«L'imprenditore» di Osvaldo Guerrieri

«L'imprenditore» «L'imprenditore» ACroxi l'addio di un clown MILANO DAL NOSTRO INVIATO Esiste ì'instant drama? Esiste, al di fuori del cabaret, lo spettacolo teatrale che si alimenta dell'attualità più viva? Porre la domanda è già dare la risposta. Infatti, se non sbagliamo, soltanto Dario Fo sa frugare fra i disastri per trarne una giullarata satirica che magari farà storia. Gli altri preferiscono dedicarsi a un lavoro più meditato; restii come sono a «sporcarsi le mani», aspettano che la cronaca si decanti e che qualcuno, un giorno, la illustri in una grande metafora. Abbiamo perciò accolto con curiosità Leo Bassi che, al Litta, prometteva con «L'imprenditore» un divertimento allo zolfo su corruzione e Lega, ossia sui più sconvolgenti temi del momento. Leo Bassi è un attore francese passato al teatro dopo una lunga attività di clown. Ma il circo gli ha lasciato nel sangue il virus del parossismo comico. Bassi non si mostra candido di biacca, non ha pomelli rossi, né scarpacce con cui trapestare sulla segatura; Bassi veste severamente di scuro, ha occhiali cerchiati di nero e una faccia che deraglia nelle più diverse direzioni. Tuttavia, dentro questo travestimento, fa ribollire gli scatti isterici di una mimica dispettosa. Neil'«Imprenditore» incarna un fabbricante di orsacchiotti che finisce dinanzi ai giudici per avere distribuito mazzette. Dice: «Credevo che fosse legale». Ed elenca le tangenti versate: ci sono persino quattro milioni e cento lire versati al partito radicale. Ammette che il sistema è marcio. La prova? Bassi distribuisce agli spettatori rotoli di plastica, invita tutti a svolgerli e a coprirsene. Afferra un immenso martello di legno con cui spiaccica un mandarino: è il deficit statale, spiega. Altri mandarini, cioè altri peccati sociali, subiscono la medesima sorte, sparando schegge pazze sulla platea. Ecco il clownismo applicato alla politica. Bassi procede a ruota libera, tra torte in faccia e macchine infernali che emettono vapori e muggiti da camion. Forse sognando un varietà futurista, costruisce la materia e la disgrega. Ci mostra il fallimento del fabbricante di orsacchiotti, il suo tentativo di aver successo con la realtà virtuale capace di trasformare la vita in gioco. E la Lega? Diciamo che si è persa per strada, spazzata via da Craxi e dalla sua caduta. Meglio così, dice Bassi. E spiega: se non fosse successo, sarebbe ridiventato presidente del Consiglio, avrebbe continuato a fare cose noiose. Ora, invece, potrebbe dedicarsi a ciò che ha sognato da bambino, per esempio potrebbe aprire un ristorante. Ci sono troppe parole nell'«Imprenditore», troppi dialoghi col pubblico, troppi squilibri che smorzano il divertimento. Se ne accorge anche Bassi, che dice di avere preparato lo spettacolo in una settimana proprio per riuscire a cogliere l'aria del tempo. Vedete: non ha meditato e non ha decantato. Voghamo fargliene una colpa? Le cose che accadono sono così gravi che riescono a traumatizzare anche un clown. Osvaldo Guerrieri Leo Bassi in scena al Litta di Milano con uno spettacolo sulle tangenti pieno di gag e parole

Persone citate: Craxi, Dario Fo, Leo Bassi, Litta

Luoghi citati: Milano