Scandalo Enimont interrogato Cagliari di Francesco Grignetti

Al Presidente dell'Eni accusa di peculato per aver gonfiato la cifra da versare a Gardini Al Presidente dell'Eni accusa di peculato per aver gonfiato la cifra da versare a Gardini Scandalo Enimont, interrogato Cagliari I giudici chiedono: dove sono finiti i mille miliardi? ROMA. La bufera giudiziaria, dopo l'Ili, scuote anche l'Eni. Ed era un Giuliano Amato tra l'ironico e il preoccupato, quello che ieri, arrivando a un convegno ad Arezzo, chiedeva: «Qual è il bollettino di oggi? E' vero che c'è un avviso di garanzia per Cagliari?». Sì, è vero. Il presidente dell'Eni, Gabriele Cagliari, socialista di salda fede craxiana, è stato raggiunto ieri mattina da un avviso di garanzia. I giudici romani che indagano sullo scandalo Enimont lo sospettano di avere falsato l'acquisto della chimica nazionale. Due i reati ipotizzati: peculato per appropriazione e false comunicazioni sociali. Il presidente dell'Eni - sospettano i giudici - avrebbe nascosto il reale valore delle azioni dell'Enimont, gonfiando le cifre, al punto che lo Stato avrebbe pagato mille miliardi di troppo la quota che apparteneva alla famiglia Ferruzzi. In soli due giorni, i massimi vertici di Iri e Eni finiscono così nel gran calderone di Tangentopoli. Per Franco Nobili, presidente dell'Ili, i guai finora si chiamano «stadio Olimpico». Per Gabriele Cagliari, è l'Enimont. I giudici hanno cominciato a muoversi, insomma, in questo universo dove affari e politica vanno a braccetto. E dove i miliardi vengono mossi come bruscolini. II caso Enimont non fa eccezione. L'idea era di unificare gli stabilimenti Eni e quelli Montedison, per fare grande la chimica nazionale e competere con le multinazionali straniere. Nasceva così l'Enimont, nel 1988, con la benedizione di De Mita e De Michelis: un colosso con 50 mila dipendenti, 16 mila miliardi di fatturato, grandi ambizioni. Enimont si trascinava anche un mare di debiti, però, e perdite colossali. Una fornace alimentata da soldi pubblici: cento miliardi persi ogni mese, milleduecento l'anno. Da capogiro, naturalmente, è anche l'assegno - 2805 miliardi - che lo Stato, nella persona di Andreotti e Martelli, intestò a Raul Gardini quando la storia finì e quello decise di vendere la sua parte. Ed è proprio su questo passaggio che i giudici vogliono fare luce. I magistrati hanno avuto l'imbeccata dal patriarca socialista Giacomo Mancini che ritiene che siano volate maxitangenti. Hanno raccolto poi una serie di testimonianze eccellenti, Raul Gardini e Lorenzo Necci in testa. Quando finalmente è toccato a Cagliari, per lui le cose si sono messe subito male. I giudici neppure lo hanno fatto cominciare e subito gli hanno notificato un avviso di garanzia. Cagliari ha dunque passato un paio di ore nello studio del procuratore aggiunto Ettore Torri, assieme al suo legale Francesco Vassalli, a discolparsi. Quando ne è uscito, comunque, ostentava sicurezza. «Oggi - ha detto ai giornalisti che lo aspettavano fuori della porta - il colloquio è stato breve. Ma tornerò presto, accompagnato dai miei legali». Tornerà, ha promesso, con una memoria difensiva che metterà ordine in questa selva di cifre. Il colloquio, però, deve essere stato di ben altro calore. Secondo indiscrezioni (che in serata il suo avvocato smentirà) Cagliari avrebbe ammesso che in effetti il prezzo pagato dall'Eni oggi sembra esorbitante. Che la valutazione delle azioni, forse, era eccessiva. Ma nessun dolo, per carità. Tutt'al più c'è stato un errore di valutazione tecnica. Eppure ci sono state cinque perizie di banche e economisti indipendenti. Si è difeso, il manager, buttandola in politica: se noi dell'Eni avessimo proposto - ha sostenuto - un prezzo molto più basso, e Gardini avesse accettato di comprare lui, tutti avrebbero gridato allo scandalo opposto. Ci avrebbero accusati di avere svenduto la chimica nazionale a un privato. E poi - ha concluso - noi abbiamo fatto quello che ci hanno detto di fare. Il ministro delle Partecipazioni statali di allora, il compianto Franco Piga, ci diede queste indicazioni. E il Cipi (Comitato interministeriale per la programmazione industrale) decise di sconvolgere il contratto iniziale, dando a noi lo scomodissimo compito di fissare il prezzo e alla Montedison la posizione molto più facile di scegliere come comportarsi. Ma il presidente Cagliari, nella sua appassionata autodifesa, in fondo ha detto cose che i giudici già sapevano. Due giorni fa, è stato interrogato Sergio Castellari, ex direttore generale del ministero, braccio destro di Piga. Altri due alti funzionari del ministero sono indagati. E c'è il sostituto Orazio Savia, che per indagare sul ministero delle Partecipazioni statali ha abbandonato l'inchiesta Anas. Francesco Grignetti Giuliano Amato chiede: «Qual è il bollettino di oggi? E' vero che c'è l'avviso di garanzia per Gabriele?» Il presidente dell'Eni Gabriele Cagliari ha ricevuto un avviso di garanzia

Luoghi citati: Arezzo, Cagliari, Roma