Eni nella bufera Di Donna sotto torchio di Susanna Marzolla
Interrogato per ore dai giudici che ieri lo hanno messo di fronte alle accuse di Fiorini Interrogato per ore dai giudici che ieri lo hanno messo di fronte alle accuse di Fiorini Eni nella bufera, Di Donna sotto torchio «Sapeva tutto del conto Protezione» MILANO. Il conto Protezione? «Non ne so nulla». Silvano Larini? «Mai conosciuto». Florio Fiorini? «Escludo dica ciò che gli viene attribuito». E' il Leonardo Di Donna di sempre quello che, ieri pomeriggio alla 16, arriva a Palazzo di Giustizia: reticente, sfuggente, «Non so nulla, non conosco». Spiega con nonchalance che è arrivato come testimone e che anzi è stato lui stesso a chiedere di anticipare l'interrogatorio «perché - dice - devo partire per l'estero». Passa un quarto d'ora e si scopre che il «testimone» Di Donna ha invece un mandato di comparizione per concorso in bancorotta fraudolenta: arriva, infatti, il suo difensore. Credeva, l'ex vicepresidente dell'Eni, di dover rispondere al «solito» interrogatorio sul conto Protezione («Mi hanno già sentito sette volte su questo argomento», aveva appena detto ai giornalisti) e di poter fornire le solite, sfuggenti risposte. Ma stavolta non era così. Infatti, subito dopo, il pm Pierluigi Dell'Osso ha cominciato una raffica di domande. Che non avevano però solo l'incerta base di un biglietto trovato a casa di Gelli: adesso sul conto Protezione ci sono le carte, c'è la testimonianza di Silvano Larini, il titolare del conto, e c'è quella di Florio Fiorini, che dello stesso conto si è definito «il guardiano». «Trovo incredibile che Fiorini abbia detto una cosa simile era stata la dichiarazione di Di Donna poco prima - cosa vuol dire fare il guardiano? La riservatezza dei conti è garantita dalle banche». Di Donna forse può ancora trovarlo «incredibile», ma Fiorini ha detto prorio così. Non solo, ha aggiunto che la richiesta di fare il «guardiano del conto» (e dei suoi segreti) gli veniva proprio da Bettino Craxi che utilizzava due emissari: l'architetto Larini e lo stesso di Donna. Che, davanti a Dell'Osso, non ha più potuto limitarsi a dire: «Incredibile. Non so, non conosco». Ore e ore di interrogatorio, finito solo a tarda sera (per riprendere oggi pomeriggio). Con la procura che aveva chiesto al gip Maurizio Grigo, titolare dell'inchiesta sul conto Protezione, la cortesia di non lasciare Palazzo di giustizia almeno fino al termine dell'interrogatorio: una richiesta di arresto poteva essere fatta da un momento all'altro. Insomma, dodici anni dopo la scoperta delle liste della P2, dove c'era anche il suo nome, e gli archivi di Gelli con l'appunto sul conto Protezione, Di Donna ha capito che il clima era decisamente cambiato. «Mi sembra assurdo che si pensi di tenere chiusa una porta quando sono crollati i muri intorno», aveva detto Dell'Osso rispetto alle possibili reticenze che potevano ancora esistere su Protezione. E se Di Donna riteneva di tenerla ancora chiusa, quella porta, si è dovuto rapidamente ricredere. «Voglio essere interrogato perché devo partire subito», di¬ ceva prima di entrare nell'ufficio di Dell'Osso, Partire, ma per dove? Strano «incrocio» di destini: l'ultimo incarico di questo personaggio, che continua da anni a galleggiare sulla scena economica, pare sia quello di rappresentante in Brasile per la «Grassetto». Cioè per l'azienda di quel Salvatore Ligresti, personaggio centrale dell'inchiestatangenti. Strano incrocio, ma poi mica tanto: sono infatti anni e anni di loschi affari che tornano a galla. E così, mentre da Dell'Osso c'era Di Donna, dai sostituti che si occupano delle tangenti c'è stato, per altrettante ore, Maurizio Prada, ex segretario della de milanese. Gran brutta giornata anche per lui: era considerato un «collaboratore» dai magistrati; era stato lui, infatti, a spiegare il sistema della «spartizione» delle tangenti alla metropolitana milanese. Solo che si era «dimenticato» di dire che questo sistema funzionava anche in altre situazioni. All'Aem, ad esempio, l'azienda energetica di Milano di cui l'ex consigliere Enrico Fiorentino (area psi) ha abbondantemente spiegato fatti e misfatti. E tra questi una tangente di due miliardi versati a Prada, e che Prada aveva taciuto. E così, paiUdo e teso, l'ex esponente de ha dovuto «rinfrescarsi la memoria». Cosa abbia detto per ora non si sa, ma qualche nuovo squarcio deve averlo aperto se in tarda serata è stato «richiamato» a palazzo di giustizia Bartolomeo De Toma, il «tuttofare» per le tangenti psi nel settore energia e ambiente. «Ne dovrete ancora sapere tante di cose», ha detto. Mentre si attendono sorprese, continua l'andirivieni a San Vittore. E' uscito Fiorentino che ha ottenuto gli arresti domiciliari, negati invece all'ex latitante Giovanni Manzi (motivazione: «può ancora fuggire»). Si è costituito Francesco Da Monti, amministratore della Gavazzi, mentre continua ad essere ricercato Riccardo Gavazzi, il titolare della società. Susanna Marzolla Il pubblico ministero Dell'Osso «E' assurdo che pensi di tenere la bocca chiusa, proprio adesso che tutti i muri sono crollati» Maurizio Prada (a fianco) e Leonardo Di Donna (qui sotto) interrogati per ore dai giudici milanesi
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