette il relativo sottosviluppo del mercato dei capitali in quei due Paesi, dove le famiglie possono esercitare ancora un ruolo importante nel mondo industriale». Tra l'altro, il quotidiano inglese fa notare con sufficienza che, in fondo, si tratta quasi sempre di commercianti di vini, di supealcolici, di industriali tessili, di vetrai, di gioiellieri e di confezionatori. L'aristocrazia, insomma, è solo quella britannica. Pier Luigi Vercesi LE DIECI SOCIETÀ' PIÙ' ANTICHE DEL MONDO ANNO 711 Hoshl Hotel (Giappone) • 13S5 Antinori produttore di vini (Italia) 1440 Barovier & Toso vetri di Murano (Italia) 14*0 Cosulich Armatori (Italia) 1526 Pietro Beretta produttore di armi (Italia) Codorniu produttore di vini (Spagna) 1613 Mellerio Dits Heller gioielliere (Francia) 1637 Gekkeikan Sake distillerìa (Giappone) Hugel & Fils produttore di vini (Francia) 1657 Ulefos Jernvaerk fonderia (Norvegia) lachcStrtocl'csehnn À' O Ecco le più antiche dinastie industriali. Sopra, Pino Beretta, della fabbrica d'armi di Brescia