«Non mi rivolgerò a Clinton» di Mario Bosonetto

Dopo l'istanza di riabilitazione presentata dai parenti di Sacco Dopo l'istanza di riabilitazione presentata dai parenti di Sacco «Non mi rivolgerò a Clinton» La sorella di Vanzetti: basta appelli UNA VITA SPESA PER UNA CAUSA CUNEO ON voglio più parlare della storia di mio fratello. Mi fa troppo male. Chi lo vuole riabilitare faccia pure; ma ormai è tardi. Per tanti anni mi sono dovuta battere da sola per Bartolomeo e anche per Nicola. E i Sacco non mi hanno mai dato una mano. Anzi, non si sono mai fatti vivi. Solo una volta un nipote, che faceva il musicista in America: ma si è fermato solo un giorno a Cuneo e poi non l'ho più sentito. Non capisco perché, proprio adesso, hanno preso coraggio». Vincenzina Vanzetti, sorella di Bartolomeo, 90 anni compiuti domenica, abita in un alloggio del centro di Cuneo. E' amareggiata, infastidita: non sapeva nulla della nuova richiesta avanzata dai parenti di Nicola Sacco al presidente degli Stati Uniti Bill Clinton per la riabilitazione, anche da parte delle autorità federali e del Congresso Usa, dei due anarchici italiani mandati a morte mediante sedia elettrica la notte del 22 agosto 1927. Smentisce di aver mai sottoscritto un documento in tempi recenti. Dice, anzi, che nessuno si è neppure preoccupato di avvertirla. Era già tardi nel 1977, quando il governatore del Massachusetts Dukakis finalmente fece un po' di giustizia e decise di indire per il 23 agosto il giorno alla memoria di Vanzetti e Sacco. «Ma intanto la nostra vita si era consumata, prima per cercare di ottenere la grazia, poi nel dolore». Vincenzina è l'unica superstite dei quattro fratelli Vanzetti, la penultima, dopo Bartolomeo, Luigia e prima di Ettore, il minore, morto pochi anni fa. La famiglia è originaria di Villafalletto, piccolo comune di pianura, tra Cuneo e Saluzzo. Il padre di Bartolomeo, Giovanni Battista Vanzetti, aveva una rivendita di vini e liquori nella via centrale del paese, in faccia alla chiesa. Nell'alloggio al primo piano abitava la famiglia: ora sulla facciata una lapide dell'amministrazione comu- naie ricorda il martirio patito dai due anarchici. La madre, Giovanna, morì giovanissima, quanto Vincenzina e Ettore avevano pochi anni. E a Luigia toccò di fare la mamma ai tre fratelli e mandare-avanti la casa. «Luigia - ricorda Vincenzina - teneva la corrispondenza con "Trumlin" quando era in carcere (le lettere ora sono conservate all'Istituto storico della Resistenza di Cuneo, ndr). E quanta gente ci scriveva e veniva a trovarci da tutto il mondo, per cercare di salvarli. Luigia andò in America quando uccisero "Trumlin" sulla sedia elettrica. Arrivò una settimana prima, con la moglie di Sacco, per tentare fino all'ultimo di ottenere la grazia. Ma tornarono con le ceneri, mischiate in una sola urna». Così le spoglie dei due anarchici italiani furono divise a metà: una parte fu messa nel loculo nel cimitero di Villafalletto, l'altra in quello di Torremaggiore, paese natale di Nicola Sacco. «Io e mia sorella non ci siamo mai sposate anche per quello che accadde a nostro fratello dice Vincenzina -. E' un lutto che ha segnato tutta la nostra vita. E sono convinta che mio padre e Luigia siano morti di crepacuore». Negli Anni Trenta Vincenzi na si impiegò al Comune di Villafalletto: e non lasciò cadere la battaglia per la riabilitazione. Per cinquantanni è stata punto di riferimento di quanti - storici, giornalisti, studiosi, anarchici - si occuparono della vi¬ cenda giudiziaria e umana di Sacco e Vanzetti. Incontrò più volte Pietro Nenni, presidente del Comitato nazionale italiano per la riabilitazione dei due anarchici e altri sostenitori della sua causa, come Terracini e Bevilacqua, che furono tra i principali artefici della riabilitazione. Nell'agosto del '77 Vincenzina andò negli Stati Uniti con alcuni parenti, quando Dukakis proclamò solennemente l'innocenza del fratello. «Siamo rimasti laggiù una settimana. Abbiamo incontrato tante persone che avevano conosciuto "Trumlin". Ci raccontavano di quanto era buono, che erano sicuri che fosse innocente. Abbiamo visto la casa dove abitava e la scuola dove alla sera insegnava a leggere e scrivere a tanti immigrati italiani come lui. «Quando ho avuto la notizia della riabilitazione, tanti anni fa ho pianto tanto per la commozione. Ho pensato a quanto sarebbe stata contenta Luigia, che però non c'era più. Poi ho preferito non occuparmene più. A chi mi viene a chiedere informazioni e documenti dico sempre di andare all'Istituto storico della Resistenza: loro hanno tutto, sono informati». Vincenzina Vanzetti non esce più di casa: nell'alloggio al piano sottostante abita una cugina, che l'assiste in tutte le necessità domestiche, dalla spesa, alle faccende di casa, alla cucina dei pasti. Trascorre le giornate leggendo e guardando la televisione, «perché tante volte fa dimenticare i pensieri tristi». Da anni non passa davanti alla pasticceria del centro storico di Cuneo dove Bartolomeo, adolescente, lavorò come garzone, prima di emigrare negli Stati Uniti, diciannovenne, subito dopo la morte della madre, nel 1908. «Aveva tanta volontà - ricorda Vincenzina - era molto studioso e intelligente. Sarebbe stato bello da ragazza avere un fratello maggiore come lui». Mario Bosonetto Nel 77 i due anarchici vennero dichiarati innocenti da Dukakis Ora tocca a Washington Vincenzina Vanzetti ha 90 anni: «Mi sono sempre battuta da sola». A lato, Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco, giustiziati in America la notte del 22 agosto 1927