Enimont: una perizia poi gli avvisi

Supplemento di indagine sul reale valore del prezzo (2805 miliardi) pagato a Gardini Supplemento di indagine sul reale valore del prezzo (2805 miliardi) pagato a Gardini Enimont: uno perizio, poi gli avvisi I giudici: una cifra gonfiata per pagare tangenti ai partiti Interrogati 2 funzionari: avrebbero fatto sparire documenti ROMA.L'inchiesta Enimont è prossima a una svolta. Se il giudice Ettore Torri, procuratore aggiunto che sta indagando sulla maxi-vendita della chimica nazionale dalla Montedison all'Eni, deciderà di chiedere una perizia sul reale valore delle azioni Enimont, partiranno presto gli avvisi di garanzia all'indirizzo di Raul Gardini e della giunta dell'Eni. Lo prevede il codice. E il giudice Torri non ha margini di discrezionalità. Una perizia del genere - che rallenterebbe di due mesi l'inchiesta, ma metterebbe fine alla girandola di cifre sul valore dell'Enimont - rende necessari gli avvisi di garanzia per tutti. E così sarà, probabilmente. Titoloni in vista per l'ex condottiero della Ferruzzi, insomma, e per tutti gli amministratoripolitici che reggono la holding energetica di Stato. D'altra parte il nodo di tutta l'indagine è proprio la cifra: è stato «giusto» il prezzo di 2805 miliardi, per liquidare la parte di Raul Gardini? Oppure - come si sospetta in Procura - le cifre sono state gonfiate ad arte, ai danni dello Stato e a favore della Montedison, magari per ritagliare una supertangente ai partiti? Chiaro che ci vuole una perizia per diradare tutti i dubbi. L'avvocato di Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni con avviso di garanzia, ha smentito nuovamente che il suo assistitilo abbia mai ammesso «errori» nella valutazione. E lo stesso Cagliari, in una lunga dichiarazione, puntualizza: «Alcuni giornali e telegiornali sono stati in questi giorni pieni di illazioni e anche falsità alle quali risponderò nelle sedi opportune. Nell'affrontare con serenità e fiducia il confronto con la magistratura, sento di dover respingere fin d'ora ogni ipotesi di reato». In particolare, Cagliari rivendica «trasparenza, tempestività ed efficacia» nella vicenda, ma soprattutto il «pieno rispetto delle indicazioni e delle direttive impartite all'Eni dal governo». Ecco, proprio il rapporto tra Eni e governo interessa ai giudici. L'inchiesta, infatti, procede su un doppio fronte: da una parte la società pubblica, dall'altra il ministero. Sono sotto torchio due alti dirigenti delle Partecipazioni statali - Sergio Castellari, già direttore generale del ministero, e Piero Fattori, ex segretario particolare del ministro Franco Piga - che hanno subito perquisizioni domiciliari e sono stati raggiunti da avvisi di garanzia. Il reato è grave, per un funzionario pubblico: violazione di custodia delle pubbliche dose. Il giudice sospetta che Castellari e Fattori abbiano fatto sparire importanti fascicoli dal ministero retto in quegli anni da Franco Piga e poi, dopo la sua repentina morte, preso ad interim da Giulio Andreotti - che potrebbero illuminare di nuova luce l'affare Enimont. Una parte dei documenti scomparsi, peraltro, sono stati ritrovati a casa dei due dirigenti. Altri documenti, invece, sono introvabili. E di questo il giudice chiede conto ai due. E' evidente, infatti, che l'inchiesta ruota attorno al problema del prezzo, alle proce¬ dure che portarono alla stima dei 2805 miliardi, e anche ai rapporti politici che sottintesero quell'accordo. Domani, a questo proposito, il giudice sentirà Sergio Cragnotti, ex vicepresidente dell'Enimont, uomo della squadra Gardini, oggi ricchissimo imprenditore in proprio nonché presidente della «Lazio Calcio». E intanto la giunta dell'Eni - i democristiani Albero Grotti e Antonio Sernia, il socialdemocratico Gaetano Cecchetti e il liberale Beppe Facchetti - prende le distanze dall'affaire, che comincia a diventare troppo scottante. Secondo indiscrezioni, i primi membri della giunta, in¬ terrogati dal giudice, sono stati tutti concordi nel raccontare che l'operazione Enimont fu gestita in maniera accentrata da Cagliari in persona. Un «gruppo di valutazione», che rispondeva solo a Cagliari, ed era supportato da banche d'affari straniere, stabilì il prezzo. E una domenica mattina, convocata in tutta fretta, la giunta dovette votare a tamburo battente la proposta da 2805 miliardi, già «vistata» dal ministro Piga. «Fu un colpo di mano, non ci fecero vedere neppure la documentazione», sembra che abbiano raccontato. [fra. gri.] L'ex vicepresidente Enimont Sergio Cragnotti (nella foto) sarà sentito come teste in Procura

Luoghi citati: Cagliari, Lazio, Roma