Tangentopoli ora perché è morto il comunismo di Marina Cassi

Tangentopoli ora perché è morto il comunismo Riflessione di Giovanni Sartori alla presentazione del suo libro «Democrazia. Cosa è» Tangentopoli ora perché è morto il comunismo Lo studioso favorevole a una riforma elettorale con il doppio turno Un dibattito serrato, a tratti pervaso dall'ansia per quanto sta accadendo in Italia, ma anche notevolmente proiettato verso un nuovo futuro del Paese. La presentazione del libro di Giovanni Sartori («Democrazia. Cosa è», editore Rizzoli), ieri pomeriggio alla Fondazione Rosselli, è stata l'occasione per discutere di Welfare State, di diritti sociali, ma anche per una breve ricognizione sulla legge elettorale, sulle possibili evoluzioni della democrazia italiana. Una platea attenta (tra cui Gianni Agnelli e Cesare Romiti) ha seguito il dibattito condotto da Ezio Mauro, direttore de «La Stampa;/. Mauro ha ricordato i nodi della polemica sviluppatasi nelle scorse settimane tra Sartori e Norberto Bobbio sul problema dei diritti sociali. Per Sartori quelli citati dal filosofo (diritto all'istruzione, alla salute, al lavoro) non sono assimilabili ai diritti civili (di parola, ri pensiero, di movimento) perché costano e devono fare i conti con i bilanci dello Stato. Inoltre questi diritti rischierebbero di creare una sorta di cittadino «bambino viziato» che si aspetta tutto e sa solo protestare. Per Bobbio non è possibile rinunciare ai diritti sociali perché non è possibile rassegnarsi alla disuguaglianza. Giovanni Sartori ha ribadito le sue posizioni, ma ha assicurato che con Bobbio (con il qual? si è in- trattenuto nel pomeriggio a discutere su questo tema) è ormai pace fatta. Sollecitato dal professor Sergio Ricossa e da domande della platea, Sartori ha quindi affrontato un tema profondamente sentito, quello della cosiddetta crisi dei partiti in conseguenza delle inchieste giudiziarie. Lo studioso ha riflettuto sul perché le inchieste sono arrivate adesso e non anni fa quando tutti sapevano che al¬ cune forze politiche si finanziavano in modo illecito. La risposta sta, secondo Sartori, nella «morte del nemico», in quella crisi del comunismo che ha dato la sensazione che il sistema si «potesse permettere» anche le inchieste giudiziarie sulla corruzione. Ragionare sulla fine della prima Repubblica implica necessariamente un'analisi di uno degli strumenti che possono concorrere al cambiamento delle regole del gioco: la riforma elettorale. Sartori si è detto furibondo perché rischia di passare una soluzione che non soddisfa realmente l'esigenza di far prevalere i «volti nuovi» della politica. Sartori auspica che a questo punto del dibattito tra le forze politiche si faccia comunque il referendum per il Senato e si approvi un sistema a doppio turno per la Camera. , Marina Cassi Lo studioso Giovanni Sartori ha presentato alla Fondazione Rosselli il suo ultimo libro intitolato «Democrazia. Cosa è»

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