L'ANNO TERRIBILE

EANNO TERRIBILE EANNO TERRIBILE Aun anno dal primo, clamoroso episodio della sempre più vasta e inquietante operazione giudiziaria «Mani pulite» si è acutizzata, fino allo spasimo, l'ansia di un rinnovamento profondo di tutta la nostra vita pubblica, l'attesa della radicale estirpazione di un malcostume, di una dilagante corruzione non più sopportabili. Dal primo sussulto d'indignazione si è passati al distacco dai partiti tradizionali, e al tradursi della protesta in nuovi movimenti e leghe. Di qui lo sfaldarsi delle maggioranze e il discredito delle istituzioni: Una condanna globale ben più che l'indicazione di una via d'uscita, di precise riforme; un crollo devastante, non le fondamenta di un nuovo edificio. L'iniziativa coraggiosa e salutare di un gruppo di magistrati milanesi, intrapresa il 17 febbraio 1992, non può essere rimpicciolita, o, peggio ancora, travisata. Quei giudici non hanno fatto altro che perseguire reati ben precisi, previsti dal codice penale e da leggi particolari. Era soltanto l'adempimento di un loro dovere professionale. L'apparente straordinarietà del loro agire scaturiva dal fatto che per troppo tempo quei comportamenti delittuosi di uomini politici, imprenditori, amministratori pubblici e privati erano stati taciuti, coperti, tollerati, anche da una certa magistratura: per diversi motivi che sarebbe troppo lungo enumerare, ma che oggi appaiono chiari, sempre più chiari, di un'evidenza solare. E così, un passo dopo l'altro, si è giunti al terrifican te ciclone odierno, alla scoperta di un marasma catastrofico di inaudite proporzioni sul piano della politica, dell'economia, del costume, che ci disonora (non è una parola troppo grossa) agli occhi del mondo. Siamo alle prese, ancora una volta, con un'altra «que stione morale», ben più vasta e profonda di quella che travagliò il nostro Paese un secolo fa, sollevata dai radicali e in particolare da Cavallotti contro Crispi. Locuzioni di altre età sono riapparse puntuali ai nostri giorni. Il «partito degli onesti» di Mario Segni sembra riecheggiare la famosa Lettera agli onesti di tutti i partiti del 1895. E nell'ultima lettera che, agli inizi del 1981, mi scrisse poco prima di morire, il novantenne A. C. Jemolo si definiva con malinconia «un pover'uomo, che ha sentito soltanto il desiderio di serbare le mani pulite». Che cosa mai direbbe oggi il nostro grande amico di fronte all'attuale sfacelo? Se a tutto questo si pensa, quanto infelici ci appaiono le parole di Cossiga sul «Carnevale moralistico», sul «moralismo parolaio», sulla «ipocrisia» che egli crede di scorgere in questa insurrezione delle coscienze! Indietro non si torna. Non c'è che da proseguire l'azione della magistratura, sorretta dal consenso dei migliori cittadini. Una cosa tuttavia è certa. I giudici non possono da soli reggere all'immane fatica. E' questo il significato dell'ultimo appello del magistrato Antonio Di Pietro. Di giorno in giorno, la cerchia degli inquisiti si espande. E' evidente che all'ondata delle prime, sconvolgenti rivelazioni e degli avvisi di garanzia debbono seguire, senza soste o lungaggini, le difficili istruttorie, i dibattimenti, le sentenze. Un compito che si profila sempre più terribilmente impegnativo. E poi e soprattutto, alla doverosa azione giudiziaria non può non accompagnarsi una non meno inesorabile epurazione di natura politica. Tutti sono chiamati a questo concorde sostegno della magistratura. Condizione preliminare è, crediamo, una solle- A. Galani* Gamma CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA

Persone citate: A. C. Jemolo, Antonio Di Pietro, Cossiga, Crispi, Gamma, Mario Segni