Angeli nudi davanti all'Islam

Opponiamo soltanto la nostra morale sorda e indolore Angeli nudi davanti all'Islam Senza autodifese contro la minaccia dei fanatici "jfl PARIGI I NTERROGATO giovedì I sera da Christine I Okhrent, giornalista della _JU televisione francese, il ministro della Cultura Jack Lang ha fatto di tutto per non rispondere alla precisa domanda che gli veniva rivolta: perché la Francia rifiuta il visto d'ingresso a Salman Rushdie? E' previsto un invito? All'origine dell'imbarazzo ministeriale c'è una grande paura, probabilmente. Paura che la Francia torni a essere bersaglio di un'offensiva terroristica, come !o fu nel memorabile e sanguinoso anno 1986. Paura di irritare gli islamici di Francia, spesso irreggimentati da Stati musulmani radicali e da gruppi cosiddetti fondamentalisti. Paura infine del rancore che sta crescendo ovunque fra i musulmani (e che li riaffratella, cancella differenze) contro un Occidente paralizzato da viltà, spettatore impassibile del genocidio dei musulmani in Bosnia. Tutti questi timori c forse altri - forse anche quello che Roosevelt chiamava il più temibile fra essi, la «paura della paura» - spiegano probabilmente l'incapacità del ministro a dare risposte precise a una domanda precisa. Difficile fare sermoni a un governo che con queste paure si trova a fare i conti. Che è responsabile dell'incolumità fisica dei propri cittadini, e deve poter conciliare tale preoccupazione primordiale con la difesa - sovrana, non delegabile a potenze esterne - dei diritti garantiti dalla propria Costituzione. Gli Stati sono mostri freddi, disse una volta De Gaulle, e ci sono momenti in cui il realismo di Stato inai si concilia con le convinzioni morali, e perfino con quella forma particolare di onore che si chiama senso dello Stato. Questi momenti arrivano, e sono sempre una prova, un'ora di travaglio. Uno Stato che si sente obbligato a tale freddezza, ma vuole salvare almeno l'onore, non evita in genere la prova ma la traversa, e spiega qual è. Nulla di travagliato invece nel- le risposte del ministro francese, che ha scelto una tattica affatto diversa per eludere la domanda: una tattica che vorremmo definire angelica, tipica del modo in cui le classi politiche europee si comportano non tanto sulla questione Rushdie (le linee di condotta sono diverse da Stato a Stato, i Paesi nordici e Germania o Spagna hanno reagito più prontamente della Francia) quanto sulla questione centrale, che è quella dell'Islam: dell'Islam radicale che governa in molti Stati del Vicino Oriente e dell'Africa; dell'Islam terrorista; dell'Islam moderato; dell'Islam infine che sta mettendo radici - nuova minoranza possente, ed esigente dentro le mura delle nostre città. Come ha reagito infatti Jack Lang? Ha finto di non aver inteso la domanda, e s'è dilungato sulla Francia terra d'asilo di tanti perseguitati, terra promessa dove sono venerati i Valori dell'Umanità. Terra dei Lumi, della tolleranza, della libertà. Da un piedistallo così alto non si può che cadere - mi sono detta ascoltando una sì compiaciuta professione di fede - e infatti l'angelo ha finito con l'inciampare sui propri piedi, divenendo alla fine grottesco. Lang era riuscito a dire che la Francia è un faro di civiltà, e a tenere al tempo stesso Rushdie fuori dalla porta. Faceva pensare a qualcuno che si metta a recitare un'elegia sulla bontà umana, impettito di fronte al bisognoso che - inutilmente - tende la mano. Una farsa, insomma: non abbiamo nemici da temere, ma neppure in concreto amici da proteggere. Non ci difendiamo in genere da nessuno, ma non difendiamo in particolare nessuno. Vorremmo solo che il mondo sapesse tutta la nostra bontà, tutta la nostra storica generosità, tutta l'importanza che attribuiamo ai Valori. Questa la morale dell'elegia: morale indolore, sorda alle domande, puramente teorica. Morale delle classi politiche europee di fronte a quel che sta succedendo in Bosnia, e a quel che può succedere - nell'Islam - a causa della Bosnia. Eppure non è del tutto imprevedibile, quel che può accadere. I radicali musulmani avranno la voce più grossa e offensiva, mentre i moderati - ansiosi di secolarizzare l'Islam, di tener separate politica e religione, leggi terrene e leggi divine - saranno a corto di argomenti, non potranno che resistere flebilmente alla pressione dei vocianti. Due dirigenti moderati dell'area islamica - il presidente bosniaco Izetbegovic, il presidente turco Ozal - lo ripetono da mesi, senza successo: fate qualcosa per fermare il genocidio in Bosnia, perché anche in casa nostra, e anche in casa vostra, rischiano di prevalere i radicali: i gruppi musulmani che hanno giurato morte a Israele e morte all'Occidente corrotto; i gruppi Hamas che vogliono soffocare i negoziati di Rabin sulla Palestina; i gruppi islamici che promettono di non piegarsi mai nelle terre infedeli che li ospita- no, di non imparare mai l'arte naturale per l'ebreo, affatto nuova e innaturale per il musulmano - di divenire, e restare, religione di minoranza. Ma Ozal e Izetbegovic faticano a accedere alle cancellerie, non dico allo stesso modo in cui fatica Rushdie ma quasi. Ozal ha dovuto attendere giorni prima di essere ricevuto dall'amministrazione Clinton. Izetbegovic è venuto a Parigi invitato da uno scrittore, Bernard-Henri Lévy, e dalla sua rivista letteraria. Le Cancellerie occidentali sono irritate perché Izetbegovic ha chiesto aiuti e armi alla Conferenza della Organizzazione Islamica, e sono preoccupate dalla presenza in Bosnia di volontari dell'Iran integralista. Ma Izetbegovic si è rivolto in extremis alle organizzazioni islamiche, dopo aver bussato inutilmente a tutte le porte dell'Ovest. Anche lui ha diritto di proteggere - con mente fredda l'incolumità fisica della propria nazione. Questa concezione di un diritto che rinuncia sistematicamente alla forza, di una morale del tutto priva di effetti pratici, sta divenendo la seconda natura - la più vera - delle classi politiche europee. Sta diventando anche la loro più grande debolezza. La questione islamica non cesserà infatti con la cessazione della guerra in ex Jugoslavia. Ormai l'abbiamo stabilniente di fronte, per il semplice fatto che l'Islam quasi ovunque è la seconda religione dei nostri Paesi. Con questa religione occorrerà stipulare concordati, norme di convivenza, di reciproco rispetto. Il compito non è semplice in nessun Paese d'Europa, neanche in Italia dove con ritardo si comincia a discutere un progetto di concordato. Ed è inutile dirsi, a mo' di consolazione, che la comunità islamica è in fondo come l'ebraica (o perfino la protestante): che basta rispettare la loro religione, basta imporre il rispetto delle nostre leggi, basta difendere gli spazi secolarizzati - la scuola pubblica in prima linea - dove gli individui entrano nella loro qualità di cittadini, non di membri d'ima Chiesa o d'una etnia. E' inutile dirsi tutto questo perché gli ebrei hanno un'abitudine millenaria a esser minoranze: ne hanno l'abito mentale, ne sanno i vantaggi oltreché i pericoli, e il problema dell'ebraismo è semmai di apprendere a essere religione maggioritaria, laddove dispongono oggi d'una loro terra: ne è la riprova la difficoltà d'esistere dello Stato israeliano. Mentre per l'Islam vale piuttosto l'inverso: il musulmano ha un'abitudine millenaria a esser maggioritario, ha una religione che pur non essendo separata dalla politica somiglia piuttosto alla cristiana, che fa proseliti e ha ambizioni universali. Il musulmano non ha nel sangue l'esperienza ebraica dell'assimilazione, e nella storia, quando è stato ridotto a minoranza, o è fuggito o è stato incatenato o è stato espulso in massa. Per motivi diametral¬ mente opposti, ebrei e musulmani faticano a vivere fuori delle strutture imperiali larghe, non coercitive - l'asburgica, l'ottomana - che hanno saltato la tappa, ardua in modo diverso per entrambe le religioni, dello StatoNazione. Inoltre l'Islam non ha istituzioni sacerdotali stabili che rappresentino le comunità immigrate, che divengano interlocutrici degli Stati ospitanti, e siano separate dagli Stati islamici cui fanno capo. Tranne alcune eccezioni (in Francia esiste da qualche anno ima sorta di concistorio musulmano) le «comunità» che negoziano concordati sono solo in apparenza comunità religiose locali. In realtà, sono telecomandate da organizzazioni o Stati esterni - in genere dai più integralisti - e ne eseguono le politiche. Tanto più pericoloso diventa, di fronte a simili complicazioni, il virus angelico che affligge le classi politiche d'Occidente. Ai musulmani, le nostre élite dicono spesso: questi sono i «valori» che dovete rispettare, che fanno la nostra civilizzazione. E li enumerano, evocando la tolleranza, la bontà, l'ospitalità, l'apertura, la libertà di parola. Strada facendo tuttavia dimenticano di ricordare che i «valori» hanno una storia che li fonda, che son figli delle guerre di religione, che son nati non da una scoperta subitanea del bene ma dal bisogno di limitare le libertà assolute, di frenare la bestemmia generalizzata. Dimenticano che la nostra civilizzazione è fatta anche di divieti, di un Decalogo composto essenzialmente di: «Tu non farai». Senza il Decalogo, i valori ondeggiano nell'etere: irrefrenabili, e perituri. Se ne scordano facilmente, gli occidentali, perché i valori sono più facili delle leggi, del Decalogo. I valori essenzialmente permettono, le leggi essenzialmente vietano. I valori sono in principio illimitati, le leggi debbono praticamente fissare limiti. Se alzi la sola bandiera dei valori, c'è il rischio di non distinguere più alcunché; di omettere di dire sì all'amico, di dire no al nemico che minaccia. Cominci col dire sì a tutti, e finisci col dire sì al più forte: all'ultimo tirannello che promette di rimettere un po' di ordine. Se non dai forza al diritto, trasformi il diritto in lettera morta, e smetti tu stesso di credere nelle capacità, negli abiti della tua civiltà. Ti denudi, come si denudano per la pubblicità i politici italiani. Il nudo è virginale, strappato a ogni sorta di nascondiglio, esposto a tutti i colpi. Non ha nulla più da dare, nessu.ia veste più da spartire. Può solo prendere, arraffare per sé. O mettersi in riga - estrema umiliazione del nudo di fronte alle camere a gas. I musulmani ci osservano, spesso lo si dimentica. Nella sua Carta costitutiva, il gruppo Hamas che Israele ha cercato assai maldestramente di debellare ha iscritto, come compito principale, quello di «studiare a fondo» per meglio combatterlo - l'Occidente nemico e sionista: di «studiare seriamente le sue capacità umane e sociali, i suoi punti di debolezza e di forza; e ogni novità, ogni evento, ogni moda che fa apparizione» nelle terre non musulmane. Maldestra è l'autodifesa dello Stato d'Israele, che ha esiliato i nemici osservati sui gelidi monti libanesi. Maldestra e miope, nell'era delle televisioni e delle immagini subito diffuse nel mondo. Ma le autodifese degli altri occidentali dove sono? E può ancora autodifendersi, può studiare seriamente l'eventuale avversario chi parla - nudo - da alti pulpiti? Non c'è da stupirsi che i musulmani radicali ci osservino sempre più interessati, più incuriositi. E che le loro donne, in un empito di pudore, si coprano il volto col velo. Barbara Spinelli Opponiamo soltanto la nostra morale sorda e indolore SICHE «I versi satanici» in vetrina: 4 anni fa il libro è stato un successo editoriale