Proconsole di Andreotti

Dalle autostrade al Palazzo Proconsole di Andreotti Dalle autostrade al Palazzo con la frase preferita, prima i fatti Per raccontare se stesso alla Navicella dei parlamentari, Vito Bonsignore ha speso otto parole: «Laureato in Economia e Commercio. Dirigente d'azienda». Le altre sono notizie istituzionali: luogo e data di nascita (Bronte, 7 luglio 1943), preferenze dell'87 e del '92. «Fosse dipeso da lui non avrebbe scritto nemmeno quelle», scherzano gli amici. E' sempre stato di poche parole l'onorevole Bonsignore: «Contano i fatti, le chiacchiere lasciamole agli altri», ama ripetere agli amici riuniti nell'ufficio di via Piffetti, cuore della corrente andreottiana che da un decennio domina la de torinese e impresta uomini a Comuni, Provincia, Regione, banche, aziende. Un precetto vecchio come la sua storia politica, iniziata nella Torino della grande immigrazione, anno 1962. Diploma di geometra, il sogno, destinato a fallire, del dottorato in matematica, Bonsignore è un giovanotto sveglio, lesto a comprendere che a uno come lui la metropoli può offrire molte chances. La breve esperienza siciliana nel i (movimento giovanile de gli serve come passaporto politico; i primi, cauti passi li muove nella corrente fanfaniana guidata dall'onorevole Curti. Incontra Donat-Cattin, conosce il conte Edoardo Calieri, futuro padrone dello scudocrociato torinese. Al conte confida: «Non conviene vivere di partito, meglio avere un lavoro». E lavora, assunto dalla neonata società autostradale Torino-Piacenza (Satap) di cui in breve diventerà direttore. Anno 1975. Nella de il pattuglione doroteo domina ormai incontrastato. Bonsignore è un emergente, ha già ricoperto incarichi di sottogoverno (istituto per la vecchiaia, ospedale Sant'Anna). Lo scandalo Italcasse che travolge Calieri e disperde il suo esercito quasi coincide con la creazione delle correnti andreottiane in tutto il Paese. Bonsignore, ora laureato, è il proconsole torinese, l'uomo di raccordo con Evangelisti. Entra nel Consiglio nazionale de, diventa amministratore delegato della Torino-Milano, la cui Vito Bonsignore quota di maggioranza è stata rilevata da Gavio. In una notte di coltelli e veleni democristiani, Donat-Cattin lo attacca: «La de non è un'autostrada». Bonsignore replica per le rime, con piglio ragionieristico cita i forzanovisti nominati nei consigli di società autostradali. E' uno scontro tra capi, perché ormai l'ex geometra venuto da Bronte, ora sposato con due figli, ha in mano le leve del potere. Gli Anni Ottanta servono a rinforzare la corrente, a consolidare il primato. Anche se a metà strada inciampa in una brutta storia di tangenti. Lo accusano di tentata estorsione nei confronti di due appaltatori Satap, il pm chiede tre anni di carcere: «Sono innocente», proclama davanti ai giudici. E i giudici gli danno ragione. Nell'87 conquista il seggio di deputato, ottiene l'aspettativa dalla Torino-Piacenza e si dimette dalla Torino-Milano (dove gli subentra il cugino Arcangelo). Tre anni dopo, alle amministrative, gli andreottiani fanno il pieno. Dopo gli innesti di Coldiretti e Movimento popolare a rinforzare la squadra è arrivato anche l'ex sottosegretario Rolando Picchioni, l'eterna battaglia con Silvio Lega non impedisce alla corrente di raggiungere il 40 per cento degli iscritti de. Poi la lenta discesa. Picchioni e i suoi rispondono al nuovo richiamo doroteo, si stacca la Coldiretti, se ne vanno gli sbardelliani. Ma Bonsignore è ancora il più forte, alle ultime politiche insidia il primato di Scalfaro e batte tutti in città. Lascia la commissione Trasporti, diventa sottosegretario al Bilancio nel governo Amato. A Torino prepara e fallisce il governissimo, convinto com'è che «la maggioranza di pentapartito non garantisca l'efficienza». E intanto schiera le truppe in vista dei congressi: il segretario cittadino Bruno, l'ex assessore Galasso, il vecchio amico Notaristefano, l'avvocato Scotta, il giovane Battuello. E, naturalmente, il fedelissimo Ezio Astore, il vicepresidente della Provincia arrestato cinque giorni fa per lo scandalo di Asti. Giampiero Pavido Vito Bonsignore

Luoghi citati: Asti, Milano, Piacenza, Torino