De Vita proteste e vent'anni di canzoni

24 L'attrice-cantante, al «Massaia» col suo spettacolo, annuncia: non farò più compagnia De Vita, proteste e ventanni di canzoni Carrellata di successi e di personaggi, da Petrolini alla Piaf TORINO. Raffaella De Vita: vent'anni di teatro e non poche delusioni. Tanto da costringerla a protestare apertamente contro quella politica culturale che in Italia non lascia spazio alle piccole compagnie. Che hanno il diritto di esistere: così avviene negli altri Paesi, sia pure fra non poche difficoltà. Raffaella De Vita è personaggio per certi aspetti scomodo, legato al suo modo passionale di condurre la vicenda teatrale: senza concessioni ad alcuno, battendosi giorno per giorno per salire in palcoscenico, per impedire che la sua immagine artistica impallidisca o, peggio, sia cancellata, senza che a lei resti la forza di gridare il suo sdegno. Diminuiscono i fondi ministeriali e i tagli ormai colpiscono tutti. E sono sempre dolorosi. Quelli che minano la compagnia della De Vita sono esiziali: le impediscono di mantenere la compagnia. Ecco perché nei giorni scorsi non ha potuto mettere in scena il programmato «Solo per te Lucia», uno dei suoi tanti spettacoli fra musica e canto, ma è stata costretta a ripiegare su un «collage di vent'anni di successi», che al «Massaia Borghiere» si fermerà fino al 28 febbraio. Autrice, cantante, attrice, regista di se stessa, torna in scena per rappresentare il dramma, l'ironia, l'amore, le passioni: dalla canzoni di Raffaele Viviani a quelle di Petrolini, dalle stravaganze del Futurismo al dramma umano e artistico di Edith Piaf, dal teatro di Brecht al Vaudeville americano, per riaccostarsi alla canzone italiana di Tenco e Jannacci. Raffaella De Vita aggredisce tutto ciò che ha sapore di musica e teatro con il suo prorompente vitalismo. Ed è in questo ammirevole. Siamo tentati di pensare che la De Vita sia una delle forze vive del teatro napoletano: quel teatro, almeno, che crediamo autentico, capace di scavare nei sentimenti e nel valore non solo popolare della cultura partenopea; ma che all'«altro» teatro non voglia guardare con quel controllato distacco che l'artista deve imporsi. Per questo almeno nelle scelte, non nella loro rappresentazione - l'attrice-cantante ci appare inesorabilmente prigioniera del mondo che lei stessa s'è costruito con volontà caparbia. Ad accrescere questo suo disagio c'è la precaria economia dei «tagli». Ecco perché Raffaella De Vita è costretta a dire: «Questo è l'ultimo spettacolo con la mia compagnia. Dopo non vi scoccerò più...». La vita teatrale, nella maggior parte dei casi, è crudele: anche con quegli artisti che meriterebbero di vivere serenamente della loro professione. Armando Caruso Raffaella De Vita al «Massaia» fino al 28 canta le passioni umane e dice: «Così il mio teatro sta morendo»

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