L'Europa a scuola di Europa Ma c'è una cultura comune?

discussioni. Un preside francese inventa un liceo «continentale». Il ministro Lang entusiasta, ma altri insorgono discussioni. Un preside francese inventa un liceo «continentale». Il ministro Lang entusiasta, ma altri insorgono L'Europa a scuola di Europa Ma c'è una cultura comune? myj PARIGI 1 ON è il Louis-le-Grand, V liceo per ragazzi «bon ■ chic bon genre», da cui _ ±JLi escono per tradizione tutti i migliori successi sociali di Francia. E non si trova in pieno centro di Parigi. E' un liceo di campagna, sperso fra i prati della minuscola La Queue-les-Yvelines, a una cinquantina di chilometri dalla capitale. Eppure, a soli cinque anni da che è stato costruito, il Lycée Jean Monnet è già diventato la scuola di una élite. Un'elite sui generis, figlia della modernità e insieme sua nemica, nata per difendere il Vecchio Mondo dall'invadenza del Nuovo, ma anche fiduciosa in una cultura senza frontiere: 1480 ragazzi che al termine dei cinque anni di studi avranno una maturità né classica né scientifica né tecnica né linguistica, bensì un misto di tutto ciò; maturità per la quale ancora non esiste un nome, ma che verrà tra breve battezzata perché i primi a diplomarsi, tra pochi mesi, possano avere il foglio di carta che li rende unici: si chiamerà «europea». E' questa la caratteristica del liceo, intitolato non a caso a Jean Monnet, colui che per primo credette nell'Europa unita. Privilegia il continente sulla nazione perché gli allievi ne escano con una formazione multipla ma al tempo stesso unitaria, che sommi alla forza tradizionale della nostra cultura un atout nuovo, quello di radici estese. L'europreside, il professor André Lardy, è il vero responsabile del «rivoluzionario» - così lui lo definisce - indirizzo di studi. Figlio di insegnanti, a sua volta insegnante di scienze naturali, ebbe cinque anni fa l'incarico di occuparsi del liceo in costruzione. Deluso dalle esperienze precedenti (è il sesto istituto che guida), volle ideare qualcosa di profondamente diverso, ma in concreto, non il solito tentativo a vuoto di riforma. I punti forza del suo «metodo» sono le lingue, la storia, la letteratura e quella materia che noi non abbiamo, la «civilisation» (storia della civiltà, si potrebbe tradurre). Gli allievi del Jean Monnet beneficiano di due ore supplementari di lingua straniera - il che dovrebbe indirizzarli a un ideale bilinguismo - e di un'ora supplementare «a dimensione europea» per ognuna delle altre materie elencate. Inoltre, difensore dei cosiddetti scambi tra licei di Paesi diversi, il professor Lardy li riteneva però realizzati male, più vacanze che altro, inutili quando non dannosi. Nuovo corso anche in questo: un mese all'anno in un Paese diverso scelto a rotazione in Europa per ogni allievo della scuola. Invece della solita Londra, meglio il Galles o l'Irlanda. E preferibilmente un liceo di provincia («Nel territorio», dice Lardy), piuttosto che nell'anonima grande città. Infine, le esercitazioni pratiche. Il liceo è dotato di apparecchiature di punta, le migliori sul mercato. I ragazzi imparano a montare brevi video su temi d'attualità scelti da loro, come: «L'eventuale vendita di preserva- tivi nelle scuole». Vedono telegiornali della Bbc-World o film tedeschi sottotitolati in spagnolo. Preparano ogni settimana rassegne stampa dai principali quotidiani d'Europa. E ogni anno ciascuno di loro elabora una tesina il cui argomento dev'essere perentoriamente in relazione con il mito europeo. Esempio: «Il rinascere dei nazionalismi», «H Danubio», «Anversa, crocevia culturale». Più letteraria? Va anche bene purché sia allora comparatista, tipo: «Varianti europee del don Giovanni» o «Radici spagnole del preziosismo francese». Già una cinquantina di istitu¬ ti, tra scuole medie superiori e inferiori, hanno intrapreso una riconversione sul modello del liceo Jean Monnet. Il ministro della Cultura, Jack Lang, accoglie la novità a cuore largo. E innalza come una bandiera i risultati: una media annuale di promossi dell'88,5 per cento, rispetto al 72,7 delle scuole normali. Del resto, perennemente travolto da proteste per il cattivo funzionamento del sistema educativo, il ministro non può che incoraggiare le iniziative ben viste dall'opinione pubblica. Ma c'è chi già vede il baco in una mela tanto lucida. Dopo un'era di americanismo esasperato, dagli anni deU'on the road, artificiosamente trasportato in Faubourg Saint-Honoré, non è altrettanto sbagliato scegliere la via dell'anti-States? C'è chi afferma, insomma, che il Lycée Jean Monnet è il primo chiaro ségno di un protezionismo culturale prossimo venturo. Spirito d'unità o forse protezionismo anti-America verso l'Europa, nel disegno di Steiger. de del liceo «Jean Monnet» ha deciso uire la maturità scientifica e la classica ploma per una cultura senza frontiere PARIGI Louis-le-Grand, ragazzi «bon genre», da cui r tradizione tutcessi sociali di trova in pieno E' un liceo di o fra i prati delQueue-les-Yveantina di chilotale. Eppure, a da che è stato e Jean Monnet a scuola di una eris, figlia della me sua nemica, ere il Vecchio denza del Nuoduciosa in una Insieme verso l'Europa, nel disegno di Steiger. Il preside del liceo «Jean Monnet» ha deciso di sostituire la maturità scientifica e la classica con un nuovo diploma per una cultura senza frontiere