«Brindiamo hanno arrestato il sindaco» di Giuseppe Zaccaria

Danze e canti di scherno davanti al carcere nella città abruzzese travolta dallo scandalo Danze e canti di scherno davanti al carcere nella città abruzzese travolta dallo scandalo «Brindiamo, hanno arrestato il sindaco» Mazzette a Chieti, giunta decimata CHIETI dal nostro inviato L'ingresso del carcere della Madonna del Freddo è brutto, ma proprio brutto, perso com'è in fondo a un vallone annichilito dal gelo a un passo dal vecchio cimitero. La periferia estrema di una città periferica da sempre: eppure è proprio qui che il ciclone tangenti ha appena aperto prospettive insospettabili. Era sabato sera, l'unico cinema aveva chiuso i battenti, in tv c'era Pippo Baudo, i grandi network avevano appena diffuso gli ultimi bollettini di guerra su tangentopoli. Poi d'un tratto Chieti, «cittacamomilla», il più tranquillo, chiuso, immutabile capoluogo del centro Italia, è come impazzita. Una piccola folla ha cominciato a dirigersi verso il carcere, qualcuno brandiva oggetti che nella penombra sembravano clave. A mezzanotte e mezza, a sfidare il freddo della Madonna del Freddo erano almeno in trecento. Tentativo di rivolta? no, tripudio. «Hanno arrestato il sindaco», la notizia si era sparsa in un baleno. E le luci delle prime Alfette dei carabinieri hanno inquadrato sagome che improvvisavano danze di gioia, mani che applaudivano. Le clave erano bottiglie di spumante. Al passaggio di quello che sembrava il sindaco «un uomo disfatto, che tentava di coprirsi il volto» i tappi sono saltati mentre, possente, dalla folla si alzava il canto di «alè-oh-oh». In realtà, l'ex primo cittadino doveva ancora arrivare. Ai carabinieri aveva chiesto: «Per favore, non esponetemi agli scherni di tutta quella gente». Eccole, le schegge che Chieti consegna a una prossima Storia della dissoluzione. In pochi giorni sei assessori in carcere, una fa¬ lange di tecnici e imprenditori che confessa un giro di tangenti. E l'altra sera, in carcere anche lui, Andrea Buracchio, 34 anni, democristiano, già «volto nuovo» nonché sindaco più giovane d'Italia. «Ultim'ora: più li voti e più rubano», strilla adesso sotto i portici di corso Marruccino un tazebao deH'msi. Verso mezzogiorno, nell'isola pedonale è stata segnalata persino la ricomparsa di Nicola Serano, imprenditore e grande «pentito» (c'è sempre un pentito in storie del genere). Fino all'altra sera stava tappato in casa, ieri ostentava un sigaro. Adesso, a osservare l'animazione che pervade il passeggio domenicale, l'incrociarsi di battute fe¬ roci, i commenti soddisfatti a quei cori da stadio, viene da chiedersi cosa mai avrà fatto, il pallido Buracchio, per procurarsi tanto odio. La storia è di quelle che continuano a dipanarsi da un capo all'altro della Penisola: prima un lavoro di ripavimentazione del centro storico, poi una scuola elementare, infine gli interventi di risanamento in un quartiere periferico. Su ogni appalto, tangenti dal 5 al 12 per cento. Dieci giorni fa, finiscono in carcere per primi l'imprenditore Serano, l'ingegnere capo del Comune, un paio d'architetti. Poi, via via, si passa agli ex assessori, a quelli in carica, ad altri titolari d'impresa, 16 persone in tutto. Le ultime confessioni vengono rese sabato mattina, per il sindaco l'arresto scatta poche ore dopo. L'accusa è di concussione: pare che le «mazzette» venissero divise direttamente nel suo ufficio. Tutto qui? Sì: per il momento, si discute di tangenti per qualche centinaio di milioni riscosse con sistemi alquanto artigianali. Roba da galera, insomma, ma non da rivoluzione. Né sembra che alla gestione Buracchio si possano addebitare ruberie diverse dalle precedenti: figlio di un noto avvocato, sposato da appena un mese a una dottoressa tedesca, giovanotto «bene» prestato alla politica, il sindaco sembra essersi limitato a pratiche di ordinario ladro- cinio, tangentismo diffuso. E allora, perché la corsa fino al carcere, i cori, le bottiglie di spumante, proprio adesso e proprio qui? Uno degli ufficiali che l'altra notte ha dovuto organizzare la dispersione dei manifestanti («Temevamo che al sindaco quelle bottiglie di spumante potessero finire sulla testa») ha una tesi interessante. Sostiene che la questione non è di quanto si sia rubato, ma per quanto tempo e soprattutto come. Poche ore prima dell'arresto il povero Buracchio si era presentato smunto e silente ad un simulacro di Consiglio comunale subito interrotto dalle risate del pubblico. «Se nel resto d'Italia la de è crollata, a Chieti continua a detenere il 64 per cento. Dal dopoguerra arnministra la città senza interruzioni. Neppure malissimo, se ci si confronta con altri luoghi: ma comunque, in condizioni di preminenza assoluta. Un po', se mi passa l'esempio, com'era per i socialisti a Milano». Forse, il nostro interlocutore intendeva parlare di arroganza. Ma questo non spiega ancora tutto. Qui, a due passi da Pescara, in una città che con 65 mila abitanti si fregia di un'Università, una corte d'assise e perfino di un tribunale ecclesiastico, dove l'ultimo fatto di sangue risale a trentanni fa, succede che d'un tratto pacifici e sonnolenti cittadini si tramutino in una sorta di moderni «tricoteurs», inneggianti alla giustizia, meglio se sommaria. Forse è un rischio che bisogna cominciare a considerare. Da quando la tranquilla gente del Teatino ha cominciato a sapere di camminare su una tangente (le pietre laviche che pavimentano il corso erano costate la metà di quanto dichiarato) le cose sono precipitate e l'attività giudiziaria locale ha attinto vette mai neppu- re sfiorate. Naturalmente, è appena l'inizio. Se all'arresto di Buracchio si può attribuire un valore simbolico, questo consiste nel primo, autentico insulto al potere, anzi alla satrapia di Remo Gaspari, leader e riferimento del giovane finito in manette. Basta questo a spiegare la manifestazione dell'altra notte? Difficile dirlo: fra i de ridotti al silenzio (le opposizioni chiedono al prefetto di sciogliere quel che resta della giunta) qualcuno abbozza spiegazioni psicanalitiche con tanto di uccisione del padre. Ma chi l'altra sera era alla Madonna del Freddo sottolinea altri particolari. «Sa chi erano i più frenetici? Gli attacchini di Buracchio. Quelli che nell'ultima campagna elettorale l'avevano aiutato a raccogliere 10 mila preferenze attaccando manifesti a 100 mila lire al giorno». Anche su questo dettaglio le interpretazioni divergono: c'è chi sostiene che il sindaco avesse fatto promesse di impiego poi non mantenute, e chi afferma invece che con quella mossa i «fedelissimi» abbiano voluto dissociarsi. Mistero. Ma la domanda è un'altra: sono episodi che dobbiamo aspettarci anche altrove? Giuseppe Zaccaria t II sindaco di Chieti, il democristiano Andrea Buracchio

Persone citate: Andrea Buracchio, Pippo Baudo, Remo Gaspari

Luoghi citati: Chieti, Italia, Milano, Pescara