Quel diario d'amore e di sangue di Alessandra Levantesi
Quel diario d'amore e di sangue «Trilogia» di Marta Mészàros: intenso ritratto di una donna e di un'epoca Quel diario d'amore e di sangue Tra l'Ungheria e l'Urss, come in un romanzo SI chiama «Trilogia» e come «La seconda Heimat» di Edgar Reitz, potrebbe avere per sottotitolo «Cronaca di una giovinezza», trascorsa tra Ungheria e Urss nei travagliatissimi anni che vanno dal '47 al '58, cioè dalla sovietizzazione magiara alla morte di Stalin (marzo '53), alla rivolta del '56 e alla brutale repressione che ne seguì. Non è facile parlare dei «Diari» di Marta Mészàros, «Per i miei figli», «Per i miei amori», «Per mio padre e mia madre», che per iniziativa davvero benemerita dell'Istituto Luce vengono programmati in questi giorni con cadenza settimanale in alcune città italiane. Intanto perché, pur essendo stati realizzati in momenti diversi dello scorso decennio, costituiscono un unico film di circa sette ore che ha il respiro di un romanzo classico. In secondo luogo perché la trilogia racconta in chiave semiautobiografica il difficile mestiere di vivere quando i tempi sono bui. E fa capire, fra amarezza e vitalismo, che si può sopravvivere a tutto o quasi. Emigrata bambina in Urss con i genitori sfuggiti al regime fascista di Horthy, la protagonista Juli, come la Mészàros, ha visto portar via suo padre scultore all'epoca dei processi staliniani e sua madre morire di malattia e dolore. Finita la guerra e tornata a Budapest, l'adolescente viene adottata dalla prozia Magda, una comunista convinta che sta facendo una rapida carriera nelle file del partito, ma sente il peso della solitudine. Juli potrebbe condurre un'esistenza tranquilla di studentessa educata nelle scuole più esclusive e invece si mostra scorbutica, mal sopportando il silenzio colpe¬ volizzante che circonda la sorte di suo padre. Il cui ricordo coltiva dolce e vivo nella memoria fino a sovrapporrle l'immagine a quella reale di Janos (impersonato dallo stesso attore, il polacco Jan Nowicki, marito della regista), un tipo che le piace soprattutto perché non teme di ribellarsi ai nuovi repressori. Con una scelta che pagherà con la morte. Il fascino di questo film ascutto e severo è nella sua capacità di introdurci nel cuore di una realtà dominata dalle contraddizioni, attraverso lo sguardo a volte partecipe, a volte impietoso della protagonista, che si sente un po' russa e un po' ungherese. Con gli strumenti dell'introspezione poetica e di un linguaggio narrativo alto e maturo, la Mészàros ha riletto la propria vicenda alla luce dei disagi di una generazione particolarmente vulnerata. E, mescolando con estrema abilità inediti materiali di repertorio a immagini di finzione quando si tratta di raccontare i grandi eventi come i funerali di Stalin e i carri armati sovietici a Budapest, i suoi diari hanno un indubbio valore di testimonianza. Ciò non toglie che i personaggi dell'indimenticabile affresco (tutti interpretati da attori straordinari), fragili o combattivi,, intransigenti o comprensivi, vittime o arroganti, hanno un'ambigua umanità che ce li rende simili e vicini al di là delle ragioni della Storia. Alessandra Levantesi TRILOGIA di Marta Mészàros con Zsuzsa Czinkoczi Anna Polony Jan Nowicki Prod. ungherese 1982-1987,1990 Drammatico Chat-Ile Chaplln 2 g Torino Vip di Milano; Greanwich di Roma
Persone citate: Edgar Reitz, Horthy, Janos, Stalin
Luoghi citati: Budapest, Milano, Roma, Torino, Ungheria, Urss
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