I comodi complotti dell'Amerikano di Aldo Rizzo

I comodi complotti dellAmerikano OSSERVATORIO I comodi complotti dellAmerikano HE c'è di vero in questa storia di contrasti tra Europa e America, e addirittura di complotti americani ai danni degli interessi europei? Se n'è parlato non solo in Italia (che è un po' la patria del complottismo come interpretazione delle vicende umane), ma anche in altri Paesi comunitari, a proposito delle ondate speculative contro lo Sme, che sarebbero guidate appunto dagli Stati Uniti, per timore della concorrenza di un'Europa unita e forte. Circa i complotti, si tratta di argomenti di conversazione, che in genere non hanno dignità politica, oppure di facili vie d'uscita dalle proprie responsabilità. Che c'è di più agevole che indicare nella solita America il Grande Cattivo, invece di fare un'analisi lucida e magari impietosa di ciò che va male in Europa? Quanto all'Italia, ricordiamo che c'è ancora gente convinta che le Brigate rosse e il delitto Moro (ora, ahimè, anche Tangentopoli) fossero imputabili alla Cia. Il discorso è diverso per quanto riguarda eventuali contrasti d'interessi. E qui può soccorrere un po' di storia. Lasciamo stare il fatto certo di qualche importanza che per ben due volte in mezzo secolo l'America sia intervenuta militarmente in difesa delle democrazie europee, e la seconda volta in maniera decisiva. Parliamo dell'America che si afferma come la prima e poi unica superpotenza, mentre l'Europa cerca a sua volta di rafforzarsi, dandosi una struttura unitaria. I primi tentativi d'integrazione europea furono sicuramente appoggiati dagli Stati Uniti. E grande fu il disappunto oltre Oceano quando, per colpa della Francia, fallì il progetto di una Comunità europea di difesa (Ced). Più tardi Kennedy lanciò la formula della «equal partnership», volendo dire un rapporto di pari dignità tra l'America e un'Europa impegnata a essere sempre più unita. Poi, in verità, qualche screzio ci fu. Stranamente avvenne quando alla testa della diplomazia di Washington c'era un «europeo», l'oriundo tedesco Henry Kissinger. L'anno 1 cruciale fu il 1973. Kissinger I s'irritò moltissimo per la pru- denza manifestata dagli alleati durante la guerra del Kippur; e, dopo l'embargo petrolifero decretato dagli arabi, per i tentativi dei Paesi europei di procedere a trattative isolate con i fornitori. Alla fine dell'anno, l'irritazione americana si appuntò sul fatto che, al vertice di Copenaghen, fosse stato presentato un documento «sull'identità europea», abbastanza platonico, e tuttavia sospettato di poter incrinare 1'«unità atlantica». E dire che Kissinger aveva programmato il 1973 come «l'anno dell'Europa». Da allora, è rimasta una certa ambivalenza nella politica europea dell'America. Omaggi formali, ma preoccupazioni sostanziali per i progressi della Comunità. Per dire, l'annuncio del Mercato unico del 1993 è stato vissuto come un mezzo incubo, anche dagli ambienti economici e dalla stampa, per il timore di una «Fortezza Europa», cioè di uno spazio commerciale chiuso. E timori e gelosie anche per il timido affacciarsi di un'autonomia militare (l'Ueo, e non parliamo dell'Eurocorpo franco-tedesco). La verità è che, quando all'interno di un «impero», o di una comunità più vasta, prende vita una realtà nuova, certe tensioni sono inevitabili. Un processo storico non è mai indolore. Ma questo non significa che ci sia una strategia americana contro l'Europa unita (non parliamo di complotti), né che ci possa essere una strategia europea contro l'America. Si tratterebbe, in un caso e nell'altro, di disegni suicidi. L'America ha bisogno di un partner forte e affidabile, nella gestione del mondo nuovo e confuso, e l'Europa non può illudersi di fare da sola. Il problema è quello di uno sforzo congiunto e di lungo termine, al di là dei contrasti episodici. Se la politica ha ancora un senso, su entrambe le rive dell'Atlantico. Aldo Rizzo tzo^J

Persone citate: Henry Kissinger, Kennedy, Kissinger, Kissinger I